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Niccolò Agliardi presenta “Resto”: “Non tiro somme, è lo specchio fedele di quello che sono”

Si chiama “Resto” il doppio cd con cui Niccolò Agliardi ha voluto rivestire alcune delle canzoni scritte in questi anni di carriera fortunata che lo hanno portato anche a dividere la scrittura con artisti come Laura Pausini, da cui riprende “Simili”. Anticipato dal singolo “Johnny”, l’album si divide in “Ora” e “Adesso”.
A cura di Francesco Raiola
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Niccolò Agliardi (foto di Francesca Marino)
Niccolò Agliardi (foto di Francesca Marino)

Niccolò Agliardi non aveva alcuna intenzione di tirare somme, di fare un riassunto della propria vita, niente. Il cantautore aveva solo voglia di risuonare un po' di canzoni scritte durante la sua carriera e togliersi uno sfizio, avendo tempo e possibilità di farlo, e per questo motivo è arrivata la raccolta "Resto", un doppio album diviso in "Ora" e "Ancora", che contiene tre inediti – prodotti da Corrado Rustici -, compreso il singolo "Johnny", canzoni scritte per altri, come "Simili", portata al successo da Laura Pausini, e anche le cover di "Stiamo come stiamo" di Mia Martini e Loredana Berté e "Naviganti" di Ivano Fossati, cantautore fondamentale per la sua musica, assieme a Francesco De Gregori e Roberto Vecchioni. Agliardi ha voluto evitare le mode del momento, e ha creato un disco che è "lo specchio fedele di quello che sono e che volevo essere" ci racconta al telefono.

Come hai vissuto l'attesa per l'uscita di questo nuovo album?

Oramai sull’attesa sono diventato adulto e consapevole. So di aver fatto un piccolo gioiellino mettendoci tutta la cura possibile assieme ai miei musicisti. Poco fa su Facebook avvisavo i fan di non aspettarsi un disco con le sonorità a cui siamo abituati ascoltando la radio, non è un disco che può giocare un campionato di musica pop, ma è un disco per cui chi ne vuole entrare in possesso deve assumersi le proprie responsabilità, è un disco che ha bisogno di un tempo per essere ascoltato. Per ascoltare “Resto”, quindi, c’è bisogno di restare e io sono contento di quello che abbiamo fatto.

Insomma, non hai voluto rileggere in chiave it-pop, sarebbe stato facile cercare quella strada lì…

Attenzione, se fosse così facile avrei potuto ceduto alla tentazione, ma in realtà non è neanche facile quello, non è che scrivere una hit di successo sia immediato. Io ho deciso che, avendo una vita molto ricca di soddisfazioni, vorrei che le canzoni rimanessero il punto centrale da cui tutto è partito e tutto parte e meglio di così non posso chiedere: questo disco è lo specchio fedele di quello che sono e che volevo essere, essere un hitmaker di cose ballabili non mi rappresenta.

In alcune cose ho trovato echi di Fossati, come in "Rumore di fondo", a proposito di non cercare la hit…

Guarda, è un disco molto lontano da quella caccia al tesoro, abbiamo cercato di lucidare un tesoro diverso, più vicino, meno nascosto, è il tesoro delle persone che lo hanno costruito. Sembrano parole retoriche, ma ti assicuro che non lo sono. È stato un lavoro di affettività, senza pensare a un risultato commerciale che sarebbe stato ridicolo.

Com’è tirare una linea e fermarsi un attimo a riflettere sul proprio percorso?

Penso di essere stato male interpretato, nel senso che non volevo tirare un bilancio, io ho solo avuto, tra le tante cose che stavo facendo, il bisogno, l’esigenza, la voglia e anche lo sfizio, di risuonare delle canzoni che originariamente avevano un vestito che nel corso degli anni si era un po’ rovinato, quindi tra le tante cose belle ho detto ‘Perché non risuoniamo le canzoni così come le facciamo dal vivo?’ immaginandole come canzoni nuove. Ma non c’era alcuna velleità di mettere un punto o tracciare nessun bilancio.

Ho letto che ami parlare del bene, per questo mi ha colpito la frase “A me non mi piacciono i buoni ma i generosi” con cui comincia "Da casa a casa".

Quella frase lì la scrissi parecchio tempo fa e oggi la rivendico ancora come una cosa molto attuale e pulsante. Io trovo che la generosità sia una dote e un’arte rara ma che quando c’è è commovente, quindi il generoso non necessariamente è un buono, ma è quello che lo fa perché sceglie, si schiera, decide di stare da una parte e non solo dalla sua. L’essere buoni è una cosa più genetica, come se fosse indotta da altri, mentre essere generosi è una cosa che scegli e trovo che quello sia un bell’atto di schieramento: i generosi non rischiano di essere buonisti, i buoni certe volte sì.

Mi parli di Johnny, primo singolo estratto?

