Rancore racconta il suo Xenoverso: “Non è solo un disco, ma è un romanzo mondo”
Uscire fuori dalla definizione di disco potrebbe esser servito a Rancore per raccontare meglio la sua timeline artistica, un viaggio che sembra aver trovato una sua linea identificativa con l'uscita di "Xenoverso". Il suo ultimo progetto raccoglie i simboli sparsi in ordine da Tarek Urcich, il vero nome dell'artista romano, e sembra regalargli una nuova dimensione, in cui il viaggio nel tempo e nello spazio definisce anche lo Xenoverso descritto dal cantante. I legami con le parole incominciano a confluire nella descrizione di un nuovo Mondo, fantastico ma quanto mai specchio di una realtà decifrabile come quella contemporanea, in cui anche brani scritti più di quattro anni fa, raccontano l'alienazione dell'uomo all'interno della società. Da "Macchina del tempo" con Big Fish del 2015, i segnali per questa nuova realtà, a cui Rancore cerca di trovare delle connessioni umane, sono confluiti in "Xenoverso", che non è più solo un disco, ma diventa qualcosa di più grande: "Nel momento in cui ho trovato la parola, ho trovato una chiave per leggere questa realtà. Da lì è stata quasi una responsabilità, un dovere, portare queste lettere da quel mondo al nostro. È stata questa la sensazione che ha fatto nascere tutto. Mi accorgo che lì dentro posso scavare a fondo e ogni volta riesco a tirar fuori dalla fantasia, qualcosa di reale ma che mi permette ancora di sognare. Nello Xenoverso esistono animali, piante, leggi, è un romanzo mondo".
È il 2015, esce "La macchina del tempo" con la produzione di Big Fish. Potrebbe essere un tassello su cui si poggiano le basi di un racconto nel tempo e nello spazio come è stato "Xenoverso"?
Quando scrissi "La macchina del tempo" mi accorsi che questo viaggio nel tempo con le parole poteva risultare interessante. Un po’ inconsciamente sapevo che sarebbe potuto diventare un disco, e così poi è stato. "Xenoverso" è un viaggio nel tempo, al di fuori di ogni spazio, quindi un processo più ampio: posso dire che però “La macchina del tempo” ha segnato la strada.
Cosa rappresenta la figura dell’eroe in "Sangue di Drago", che appartiene a "Xenoverso" più di quanto appartenga a "Musica per Bambini", e quanto quello specchio di realtà descrive alcune dinamiche sociali?
"Sangue di Drago" racconta di come le apparenze ingannino, di come il ruolo del cattivo e del buono venga spesso invertito. Una mossa per far sì che il potere acquisti ancora più potere. Secondo me in "Sangue di Drago" ci sono così tante chiavi di lettura, che pure essendo uscita quattro anni fa, riesce a essere una canzone che parla del presente.
Un brano che affonda le sue radici in un tempo che non è definito.
“Sangue di Drago” è presente in questo disco, anche perché nella tracklist manca proprio un brano. Sembra che il brano stia viaggiando tra il mio ultimo disco e quelli precedenti, creando un videogame che coinvolge tutta la mia musica. Questo brano rappresenta la metafora del potere, e fino a che ci saranno queste dinamiche, farà parte della mia narrazione.
C’è un concetto, quello dei limiti delle parole e degli spazi, e poi delle dimensioni, che è evidente in questo disco. Sembra che tu abbia voluto fare un esercizio inverso, cercando di liberarti dai dettami autoimposti: com’è stato comporre Xenoverso con questa identità?
Banalmente, sono impazzito. Andare fuori da questi sistemi, necessari nella nostra quotidianità, è un lavoro pericoloso. Guardare da lontano il progetto, significa anche osservarlo come un gioco pericoloso che ho fatto con la mia mente. Vivere nell’universo, ma voler descrivere uno "Xenoverso", ovvero voler entrare con la tua anima in altre dimensioni, porta sicuramente a rivalutare tutto il mondo. Questo ti permette di scoprire delle cose bellissime che non avevi notato fino a qualche minuto prima, altre volte scopri delle cose che non conoscevi, e molto probabilmente non avresti voluto neanche conoscere.
Qual è la prima immagine che ti viene in mente quando pensi alla nascita di questo progetto?
La ricerca della parola “Xenoverso”. Non è solo il titolo dell’album, ma è tutto ciò che c’è attorno, come anche la cosmologia. Ricercando ogni volta, mi sono accorto che lo Xenoverso è ciò che ho sempre voluto descrivere nella mia musica, ho sempre cercato di capire ciò che c’era dietro la realtà, entrando in altri universi. Non avevo mai trovato una definizione a tutto questo.
Una definizione liquida, in cerca di una lettura.
