17 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Nur Al Habash, Italia Music Export: “Così riportiamo l’Italia sulla mappa della musica mondiale”

Da due anni la Siae ha creato Italia Music Export, un ufficio nato per supportare e promuovere la diffusione della musica italiana all’estero, attraverso il sostegno agli artisti e ai professionisti del settore musicale. Abbiamo chiesto a Nur Al Habash, capo progetto quali sono stati i risultati e in che modo si può far conoscere la nostra musica anche all’estero.
A cura di Francesco Raiola
17 CONDIVISIONI
Immagine

Quanto pesa la musica italiana all'estero? E in che modo si può incrementare la conoscenza presso il pubblico non italiano di quanto avviene nel mondo musicale del nostro Paese? Abbiamo chiesto a Nur Al Habash, ex direttrice di Rockit e attualmente a capo del progetto Italia Music Export, in che modo la Siae sta aiutando i nostri artisti a creare una rete internazionale di pubblico e addetti ai lavori. L'esplosione di Mahmood, grazie al successo di "Soldi" all'Eurovision è la punta dell'iceberg dell'interesse che la nostra musica può ottenere anche fuori dai confini. Il progetto della Siae è partito due anni fa e pochi giorni fa ha stilato il primo report (che potete trovare per intero sul sito dedicato) per dar conto dei risultati ottenuti grazie al supporto economico, formativo e promozionale: "248 autori e musicisti hanno ricevuto supporto economico per tour e showcase festival all’estero, mentre 66 professionisti (editori, discografici e non solo) hanno ricevuto rimborsi spese per i propri viaggi di lavoro fuori confine". Tra gli artisti supportati in questi anni ci sono Vinicio Capossela, Myss Keta, Lo Stato Sociale, Populous, Any Other, Giungla, Francesco Forni e Ilaria Graziano, Han.

Qual è stata la miccia che ha portato Siae a creare una struttura ad hoc per promuovere la musica italiana all’estero?

Per spiegare la genesi di questa iniziativa bisogna partire dallo stesso claim di SIAE, che è “dalla parte di chi crea”: semplicemente, in Italia non esisteva ancora alcun programma ufficiale per l’esportazione della musica, come invece già avveniva in altri paesi stranieri. L’idea quindi è maturata sia per espandere il raggio del supporto fornito ad autori e artisti, sia per riportare l’Italia sulla mappa della musica globale. Per farlo, la promozione non basta: bisogna aumentare il livello di competitività dell’intero sistema affinché i nostri creatori possano lavorare ad “armi pari” con i loro colleghi stranieri.

Cosa fa Italia Music Export, materialmente, per artisti e addetti ai lavori? 

Il lavoro di supporto dell’ufficio SIAE-Italia Music Export si sviluppa su tre piani. Il primo è quello economico: SIAE fornisce rimborsi spese per concerti all’estero e per i viaggi di lavoro degli operatori. Il secondo è quello formativo: a prescindere dalle risorse finanziarie, spesso quello che manca sono le informazioni e le competenze base per poter lavorare fuori dall’Italia. Per questo offriamo consulenza strategica gratuita, corsi e workshop, e una library di tutorial online. Infine c’è la promozione: lavoriamo costantemente per rendere visibile il nostro panorama musicale all’estero, sia tra gli addetti ai lavori che tra il pubblico.

Il problema dei concerti italiani all’estero è che spesso sono per italiani all’estero, appunto. In che modo è importante far sì che arrivi anche a pubblico e addetti ai lavori stranieri?

Direi che è fondamentale. Il tipo di concerti di cui parli sono organizzati già in principio tenendo a mente un target di italiani all’estero. Non c’è nulla di male ed è più che lecito organizzarne, ma sicuramente non è il metodo più efficace per sviluppare in maniera organica un pubblico straniero che segua l’artista italiano. Per farlo, è necessario dargli il giusto tempo: bisogna impostare una strategia a lungo termine, che parta mesi prima dalla promozione discografica per arrivare al momento del live come culmine di un percorso sul territorio target. Senza questa spinta promozionale, è davvero difficile che il pubblico locale arrivi a conoscere e amare un nostro artista.

A parte il lato economico, quali sono le strutture che mettete in campo per favorire questa conoscenza delle realtà italiane e lo scambio?

