Ricordare Lou Reed, ascoltando il suo disco migliore
La prima cosa che uno fa quando sente di un personaggio morto, per verificarne la veridicità, è controllare, eventualmente con la speranza di non trovarcela, la data di morte aggiornata su Wikipedia. Quando è arrivata la voce della morte di Lou Reed, istintivamente, le tre lettere del suo nome le ho digitate, sì, ma per cercare Transformer, dare un'occhiata alla copertina, e convincersi che sia il caso di ascoltarlo tutto, senza sosta, vedere cosa possa regalarmi durante la scrittura di questo pezzo. Personalismi a parte, con questa introduzione mi sono già giocato "Vicious" e parte della seconda traccia. Il tutto per commemorare un personaggio che è incastonato in buona parte degli anfratti estetici, culturali ed emotivi delle ultime generazioni.
Solo l'ascolto può aiutare a circoscrivere in una definizione singola la caratura del cantante con la voce più asettica ma caratteristica che la musica abbia annoverato nell'era recente. Nel frattempo Hangin' Round si avvia al giro di boa. A 71 anni Lou Reed era diventato schivo, più schivo di quanto già lo fosse in un'intervista che Isabella Rossellini provò a fargli (ci provò solamente, perché l'accoglienza e pure il resto non potevano certo essere rubricate nel novero di ciò che è ospitalità) molti anni fa. Quello che so, quando "Walk On The Wild Side" ha già detto due volte asshole, è che Lou Reed si è fondamentalmente rifiutato di asservirsi all'atto dell'auto celebrazione, prassi per quelli che una volta erano ribelli, che non lo sono stati più per motivi chiaramente anagrafici, e che si guardano l'ombelico cercando la parte residuale di quella ribellione perduta. Una virtù che si fa fatica a riconoscere quando c'è, ma di cui se ne piange l'assenza. Insomma un personaggio che ha ceduto consapevolmente all'avanzare di quelle convenzioni che non aveva più forza di contrastare.
"Satellite Of Love" suona in questo momento e non può che generare uno strano moto di commozione. O forse, più che commozione, la consapevolezza di non aver ascoltato abbastanza. Perché è di questo che si tratta, di ascolto, non di comprensione. Secondo me Lou Reed, durante la sua carriera, ha anche rigettato l'idea di essere compreso. Ha vissuto con e per la musica: questo il suo scopo, la sua linfa vitale, per quanto solipsistica. L'intento primordiale di questo scritto era ricordarsene e ricordarlo durante l'ascolto di un intero disco. Reed disse una volta "La gente muore per un sacco di altri motivi e allora perché non per la musica?". Una frase illuminante, vista la circostanza. Sarà morto per la musica, è più che probabile, ascoltarla sarà di certo la via migliore per ricordarsene.
E allora le ultime tracce di"Transformer" le sentirò da solo, cosa che consiglio vivamente a chiunque, leggendo queste poche parole, abbia concluso che di parole per descrivere Lou Reed non ne servivano poi molte. Basterebbe cominciare da un ascolto di Perfect Day.