Perché Conte avrebbe potuto evitare di dire: “I nostri artisti che ci fanno tanto divertire”
"I nostri artisti che ci fanno tanto divertire" ha detto il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte presentando il Decreto Rilancio, ovvero una serie di misure atte a far riprendere l'economia italiana dilaniata dall'epidemia di Covid-19. Una frase che ha fatto molto discutere sui social, tra utenti e artisti che hanno ironizzato su quel "fanno divertire". A volte le parole sono importanti e anche la selezione delle parole da usare, soprattutto quando si presentano una serie di misure che danno aria a una serie di lavoratori anche del settore musicale e Culturale. Perché quelle parole hanno tanto scandalizzato, però? Gli artisti non ci fanno divertire? Sì, certo, ma ridurre le uniche parole rivolte agli artisti al pure intrattenimento, al "comico facce ride", non è riduttivo, ma umiliante.
È un po' il discorso che spesso insegue la Moda, vista come una cosa frivola, quando invece è fondamentale se usata per leggere le caratteristiche socio culturali di una società. Allo stesso modo la musica, il cinema, la letteratura, la pittura e tutto il comparto Culturale e artistico vanno letti con una lente più ampia. E il bisogno di riassumere ed essere concisi non può permettere una facilitazione e una banalizzazione così estrema, soprattutto se a dire quelle parole è il Presidente del Consiglio di un Paese come il nostro, che dalla Cultura, e dai suoi beni culturali trae non poco profitto. La Musica, il Cinema, la Letteratura sono sicuramente intrattenimento, ma sono soprattutto "anche" intrattenimento, farlo diventare solo quello è una scelta ben precisa.
Conte avrebbe potuto semplicemente limitarsi a spiegare quali erano gli interventi – pure importanti – per il settore, spiegando gli incentivi per i lavoratori, la questione voucher e biglietti, il Fus, le detrazioni per il settore, ma ha voluto anche dare un po' di colore alla presentazione e per farlo ha scelto le parole più sbagliate. L'idea della Cultura come puro intrattenimento è quello che ha spesso creato un fraintendimento che la Politica ha spesso usate per metterla in secondo piano. Come dimenticare le parole dell'allora Ministro dell'Economia Giulio Tremonti all'allora Ministro dei Beni e delle Attività Culturali Sandro Bondi a proposito dei tagli alla Cultura: "Vorrei informare Bondi che c’è la crisi, non so se gliel’hanno detto: non è che la gente la cultura se la mangi", che fu traslato in un semplicistico "Con la Cultura non si mangia", che non era corretto, ovviamente, ma dava comunque l'idea di un sistema di pensiero. Tra le varie opzioni Conte avrebbe potuto, ad esempio, sottolineare la funzione sociale della Cultura e dell'Arte, la creazione della coscienza critica di un Popolo, o la costruzione dell'identità o scegliere un tranquillo silenzio. Caro Presidente, i tempi sono complessi, la comunicazione pubblica sempre più risicata, gli scontri politici enormi e i problemi economici quasi insormontabili, ma le parole ci definiscono, e definiscono la nostra idea di Società, insomma, la prossima volta faccia più attenzione, se no il messaggio rischia di essere frainteso. Sperando si tratti di un fraintendimento.