Tra il 2011 e il 2013, Nicolò Carnesi è stato uno dei nomi più seguiti del circuito indie nazionale: un’ascesa per più di un verso sorprendente, costruita passo dopo passo e senza forzature promozionali, che ha avuto come prima tappa l’EP “Ho poca fantasia” (anticipato di un paio di mesi dal singolo “Il colpo”) e come seconda – e decisiva – l’esordio adulto “Gli eroi non escono il sabato”, benedetto dalla presenza, nel brano “Mi sono perso a Zanzibar”, di Dario Brunori. Ad affermare il cantautore palermitano, classe 1987, provvedevano però in massima parte la fitta attività concertistica e il passaparola montato dalla Rete, che portavano al contributo – con una riuscita rilettura di “Rotta per casa di dio” – all’omaggio agli 883 “Con due deca” (in free download su Rockit.it) e a una collaborazione con Lo Stato Sociale. Quindi, come da copione, era la volta di un periodo di lontananza dalle scene, utile per metabolizzare quanto accaduto e lavorare al secondo album, quello che secondo Caparezza è “sempre il più difficile nella carriera di un artista”.
Il disco in questione è arrivato nei negozi proprio oggi, martedì 1 aprile, con una bella copertina che rimanda al suo titolo surreale ma intrigante. È ancora marchiato dalla Malintenti e contiene dieci pezzi prodotti da Tommaso “a wizard, a true star” Colliva nei quali Carnesi ha suonato quasi tutto da sé, lasciando spazio solo ai comunque preziosi interventi di ospiti come Roberto Angelini, la sezione ritica dei Selton, Rodrigo D’Erasmo (Afterhours), Angelo Trabace e Antonio Di Martino. Le ispirazioni principali di “Ho una galassia nell’armadio” sono la fisica quantistica e Albert Einstein, mentre sul piano musicale lo stesso Nicolò cita come influenze “ideali” Flaming Lips, Peter Hook e i Phoenix. Sulla carta, un bel rebus… che, però, nella pratica si è tradotto in un lavoro complesso ma fluido, all’insegna di un pop ricercato ma senza eccessi di leziosità. Un pop che al paragone con il debutto ha guadagnato parecchie sfumature tanto nelle trame sonore, adesso caratterizzate da un maggior peso dell’elettronica, quanto in testi arguti dove la sfera personale è affrontata alla luce di una visione più ampia.
Se alcuni episodi del passato potevano legittimamente far pensare a una sorta di Brunori 2.0, “Ho una galassia nell’armadio” dimostra invece con assoluta chiarezza come Nicolò Carnesi si muova ora in altri territori, limitrofi a quelli esplorati dal Battiato dei tardi ‘70/primi ‘80, da Max Gazzè oppure, volendo fare un paio di esempi legati al presente, a tutto ciò che è compreso tra gli Egokid e i Campetty: insomma, una formula di notevole equilibrio che mette assieme ritmi ipnotici, melodie insinuanti, atmosfere avvolgenti, vaghi echi shoegaze e canto carezzevole/evocativo. Prese singolarmente le tracce funzionano più o meno bene, e anche se la sostanziale omogeneità dell’insieme potrebbe far rimpiangere il maggiore eclettismo del debutto, è innegabile che la poetica di Carnesi sia adesso più matura e, per quanto possibile, personale, oltre che ormai pronta per una platea più vasta di quella indie. Chissà se nel 2015 lo vedremo tra i “giovani” sul palco di Sanremo, e se la sua prossima prova sarà marchiata da una multinazionale. Intanto le edizioni musicali sono state acquisite dalla Warner Chappell e qualcosa vorrà pur dire.