Niccolò Agliardi agli Oscar con Laura Pausini: “La musica è lavoro, non solo poesia”
Si schernisce, scherza, non mostra alcun cedimento all'emozione, ma Niccolò Agliardi è pienamente cosciente di quello che potrebbe succedere tra poche ore, quando "Io sì/Seen" la canzone cantata da Laura Pausini, scritta anche da Diane Warren, si giocherà chance importanti agli Oscar, dove è candidata al Premio per la miglior canzone. Dei tre forse è il nome meno noto, ma la sua firma è ben conosciuta tra coloro che sanno che a scrivere le canzoni ci sono dei professionisti che riescono a incastrare parole, strofe, bridge, ritornelli affinché tutti noi possiamo cantarle. Alle prese con una Bouganville che gli dà qualche problema, Agliardi ci parla degli Oscar, dell'essere autori, della sua vita ed è molto sereno rispetto a un appuntamento che potrebbe essere storico per lui e per il nostro Paese: "Mi imbarazzo a rispondere a queste cose, mi sento sciocco, perché io sono felice, in generale, la mia vita è così divertente, così movimentata, così piena di note, di picchi folli, questo è un picco folle".
Non posso che chiederti com'è prepararsi agli Oscar.
È come aspettare un ospite inaspettato a casa, potrebbe essere Lady Gaga o il Presidente della Repubblica e tu devi rappezzare la casa e metterti un vestito decente perché eri in tuta.
I Golden Globes hanno aiutato in questo acchittarsi a festa?
Non si può neanche essere ipocriti e dire che era una cosa che non cambia nulla, semplicemente arriva in un momento in cui non te l'aspettavi. Sai, io ho sempre la sensazione, nel nostro lavoro, ma anche in generale, che nei percorsi di tutti esistono fortune che vanno col primo che passa e quelle un po' più accorte, che ti spiano, ti collaudano, ecco, credo che il momento radioso che sto vivendo è una fortuna che mi ha spiato per molto tempo e adesso ha deciso di restituirmi il senso di abnegazione che in questi anni apparteneva a tutti noi, da Laura a coloro che sono coinvolti in questo percorso.
Vista l'abnegazione e lo sforzo, più che fortuna possiamo dire una coincidenza di componenti che si allineano?
Sì, sono secanti e tangenti che a un certo punto vanno nella stessa direzione, fortuna in quel senso, una fortuna indirizzata, che cresce e si evolve con te, con le tue scelte, anche le tue rinunce. A me è capitato spesso di dire di no, perdendo occasioni ma mantenendo la faccia. E mantenere la faccia è stato il mio tesoretto. Mi sento di dire una cosa scontata, retorica, ma me ne prendo il rischio: ho sempre avuto la stessa faccia da qualche anno a questa parte e ho sempre guardato tutti con lo stesso sguardo e questo ha premiato me, le persone che con me hanno lavorato e le persone con cui ho lavorato, perché non mi è mai dispiaciuto essere al servizio di qualcuno, così come nella vita ho persone che mi danno una mano.
A questo proposito è bene dire che ovviamente ci sono Laura Pausini e Diane Warren, senza le quali la canzone non sarebbe lì, ma c'è anche Niccolò Agliardi a giocarsi un Oscar, in un ruolo importante, perché siete tutti voi ad aver costruito questa canzone?
Certo, siamo noi, e questo è un punto delicato su cui mi soffermo volentieri. Ovviamente tu stai intervistando un autore e in quanto tale bisogna avere la capacità di autovalutarsi. Finché la valutazione te la danno gli altri e decidono loro quanto ti spetta tu devi far coesistere due cose: l'immagine che gli altri hanno di te con quello che sei veramente e questo può portare a una distorsione, perché se ritieni che il tuo valore, il tuo apporto all'opera, alla canzone, abbia un determinato valore e qualcuno quel valore te lo sottrae o pensa che non sia così come lo hai verificato, allora si commette un'ingiustizia. Se invece si ha la consapevolezza che esistono le competenze, conquistate negli anni, allora bisogna riconoscerne il valore, vale ovunque anche nel mondo della lingua e delle canzoni. Poi attenzione, esistono gli autori ed esistono gli interpreti che danno voce agli autori che portano nel mondo le canzoni, che le interpretano magistralmente, in alcuni casi, quindi è giusto semplicemente riconoscere le professioni. La vetta è sorretta da una montagna fatta di tante cose, talvolta un pezzo è sotto le nubi, quindi emerge solo la vetta, e a quel punto puoi o far finta di niente, o provare a soffiare sulle nubi o procedere in modo più pericoloso, difficile, ovvero viaggiare sotto le nuvole, esplorare e raccontare quello che c'è là sotto che delle volte è importante quanto la vetta.
Insomma, la chiarezza è il metodo per evitare qualsiasi problema…
Nei lavori bisogna essere chiari, se lo siamo tutti ognuno porta a casa qualcosa. Ovvio, ci sono compromessi da accettare, ma è così in tutti i lavori: un apprendista che impara a fare una gondola non è che la costruisce il giorno dopo aver cominciato, la fa pian piano e magari per un po' di tempo accetta di lavorare a condizioni che nel tempo miglioreranno. Io non sono contro l'umiltà degli esordi, anzi tifo per gli umili, per chi ha rispetto per le competenze e rispetto per gli altri, certo è che a un certo punto quando si diventa tutti grandi è bene riconoscere le componenti della fabbrica. Se alla fine togliessimo solo un po' di poesia ricordandoci che anche l'arte è fatta di professionisti non sarebbe male. Io oggi non fatico, ma solo perché a me è concessa la mia parte.
