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Nu Genea: “Basta paragoni con Pino Daniele e Napoli Centrale, Bar Mediterraneo apre ad altri suoni”

Bar Mediterraneo dei Nu Genea è uno degli album più interessanti di questa prima metà del 2022, Fanpage.it ha parlato coi Nu Genea per farselo raccontare.
A cura di Francesco Raiola
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I Nu Genea (foto di Gennaro Canaglia)
I Nu Genea (foto di Gennaro Canaglia)

I Nu Genea hanno pubblicato pochi mesi fa il loro nuovo album Bar mediterraneo, rinfrescato dall'uscita del nuovo singolo "Praja Magia" che riprende le sonorità che hanno caratterizzato questo ritorno. Un album che differisce dal precedente Nuova Napoli, più legato al Neapolitan Sound, ma di cui mantiene la voglia di mescolare culture e suoni. Questa volta è il Mediterraneo il bacino di ispirazione, il Nord Africa, il Libano, c'è sempre Napoli, ovviamente, e il Sud, con un'attenzione maniacale al ritmo e alla ricerca. I Nu Genea hanno confermato di essere una delle band italiane più interessanti di questi ultimi anni, creando un discorso di che parte dalla musica per allargarsi a una mescolanza culturale che abbraccia tanti popoli e suoni. Marechià è stato un piccolo tormentone, così come Tienatè, i due singoli più ascoltati, ma tutto Bar Mediterraneo vale l'ascolto essendo, senza dubbio, uno degli album più interessanti di questo 2022.

Vi aspettavate il clamore che si è scatenato in questi anni attorno al progetto?

Il primo clamore si è creato dopo l'uscita di Nuova Napoli, tutto è nato da un'esperimento, quello di fare un disco in napoletano, dettato dalla nostalgia di casa. La stampa fu bassa, circa 1500 copie, poi, però, col tempo abbiamo continuato a ristampare, sono arrivate le richieste per i live, al punto che non avevamo neanche pensato a mettere su la band; avevamo collaborato con musicisti a Napoli però non c'era l'idea di una superband, anche perché mettere otto persone sul palco non era facile né era nei nostri piani. Quando però è arrivata la prima richiesta in Italia, poi ne è arrivata una dalla Russia, da Napoli etc ci siamo ritrovati con questa super band in giro. Quello è stato il primo shock.

Poi cosa è successo?

Che un po' ci siamo abituati a girare con la band. Per quanto riguarda Bar Mediterraneo c'era l'ansia del secondo album, secondo perché consideriamo Nuova Napoli il primo album di canzoni, prima componevamo principalmente musica strumentale, dopo ci siamo aperti alla parola, alla strofa, al ritornello e lì si apre un mondo vario. Ci siamo ritrovati a un certo punto con platee incredibili e con l'ansia del nuovo disco.

Ansia scomparsa quando il pubblico l'ha presa bene, no?

Sì, Marechià è uscita un bel po' prima facendo da apripista, sapevamo che era il pezzo un po' più facile da ascoltare. Una cosa che ci soddisfa è che c'è chi conosce i nuovi pezzi e non alcuni dei vecchi, il che ti fa capire che il pubblico si allarga e c'è tanta nuova gente che ascolta i brani e non vive la nostalgia del vecchio.

Vi siete mai sentiti schiacciati dall'idea di dover essere il gruppo che rivisitava il neapolitan power?

Abbiamo un po' lavorato sulla comunicazione per evitare che succedesse, perché pur avendo chiamato il vecchio album Nuova Napoli, con dedica a "No grazie, il caffè mi rende nervoso" e uno stretto legame col neapolitan power, in realtà abbiamo sempre puntato a specificare che le influenze di quell'album venivano dai brani scoperti per il progetto "Napoli segreta" e altre cose dal resto del mondo. Ciononostante alcuni brani potevano ricordare quelle cose, penso alla title track, con quel sax e il jazz funk che riportava e infatti i brani che ci piacevano di più erano Ddoje facce, Disco Sole, che per quanto ricordassero quella scena non ne facevano troppo parte.

Col Bar Mediterraneo cosa è cambiato?

Il nuovo album ci ha permesso di andare via da quella sorta di diramazione e prendere altre direzioni che sono quelle che ci interessano di più. Poi, ovviamente, entrambi abbiamo ascoltato Pino Daniele, abbiamo dischi di Napoli Centrale, Tony Esposito, ma le ispirazioni arrivano da altre parti.

Di quell'esperienza vi resta, immagino, una forte impronta di sincretismo musicale.

Negli anni '70 c'erano alcuni strumenti e si faceva musica di un certo tipo, negli '80 di un altro e nei '90 un'altra ancora. Gli stessi artisti che hanno fatto musica in quei tre decenni hanno cambiato radicalmente quello che facevano, adesso, vivendo in un mondo in cui possiamo ascoltare tutta la musica che vogliamo, è possibile non dover seguire un periodo storico musicale, ma mescolare tante influenze senza farsi troppi problemi.

Insomma, quelle influenze vi stanno un po' strette…

Per certi versi siamo onorati ma a volte quando ci accostano troppo vorremmo spiegare che siamo altro, siamo contenti di continuare una scena di grandissimi musicisti ma a volte pare che la gente non si renda conto che non è che se c'è un giro di jazz funk allora è Pino Daniele. Ci sono un sacco di stili e modi per mischiare la musica napoletana e i generi musicali, poi è ovvio che avendolo fatto loro per primi tendono ad accostarci. A volte fa piacere, altre volte però dici: Ok, però abbiamo anche tante altre influenze.

