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Non solo Battiato: breve viaggio nell’opera di Giusto Pio

Da cinque giorni Giusto Pio non c’è più, ma la sua musica rimane. Oltre che un sincero omaggio all’artista, le righe che seguono vorrebbero essere una guida al suo percorso, al di là delle solite vaghezze da necrologio.
A cura di Federico Guglielmi
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Giusto Pio e Franco Battiato
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Lo scorso 12 febbraio, a novantuno anni compiuti da un mese, Giusto Pio si è spento a Castelfranco Veneto, dov’era nato. Una scomparsa è sempre un evento doloroso e dunque nessuno pensa neppure lontanamente a minimizzarla, ma non è cinico – non troppo, almeno – osservare che in tanti, tantissimi non avrebbero alcuna esitazione a mettere la firma per una vita come quella del Maestro: lunga, ricca, (per quanto se ne sa) serena, illuminata dall’amore per la musica, portata avanti per lo più sottotraccia ma caratterizzata da momenti di vera e propria gloria. Una gloria di folle, e non solo di nicchia e/o da addetti ai lavori, coincisa con il momento di massimo fulgore del Franco Battiato “pop”, e dopo un po’ rientrata – per fortuna – nei binari di una notorietà non “da popstar”, certo più in sintonia con l’indole riservata e poco propensa alle luci dei riflettori di un uomo che non è stato solo “il violinista di Battiato”, come si legge nei necrologi che in questi giorni sono apparsi ovunque. Va da sé che quel ruolo è incontestabile, ma il rapporto con l’artista siciliano è stato ben più stretto e complesso: una sorta di simbiosi all’insegna dello scambio di input per un progetto che apparteneva a entrambi, sebbene parole e idee musicali di base fossero di Battiato (sempre le prime, quasi sempre le seconde), con Pio a occuparsi in prevalenza di arrangiamenti e direzione d’orchestra (non mancano, però, episodi scritti assieme, specie “conto terzi”). Insomma, non esattamente un Mogol/Battisti di quei primi anni ’80 in cui l’elettronica “povera” regnava sovrana, ma qualcosa di affine.

Ciò detto, sarebbe sterile e terribilmente noioso cercare di scoprire, studiando le note dei molti dischi, i contributi personali di ciascuno. Sarà sufficiente ricordare che la liaison nient’affatto dangereuse, avviata quando nei ’70 Pio impartì a Battiato le prime lezioni di violino e collaudata dall’oscuro 45 giri “Adieu”/”San Marco” pubblicato a nome Astra nel 1978, si è snodata attraverso infine tappe, sia arcinote che sommerse. Tra le seconde, la direzione musicale di “Polli d’allevamento” di Giorgio Gaber e l’arrangiamento dei singoli “Non ci sono più uomini”/Sono ancora viva” di Ombretta Colli e “Valery”/”Roma” di Alfredo Cohen (cofirmato con lo stesso Cohen: il lato A, con varie modifiche, sarebbe poi divenuto “Alexanderplatz”), mentre le altre sono per lo più concentrate fra il 1979 e il 1985: in album di Battiato (“L’era del cinghiale bianco”, “Patriots”, “La voce del padrone”, “L’arca di Noè”, “Orizzonti perduti” e “Mondi lontanissimi”), Alice (“Capo Nord”, “Alice”), Giuni Russo (“Energie”, “Vox”) e Milva (“E dintorni”), e in un tot di 45 giri. Una produzione estesa nella quale ci si orienta con difficoltà, in seguito ulteriormente impinguata, che ha fra i momenti-chiave – a livello di riscontri e limitandosi alla composizione – “Il vento caldo dell’estate”, “Per Elisa” (che nel 1981 vinse Sanremo) e “Messaggio” di Alice, “I treni di Tozeur” di Alice e Battiato, “No Time No Space”, “Temporary Road” e “Lettera al Governatore della Libia” di Battiato, la già menzionata “Alexanderplatz” di Milva, “Good Goodbye” di Giuni Russo; sì, Giusto Pio figura come coautore di tutti i pezzi di cui sopra, e trattandosi di un artista cresciuto nel circuito accademico e non nel circo del pop, non è roba di poco conto.

Questo solo per quanto concerne il lavoro dietro le quinte, perché il Maestro ha realizzato anche otto album ufficiali a suo nome, tutti (quasi) strumentali. L’esordio, prodotto da Franco Battiato e pubblicato nel 1978 dalla storica Cramps, è “Motore immobile” ed è classificabile nel settore della classica contemporanea, così come l’ultimo “Missa Populi (a S.S. Giovanni Paolo II)”, uscito nel 1995 per la Artis, il cui titolo è parecchio esplicativo; in aree stilistiche non distanti, grossomodo improntate all’avanguardia, si muovono poi “Note” (CBS, 1987), “Alla corte di Nefertiti” (L’Ottava, 1988), “Attraverso i cieli” (EMI, 1990) e “Utopie” (La Drogueria di Drugolo, 1990). Più accessibili sono invece “Legione straniera” (1982) e “Restoration” (1983), ambedue editi dalla EMI durante l’infuriare della febbre-Battiato, mutazione “non canzonettistica” del synth-pop portato al successo dalla coppia che si snoda tra agganci all’universo classico, atmosfere da colonna sonora, suggestioni filo-esotiche e trame comunque accattivanti marchiate qua e là dall’utilizzo di cori; all’epoca fioccarono paragoni con i Rondò Veneziano e, sì, qualche similitudine si riscontra. Ai due 33 giri fece da postilla il singolo “Auto-Motion” (EMI, 1984), cantato da Battiato; fu la sigla di una trasmissione TV della RAI dedicata all’informatica, “Chip” (in copertina è indicato erroneamente “Clips”), e non avrebbe sfigurato in “Orizzonti perduti” e “Mondi lontanissimi”. Mai ristampati, i due LP più il 45 giri durano in tutto una settantina di minuti, e potrebbero quindi essere raccolti in un unico CD; non venderebbe probabilmente granché, considerato pure come i vinili originali siano reperibili a cifre assai basse, ma sarebbe un bel modo per ricordare/celebrare questo musicista schivo e a suo modo brillante, che per un breve periodo fu “popstar” per caso ma anche per meriti. I diritti dovrebbero appartenere alla Universal, e chissà che il responsabile del catalogo non sia un estimatore del Maestro.

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Federico Guglielmi si occupa professionalmente di rock (e dintorni) dal 1979, con una particolare attenzione alla musica italiana. In curriculum, fra le altre cose, articoli per alcune decine di riviste specializzate e non, la conduzione di molti programmi radiofonici delle varie reti RAI e più di una ventina di libri, fra i quali le biografie ufficiali di Litfiba e Carmen Consoli. È stato fondatore e direttore del mensile "Velvet" e del trimestrale "Mucchio Extra", nonché caposervizio musica del "Mucchio Selvaggio". Attualmente coordina la sezione musica di AudioReview, scrive per "Blow Up" e "Classic Rock", lavora come autore/conduttore a Radio Rai e ha un blog su Wordpress, L’ultima Thule.
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