Racconto un’esperienza che sto vivendo, Johnny ha tante caratteristiche del mio Johnny, del mio figlio affidatario, però penso che potrebbe essere un ragazzo qualunque di 18/20 anni che si appresta a vivere l’età adulta. Abbiamo girato questo video bellissimo, con quest’attore, Luigi Fedele, che ha l’età di mio figlio e lui si è rivisto in Johnny. La meraviglia delle canzoni è che quando riescono ognuno ci mette dentro quello che vuole. Johnny è un ragazzo di 18 anni che cerca di diventare grande e fa una fatica incredibile come tutti, è un ragazzo che ha meno possibilità di quelle che posso aver avuto io e che prende coraggio e chiede aiuto, ho bisogno di partire solcare il mare e vedere cosa c’è dall’altra parte, dopodiché le burrasche di quel mare sono le stesse che abbiamo vissuto tutti e poi vedere l’approdo inizialmente sembra un miraggio e poi diventa sempre più concreto.

In questo "Resto" hai voluto anche rileggere alcune canzoni che hai scritto, come ‘Simili', scritta per Laura Pausini e alcune scritte da altri, come ‘Stiamo come stiamo' cantata da Mia Martini e Loredana Berté e ‘Naviganti' di Ivano Fossati.

Per quanto riguarda Fossati credo di aver cominciato a fare questo lavoro principalmente grazie a tre nomi importanti: lui, Francesco De Gregori e Roberto Vecchioni e ancora oggi, quando sento le loro canzoni sento che sono vette inarrivabili per sintesi, contenuti, magia, capacità di utilizzo di suoni e parole. Dal vivo canto sempre un pezzo di De Gregori, mentre qua ho scelto ‘Navigante' perché la prima volta che l’ho ascoltata ho pensato ‘Se un uomo può scrivere una cosa come questa è una meraviglia, e io vorrei provare un giorno a essere alla stessa altezza e visto che non ci sono ancora arrivato, per togliermi lo sfizio ho preso in prestito le sue parole. ‘Stiamo come stiamo' è un pezzo che ascoltai per la prima volta a Sanremo nel 1993, anno della mia maturità e non credo di averla subito capita al primo ascolto, ma mi colpì la commistione e il grande dolore che avvertivo in quelle parole e la speranza che questo dolore potesse guarire.

Non possiamo non parlare di “Simili”, altro momento importante per la tua carriera, no?

‘Simili' è una canzone che ha unito tante persone importanti della mia vita, da Laura, ha unito Edwyn Roberts, i ragazzi di Braccialetti Rossi, quindi c’è proprio una ricetta di tante persone per me fondamentali nella vita e averla risuonata coi miei compagni l’ha resa ancora più speciale.

“Fratello pop” è il tuo primo singolo suonato dalle radio, ecco, mi racconti la prima volta che l'ascoltasti?

Me lo ricordo, vedendomi adesso ero piccolo, ero sicuramente più arrembante, più arrabbiato, anche nella canzone, dedicata a una persona che sento un po’ meno ma alla quale voglio un bene incredibile, è una persona molto popolare, è spesso in tv: quando gliela feci sentire lui mi disse ‘Ma perché dici queste cose, non è vero che sono pop, non è vero che non costruisco come te, tu sei solo più grande’ e alla fine aveva ragione lui. Tutti e due, a modo nostro, abbiamo fatto il nostro passaggio dall’adolescenza all’età adulta. E quindi, tornando alla tua domanda, ogni volta che mi rivedo mi vedo ingenuo.

In un’intervista che ci concedesti hai detto, riferito al cinema: “Quello è l'altro grande desiderio che tutte le notti, silenziosamente, rivolgo alle stelle…”. A che punto siamo?

Lo è ancora e si sta avvicinando, stiamo lavorando tantissimo sull’adattamento cinematografico di “Ti devo un ritorno”, il mio libro di due anni fa. È un percorso lunghissimo, ma super affascinante e al momento lo sto facendo con una ragazza molto brava. Non ho ancora date né sicurezze, ma è certo che mi sto impegnando.

Hai scritto una tesi sui luoghi reali e immaginari presenti nelle canzoni di Francesco De Gregori, mi racconti quali sono i luoghi reali e immaginari che hanno colpito te, nella vita e nella musica.

I miei luoghi sono la mia città, l’Africa, l’Equatore, i Tropici e tanto anche Roma. Se devo pensare alla mia vita e ai miei luoghi geografici sono questi, compreso il treno Roma-Milano, tutto quello che mi è servito geograficamente per scrivere l’ho trovato lì. Nei luoghi immaginari, invece, ci sono le persone, quasi sempre le persone che amo e qualcuna l’ho amata e oggi non è più presente, ma la maggior parte delle persone raccontate nelle mie canzoni sono molto presenti nella mia vita.

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