Giusto, raccontateci la vostra ricerca artistica del Mediterraneo, allora.

Noi vediamo il Mediterraneo a livello musicale anche come una sensazione, non per forza deve essere definito come un luogo ben preciso, potrebbe esserci musica che ricorda quella mediterranea e magari viene da un'altra parte. Nello specifico abbiamo ascoltato tanta musica del Nord Africa perché ritroviamo in quella musica anche qualcosa di napoletano, così come lo senti nelle persone che incontri lì. Abbiamo ascoltato anche tanta musica spagnola, francese, turca anche se in realtà non abbiamo cercato di fare un discorso geografico, abbiamo ascoltato tanta musica e a un certo punto abbiamo assimilato. Abbiamo avuto la fortuna di poter conoscere tanta musica, anche quella che al momento non capiamo troppo ma ci ha incuriosito.

E cos'è che vi incuriosisce?

Quello che ci incuriosisce è questa storia che in tanti posti del mondo dagli anni '70 ci sono state delle musiche che hanno unito la tradizione con influenze che venivano da fuori ed effettivamente ciò che ci diverte – e diventa quasi una sfida -, visto che il napoletano è una lingua super ritmica, è capire come incastrarla con ritmi diversi. Il vocal lo usiamo al servizio della musica, quindi ti ritrovi che vuoi inserire un certo tipo di linea vocale che non è mai stata fatta su quel ritmo, è difficile però è bello quando ci riesci ed escono cose interessanti.

È un album alla continua ricerca del ritmo, anche in pezzi come Straniero, La crisi cercate sempre quello…

Anche su brani lenti amiamo dare al ritmo un ruolo importante. Quando facciamo dj set può capitare che a un certo punto mentre suoni una cosa disco o funk vuoi spezzare perché senti di aver dato tanta energia, senti che il pubblico ha bisogno di qualcosa di più calmo e devi permettere di creare connessione tra le persone del pubblico. Quando facciamo brani più lenti li pensiamo anche nell'ottica che a un certo punto quel brano potrà essere suonato per chi vuole muoversi e ballicchiarla, difficilmente potremmo fare musica senza ritmo.

Qual è stato l'attestato più bello di questi anni, la cosa più sorprendente?

È stato sorprendente quando ci hanno chiamato in full band dal Brasile, è stata una cosa completamente inaspettata, non ti aspetti che possano volere una band che fa musica cantata in napoletano, così come in Russia, non te l'aspetti. Senza contare, ovviamente, l'incontro con Tony Allen che per noi è sempre stato un idolo e non ci saremmo mai immaginati di poter collaborare con lui.

E per quanto riguarda richieste di produzioni?

Ce ne hanno fatte molte ma noi siamo molto lenti, non è una cosa che al momento facciamo, a meno che non troviamo qualcosa che ci dà quel fermento ma per ora non l'abbiamo trovata. Però siamo aperti ad altre produzioni e ci piacerebbe farlo se trovassimo il giusto incastro, solo che a volte sono spesso cose di natura commerciale e senza troppa anima. Capita di tanto in tanto che ci contattino artisti famosi per collaborare ma il paradosso è che i nostri idoli sono quegli artisti che magari non hanno mai avuto successo o hanno avuto un super successo all'epoca e oggi fanno difficoltà a riemergere.

Il rebranding da Nu Guinea a Nu Genea ha creato problemi?

È andata abbastanza liscia, eravamo entrambi spaventati per come il pubblico potesse recepire questa cosa ma a parte la sorpresa iniziale poi è andata bene. Essendo stata una cosa sentita e non forzata ci siamo abituati e non ce ne siamo neanche accorti. Non c'è una vera scelta politica ma solo una presa di coscienza rispetto a una scelta che in passato era stata fatta in maniera puramente estetica, per una biodiversità e una musica che rappresentasse un luogo con flora e fauna variegate. Poi la parola ha cominciato a pesare per tutto quello che porta e rispetto al nostro messaggio che è di integrazione e Guinea era una parola che non andava più bene, aveva un peso da cui volevamo liberarci, non associandosi alle nostre origini.

Il tour dei Nu Genea

  • 15 luglio – Gurten Festival, GURTEN (CH)
  • 21 luglio – Meeting Del Mare, MARINA DI CAMEROTA (IT)
  • 29 luglio – Acieloaperto, CESENA (IT)
  • 30 luglio – Transatlantica, GENOVA (IT)
  • 05 agosto – FestiValle, AGRIGENTO (IT)
  • 13 agosto – Color Fest, LAMEZIA TERME (IT)
  • 14 agosto – Locus, LOCOROTONDO (IT)
  • 18 agosto – Vodafone Paredes De Coura, PAREDES DE COURA (PT)
  • 20 agosto – Lowlands, BIDDINGHUIZEN (NL)
  • 21 agosto –  Pukkelpop, HASSELT (BE)
  • 26 agosto – We Out Here, CAMBRIDGESHIRE (UK)
  • 28 agosto – Rock En Seine, PARIS (FR)
  • 17 settembre – Spring Attitude, ROMA (IT)
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