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Nero (non) per caso: il soul di Luca Sapio

Oltre due anni dopo “Who Knows”, il più “nero” dei musicisti italiani ha pubblicato il suo secondo album. Per gli amanti della black music più intensa e suggestiva, quella che esce direttamente dall‘anima, un ritorno imperdibile.
A cura di Federico Guglielmi
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Lancio il programma di posta elettronica, digito “Luca Sapio” nella finestrella di ricerca e un mondo si apre; non che me ne fossi dimenticato, del mondo in questione, ma trovarselo davanti tutto assieme fa un altro effetto. All'epoca della prima mail ricevuta, nell'agosto del 2008, Luca era per me uno sconosciuto, anche se – avrei appreso a breve – nove anni prima aveva cantato con gli Area di Giulio Capiozzo, per poi recarsi negli Stati Uniti a (in)seguire il suo sogno. Da lì era nato “Oddville” degli Accelerators, dei quali Sapio era il frontman; produzione americana e pubblicazione a opera di una piccola etichetta giapponese, il lavoro era fin troppo eclettico e forse fin troppo curato, ma possedeva qualcosa di speciale. Come da cortese richiesta lo recensii, e da allora Luca Sapio è comparso spesso nella mia casella e nei miei fogli di Word: nel 2010 per “Hard Times” dei Black Friday, il duo blues acustico allestito assieme ad Adriano Viterbini dei Bud Spencer Blues Explosion; nel 2011 per “English Garden” dei Quintorigo, nei quali aveva rilevato il ruolo che stato prima di John De Leo e poi di Luisa Cottifogli; nel 2012 con “Who Knows”, suo esordio da solista – cointestato a Christian Capiozzo e Mecco Guidi – dove l'oggi trentanovenne musicista aveva indossato i panni a lui congeniali del vero e proprio “soul man”. Una scelta – ma forse sarebbe il caso di dire “necessità” – adesso ribadita con “Everyday Is Gonna Be The Day”, il nuovo album accreditato a Luca Sapio & The Dark Shadows e uscito a metà novembre per la GMG/Goodfellas.

Già non è frequentissimo che un cantante bianco venga preso seriamente in considerazione nel circuito black, figuriamoci un bianco italiano. Eppure Luca Sapio ce l'ha fatta, e tutto sommato senza nemmeno faticare troppo. La sua voce duttile e calda, la sua competenza nel settore soul-blues-funk-R&B, la sua passione e soprattutto la sua totale onestà di approccio – è noto che il blues non si suona ma “si ha”: beh, per il soul è lo stesso – non potevano non colpire profondamente un vate della scena contemporanea come Thomas Brenneck, che gli ha prodotto entrambi i dischi a New York e l'ha inserito nel giro della rinomata Daptone Records. La credibilità acquisita si è così tradotta in attenzione e consensi internazionali, dimostrando come in certi contesti il colore della pelle è, in fondo, secondario. Come il suo amico Brenneck, Luca Sapio non è nero fuori ma lo è senza dubbio dentro, nell'anima, e i suoi fratelli che sono neri dentro e fuori non hanno potuto non accorgersene e regolarsi di conseguenza.

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“Everyday Is Gonna Be The Day” non è comunque esattamente uno “Who Knows” parte seconda. Si muove, ovviamente, in territori analoghi, ma si rivela nel complesso un po' meno esuberante – mancano, ad esempio, i fiati – e più “scuro”, con le sue arie gospel, i suoi ritmi incisivi ma aggraziati e le sue tastiere insinuanti, strizzando l'occhio al vintage ma sfuggendo gli eccessi calligrafici. È un album concepito per il vinile, nei suoni avvolgenti così come nella durata di trentasei minuti, che bilancia eleganza e toni sanguigni, conquistando con nove brani autografi che sarebbe facile ritenere classici e con una cover – “Dark Shadows” di Tarheel Slim – che classica lo è davvero, ma solo per gli intenditori del genere. E “per intenditori” il Nostro è proprio nel Paese che gli ha dato i natali, a dispetto della qualità delle sue canzoni, del suo carisma e degli attestati di stima ricevuti all'estero. Il titolo del nuovo disco lascia però trasparire positività, e allora perché remare contro? Attendiamo con fiducia il giorno di Luca Sapio, magari sperando che arrivi in fretta.

https://www.youtube.com/watch?v=q9A6zqwhVvQ
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Federico Guglielmi si occupa professionalmente di rock (e dintorni) dal 1979, con una particolare attenzione alla musica italiana. In curriculum, fra le altre cose, articoli per alcune decine di riviste specializzate e non, la conduzione di molti programmi radiofonici delle varie reti RAI e più di una ventina di libri, fra i quali le biografie ufficiali di Litfiba e Carmen Consoli. È stato fondatore e direttore del mensile "Velvet" e del trimestrale "Mucchio Extra", nonché caposervizio musica del "Mucchio Selvaggio". Attualmente coordina la sezione musica di AudioReview, scrive per "Blow Up" e "Classic Rock", lavora come autore/conduttore a Radio Rai e ha un blog su Wordpress, L’ultima Thule.
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