Visto quello che sta succedendo nel mondo autorale, sulla questione dei diritti che spesso i cantanti si fanno dare senza apportare nulla al testo, ti chiedo qual è la tua esperienza. Lo hai mai vissuto sulla tua pelle? Lo hai visto accadere intorno a te?
È successo più di una volta, soprattutto all'inizio della carriera, di dover accettare altrimenti mi avrebbero allontanato dal progetto. Non è capitato mai in maniera estorsiva, devo dirti, diciamo… gentilmente accompagnato all'uscio: a un certo punto, visto che ho capito la centralità del mio lavoro ho detto "Va bene, se mi accompagnate all'uscio, esco". Ma soltanto quando ho capito che quello che stavo facendo valeva di più della polemica che si stava instillando, della litigata, della controversia di un dissidio legale, allora lì magicamente non c'è stato più bisogno di dover combattere, perché al limite scelgo, scelgo di condividere. L'importante è che ci sia buona fede in questo percorso. Siamo tutti adulti, sappiamo che nel lavoro talvolta bisogna trovare degli accordi, che è meglio che dire compromessi, però deve esserci buona fede. Come in tutti i grandi affari si dice che entrambe le parti devono essere contente e solo lì puoi dire di aver fatto un buon affare, e nella musica vale lo stesso. Come ti dicevo: togliamo tutta questa poesia che già di per sé è nella musica, diciamo che quando si lavora si è professionali, come in altri settori, quando si lavora si è persone con eguali diritti, con meriti e doveri. È un lavoro e come tale deve essere valutato e quantificato il giusto, poi non ho alcun problema a trovarmi in una sede con li artisti e scrivere insieme a loro, confrontarsi, accettare critiche, fa parte del lavoro. Ma questo vale se c'è buona fede, se c'è ricatto allora no.
E nel tempo hai imparato, immagino, a fare scelte giuste, come quella con Laura Pausini…
Ecco, infatti, se va avanti da un bel po' è proprio perché ci sono delle basi solide.
Facciamo un passo indietro, allora, e ti chiedo di raccontarmi come si è sviluppato il lavoro sulla canzone.
Si è sviluppato con una certa abitudine, ma questa volta con un plus, ovvero il fatto che la mia vita, negli ultimi anni, ha assunto un'adesione impressionante con quello che è stato raccontato in questo film. Nel film si parla di accoglienza, affido, si parla di una mamma non biologica che accoglie tra le proprie braccia un ragazzino in difficoltà, che la fa tribolare e che è in realtà l'unico che le sorregge la mano fino alla fine. Io sono un papà affidatario single, tra l'altro, di due meravigliosi ragazzi: uno vive con me, l'altro è diventato grande e si è affrancato da questa figura paterna e ingombrante, che sarei io, quindi conosco bene la narrazione: conosco le difficoltà anche del raccontarla, conosco la poesia di essere papà di piccole anime che devono essere ricostruite anche grazie al tuo intervento. Credo che non serva nemmeno tentare di trovare gli aggettivi per dirti che cosa significhi quando dopo ti vedi quella canzone alla fine di un film già bello di suo ed è capace di farti commuovere e poi che bello sapere che quella canzone arriva in tante parti e angoli del mondo. E quel mondo fa degli scherzi, ti fa arrivare delle statue, dei premi…
Con Laura cosa vi siete detti quando la canzone ha cominciato a non essere solo una canzone nota, ma una valanga che vi ha portato fino alla candidatura agli Oscar? E come la vivi questa attesa?
Lei mi rimprovera sempre, dice che sono un po' troppo low profile, mi dice "Gasati ogni tanto!". Fa ridere perché pare che io la voglia ricomporre e lei voglia scompormi, però mi imbarazzo a rispondere a queste cose, mi sento sciocco, perché io sono felice, in generale, la mia vita è così divertente, così movimentata, così piena di note, di picchi folli, questo è un picco folle. Come lo posso integrare nella verità? Ma credimi, è tutto talmente poco inseribile nella normalità… Io penso che essere nati sia un colpo di culo, in mezzo ci sono un sacco di cose da gestire, da godersi, problemi da risolvere, rotture da evitare e poi cose pazzesche come queste da accogliere. Certo, non so come si fa, così come non sapevo come si facesse ad accogliere un figlio, poi a un certo punto lo fai e non ci pensi più.
In che modo questa cosa ha ripercussioni sul tuo lavoro? Cambia qualcosa?
La mia risposta è sì, dopodiché la mia pigrizia rimane tale e scelgo di fare sempre pochi cose ma buone e sensate. Mi piace fare un sacco di altre attività, però cambiano sicuramente un po' di cose: ricevi più telefonate, si realizzano progetti che erano in fieri da tempo, perché è come una promozione, un upgrade, non ci trovo nulla di strano. Non mi offende pensare che una persona, oggi, mi risponde a una mail più velocemente di prima.
A cosa stai lavorando?
Sto lavorando a una cosa che mi piace tanto, anzi mi stanno insegnando a diventare uno sceneggiatore e a trasporre la storia del mil romanzo, che parla del mio primo affido e la stiamo trasformando in film. È bellissimo, perché vedi come gli altri interpretano le tue smorfie, le tue felicità le tue paure, il tuo dolore e vedi come ognuno ha un modo magico di raccontarle e trasformarle. per questo ti dico che mi diverto, perché mi sto mettendo alla prova su cose che non sapevo fare, rispetto molto le professioni e le competenze altrui, sono ambizioso, per fortuna ho delle storie – un po' le mie ma anche quelle degli altri – che amo raccontare e sono contento perché la vita me lo consente.