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Mostro unisce hip hop e Cinema ne La belva ma “la gente deve ancora capire che cosa è il rap”

Mostro è il protagonista della colonna sonora del film “La Belva” di Ludovico di Martino, dopo aver firmato l’omonimo brano pubblicato lo scorso 26 ottobre. Il rapper romano ha parlato anche del suo ultimo disco “Sinceramente Mostro”, pubblicato lo scorso 3 marzo e di come la quarantena ha condizionato la sua scrittura.
A cura di Vincenzo Nasto
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Dopo la pubblicazione di "Sinceramente Mostro" lo scorso 3 marzo, Mostro (Giorgio Ferrario all'anagrafe) ritorna con un brano per un progetto cinematografico. Lo scorso 26 ottobre è stato pubblicato "La Belva", title track presente nella colonna sonora dell'omonimo film di Ludovico Di Martino. Il brano racconta la storia di un uomo che attraverso sentimenti discordanti diventerà un vero nemico pubblico per amore, un'introduzione a ciò che poi mostrerà la pellicola. Il singolo prodotto da Enemies, è la prima occasione per Mostro di cimentarsi nella musica per film, un'occasione apparsa anche grazie al rapporto tra il cantante e il regista del film Ludovico Di Martino, un'amicizia che dura da anni.

Quali sono state le condizioni per cui è nata la tua partecipazione nel film di Ludovico di Martino?

Prima di tutto, è qualcosa che si avvicina al mio progetto musicale, l'intera storia. Poi, la colonna sonora era stata affidata ai miei produttori, quindi è stato naturale pensare alla mia partecipazione. Infine c'era la mia relazione con il regista, dal momento che siamo cresciuti assieme, per questo quando mi ha parlato del progetto, è stato facile poi legarlo a ciò che faccio io.

Qual è la differenza tra la belva del titolo e Giorgio?

Per la belva, si intende quella voce che ognuno ha dentro e che cerchiamo di non ascoltare, perché ci accorgiamo che più spesso di quanto pensiamo, ci dice la verità. Invece di annullarla, dovremmo preservarla perché ci dice ciò che siamo.

Cosa pensi del rapporto tra hip hop e cinema, un legame che negli ultimi anni sta diventando sempre più parte integrante del nostro tessuto culturale?

Partiamo semplicemente dal presupposto che l'hip hop è diventato il genere numero uno in Italia, riuscendo ad arrivare in un sacco di ambienti in cui prima non aveva fatto breccia. Un esempio dell'evoluzione è il film di Christopher Nolan "Tenet", con la colonna sonora composta da Travis Scott. Penso semplicemente che tutte le arti siano collegate, in particolare il rap e il cinema, accomunate dal legame della scrittura per immagini. Sono due modi diversi di raccontare la stessa cosa.

Lo storytelling in Italia è qualcosa che non ha attecchito molto il mercato musicale, anche con interpreti eccellenti come te, Murubutu, Rancore e Claver Gold. Quale credi sia stato il problema di esposizione nel mainstream?

Credo ancora che sia una questione culturale, la gente deve ancora capire che cosa è il rap. Non è una cosa che fa parte della nostra cultura, è un genere che abbiamo installato dall'estero. L'ascoltatore medio viene rapito dall'immaginario della trap, ma la mia musica ti costringe ad ascoltare meglio, non è musica che ascolti con leggerezza, devi essere in un determinato mood. Però ti dico che rispetto all'inizio, quando tutta la gente è stata attirata dal carrozzone della trap, dalla roba super colorata, le persone si sono accorte che quella musica è fine a se stessa e va a cercare qualcos'altro.

Passiamo al 3 marzo e all’uscita del tuo terzo album “Sinceramente Mostro”. Un periodo un po' particolare per la pubblicazione.

Ho scritto questo disco in un momento positivo della mia vita, anche grazie a "The Illest, vol.2" che mi aveva dato un buon successo. Il mood che avevo durante la scrittura era diverso, soprattutto contando che "Sinceramente mostro", avrebbe dovuto avere singoli in radio e un tour di quattro date in posti molto importanti. Il disco era diverso, ma adesso le condizioni sono cambiate di nuovo. Il momento mi ha portato a riflettere su quanto fosse rimasto incompiuto questo progetto, non ho più lo stesso mood di allora.

Ti sei pentito di averlo pubblicato?

Non mi sono pentito della pubblicazione. Ai tempi ancora non si sapeva quanto sarebbe durato la cosa, si pensava che si sarebbe risolto tutto in poco tempo, un paio di settimane. In tutto questo non amo scrivere e non pubblicare, penso che la mia roba, per me, invecchia di un anno ogni giorno se non viene pubblicata. L'abbiamo fatta uscire, senza fregarcene troppo delle vendite, ho messo la mia musica al primo posto e questo è quello che mi interessa.

Mi ha incuriosito la scelta di pubblicare "La città" come primo singolo dell'album, un brano inedito per melodie e ritmo.

Il primo singolo è stato un messaggio per i miei fan. Volevo dirgli che non avrei seguito la loro idea, ciò che si aspettavano sarebbe stato il disco o il primo singolo, anzi il contrario. Le dinamiche tra artista e fan sto cercando di capovolgerle, non solo io che seguo le loro aspettative, ma vorrei che loro seguissero le mie scelte inaspettate. Se io propongo qualcosa di diverso, vorrei lo approfondissero.

In un mercato discografico in cui le collaborazioni sono diventato il metro di valutazione per la bontà di un progetto musicale, tu scegli una sola collaborazione con Gemitaiz nel brano "Come Britney nel 2007". A cosa è dovuta questa scelta?

Non voglio peccare di presunzione, ma prima di chiedere la partecipazione ad un'artista, voglio essere sicuro che servi. Non mi va di chiedere il brano a qualcuno perché magari non riesco a scrivere la seconda strofa, soprattutto se non lo sento affine alla mia idea del brano.

Sei riuscito a scrivere in quarantena?

Qualcosa ho scritto, ma devo ammettere che mi sono dovuto riorganizzare. Non possiamo far finta di tornare in studio come se non fosse successo niente. Devo ammettere che in questo periodo sono tornato iperproduttivo, ma è stato difficile rimettermi di nuovo sulla strada giusta.

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