Nel momento in cui ho trovato la parola, ho trovato una chiave per leggere questa realtà. Da lì è stata quasi una responsabilità, un dovere, portare queste lettere da quel mondo al nostro. È stata questa la sensazione che ha fatto nascere tutto. Mi accorgo che lì dentro posso scavare a fondo e ogni volta riesco a tirar fuori dalla fantasia, qualcosa di reale ma che mi permette ancora di sognare. Nello Xenoverso esistono animali, piante, leggi, è un romanzo mondo. Tutta la spinta nasce dall’esigenza di raccontare.
Cosa rappresenta la navicella 507 nel racconto e quali legami ha con il tuo viaggio?
Per ogni messaggero esiste un mezzo: 507 è uno di quei soggetti che riesce a spiegare bene questo mondo, infatti è lei principalmente a dare tutte le informazioni, senza che io debba farlo. È vero che è una nave che vola, ma l’albero della nave può essere coltivato. E in futuro racconterò metodi di coltivazioni di questo albero. C’è chi l’ha immaginata solo come barca, ma è anche un vaso. Rappresenta la fantasia e l’elemento narrativo dietro la costruzione di questo mondo.
Riferendomi a "Lontano 2036", in che modo l’annullamento dell’essere umano dato dalla pandemia ha influenzato anche il tuo modo di interagire nel racconto?
"Lontano 2036" è stata scritta parecchi anni fa, per questo mi sono accorto che Xenoverso è stato quasi un diario di bordo, utilizzato per anni. Dentro la copia fisica di “Musica per bambini” ho messo degli elementi che già parlavano di questo "Xenoverso", quindi chi confronta le due copie, si accorgerà della cosa. 2036 ha assunto quest’aura premonitrice e l’ho fatta uscire oggi, anche perché più tardi di adesso sarebbe stato complicato. È stato molto emozionante poi registrare quelle parole, perché poi ti accorgi che gli eventi che il mondo ha vissuto momenti molto importanti e la canzone sembra proprio descriverli.
Come si unisce invece la metafora del viaggio, del 10 agosto di Pascoli e della figura paterna, in un racconto come "X Agosto 2048"?
L’idea del brano è quella di raccontare un futuro, neanche troppo distopico, in cui questa grande guerra ha creato delle scorie nell’orbita terrestre, con angeli netturbini che cercano di raccoglierle. Queste scorie, che cadono sulla terra, restituiscono la stessa immagine delle stelle cadenti. Il racconto ruota attorno alla figura di questo padre e quello di Pascoli, a cui si aggiunge il parallelismo tra le scorie e la notte di San Lorenzo. Il passato spiega il futuro e viceversa: in tutto il disco c’è questa metafora. Il padre e il figlio nel disco sembrano quasi la stessa persona, e questo rende "Xenoverso" qualcosa più di un disco.
Un altro elemento di contrasto nel disco è l'importanza delle parole nella costruzione della tua musica, riportate su un piano alternativo dallo skit di Carmelo Bene presente in "Ignoranze funebri", in cui viene ridimensionata la rilevanza delle parole.
La vita ci dimostra che prendere le cose troppo seriamente è sbagliato, quindi in un disco di parole così levigate, qualcuno lo doveva pur dire che sono pur sempre soltanto parole. La voce di Carmelo Bene credo sia quella migliore.
Nel 2022, Rancore racconta per la prima volta in musica il concetto di felicità in "Questa cosa che io ho scritto mi piace".
Credo che questo brano rappresenti la sfida più difficile del mondo, per uno che si chiama Rancore e per come sta andando il mondo. Ho scelto il tema più difficile, che è anche il più semplice: la felicità. Il tema è così semplice da non riuscire a descriverlo, anche perché è un attimo. È un lasciarsi andare, togliersi il costume che ognuno indossa. Per me è stato così difficile, che in “Xenoverso”, quel brano rappresenta un altro xenoverso. In un disco così sono riuscito a parlare di temi che non avevo mai toccato, ma ho lavorato anche con suoni che non avevo mai affrontato.
Dove ci porterà Xenoverso allora?
Questo racconto ci porterà alla conoscenza maggiore di questo mondo, di cui ho mostrato solo la punta dell’iceberg: ovvero la musica. Ma sotto c’è molto altro, e sarebbe bello che questa narrazione diventasse sempre più ampia. È un disco, ma non è solo un disco.
Anche un libro?
È un pensiero, si può trasformare in qualsiasi cosa ti viene in mente. Prima di tutto si trasformerà in un live e la mia concentrazione è tutta lì. Il live è una cosa che mi è mancata e per questo disco sento la necessità di portare sul palco non solo i brani, ma tutta la narrazione.