SIAE attraverso l’Italia Music Export organizza degli showcase di musica italiana presso i maggiori eventi musicali europei e internazionali dedicati agli addetti ai lavori. In questo modo i nostri artisti possono esibirsi direttamente di fronte ai key player dell’industria musicale ottenendo un’esposizione davvero molto interessante, sia in termini di stampa che di contatti business. In concomitanza con questi eventi, lavoriamo anche con uffici stampa stranieri per massimizzare i risultati sui paesi target. Inoltre, siamo in contatto costante con operatori e giornalisti da tutto il mondo, i quali ricevono ogni settimana le ultime novità musicali del nostro paese. Il risultato è una rassegna stampa molto corposa, e in netta crescita rispetto gli anni passati.

Ho visto che ci sono molte realtà indipendenti. Come si accede a queste opportunità?

L’assistenza fornita da SIAE è aperta a tutti i nostri autori, indipendentemente dall’età, dall’esperienza o dal team di lavoro che li segue. Per accedere basta mettersi in contatto con il nostro ufficio, e fissare un appuntamento.

Qual è realmente il portato di questa promozione all’estero? In che termini ne leggete il successo/risultato?

Dopo ogni progetto finanziato, sia esso relativo ad un tour, uno showcase o un viaggio di lavoro all’estero, rimaniamo in contatto con artisti e operatori per tracciarne i progressi. È così che siamo in grado di ricostruire l’avanzamento del lavoro sull’export e l’efficacia di questo supporto. Per fare un esempio semplice: succede non di rado che un artista partecipi ad uno showcase festival, suoni di fronte a dei promoter o agenti stranieri, e questi si impegnino poi ad organizzare un tour nei loro paesi di provenienza. In questo senso, l’investimento di SIAE ha quasi sempre un ritorno importante, sia per gli artisti che per gli operatori che lavorano con loro.

Statisticamente sono tantissimi uomini e poche donne ad averne usufruito. Uno specchio di quella che è anche la realtà discografica italiana o solo un caso?

La percentuale di artiste e professioniste che finora ha beneficiato di un nostro supporto all’export si aggira tra il 20 e il 35%. Ad oggi però non esistono delle statistiche riconosciute che sappiano dare un quadro della partecipazione di genere nell’industria musicale italiana. Quello che sappiamo è che sviluppiamo la comunicazione e i programmi dell’ufficio SIAE-Italia Music Export sulla base di un’adeguata rappresentazione di stili musicali, genere e background culturale per favorire un’ampia diversità tra gli artisti e gli operatori che beneficiano dei servizi offerti da SIAE. L’attenzione all’inclusività e alla diversità in questo senso è prioritaria.

Cosa avete imparato in questi due anni? Cosa è andato bene e cosa, secondo voi, si può migliorare?

Possiamo essere soddisfatti di molti risultati raggiunti, su tutti una maggiore e più diffusa consapevolezza dell’export tra gli artisti e gli addetti ai lavori. Fino a pochi anni fa la scelta di lavorare fuori dall’Italia appariva a molti davvero troppo complessa, e si abbandonava in partenza. Ora invece la presenza di un team specializzato SIAE a supporto di tutti incoraggia ad intraprendere questa strada: si sta sviluppando pian piano un potenziale dell’industria musicale italiana che finora non era stato mai utilizzato a pieno. I margini per un miglioramento ovviamente sono molti, a partire da un’azione di formazione per gli artisti e gli addetti ai lavori ancora più incisiva e allargata.

Quali sono le zone del mondo in cui si può incentivare la promozione della nostra musica? O, comunque, in cui avete notato più curiosità?

La curiosità, per fortuna, c’è un po’ dovunque: la cultura italiana è tutt’oggi una delle più diffuse e benvolute al mondo e la musica non fa eccezione, a prescindere della lingua in cui si canta. Tra i territori che, numeri alla mano, riservano grandi potenzialità c’è soprattutto l’Asia, Cina e India in testa.

L’esplosione di Mahmood ha dato qualche incremento alla curiosità internazionale?

Negli ultimi mesi, Mahmood ha senza dubbio contribuito a puntare i riflettori europei sul pop italiano. La speranza è che sia il primo di una lunga serie di musicisti che riescano a mantenere alta l’attenzione internazionale sulla musica del nostro paese.

Quali sono secondo te le caratteristiche su cui si può puntare per creare una domanda verso la nostra musica?

La musica italiana è molto varia: abbiamo eccellenze in tutti i generi musicali, dalla musica elettronica, al metal, alla neo-classica. La domanda quindi c’è sempre, e non è necessario crearla: quello su cui stiamo lavorando è invece la nostra risposta. L’obiettivo di SIAE è assicurarsi che arrivi forte e chiara.

17 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views