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Meg e Paola Turci: divergenze parallele

Due protagoniste della musica nazionale ritornano, assieme, con i loro nuovi dischi, fra (prevedibilissime) differenze e (inattese) analogie.
A cura di Federico Guglielmi
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Difficile immaginare percorsi più diversi di quelli di – in ordine alfabetico – Meg e Paola Turci. A parte le questioni anagrafiche, geografiche e di background, la prima è entrata prepotentemente nel mondo della musica affiancando Zulu nel ruolo di cantante di una band antagonista come i 99 Posse, è cresciuta nel circuito dell’hip hop e dei centri sociali, ha esordito a suo nome solo nel 2004 e vanta una discografia in proprio di appena tre titoli; la seconda, invece, è quasi un’habitué del Festival di Sanremo, si è affermata in campo mainstream e dal 1988 ha firmato un’abbondante quindicina di album che spaziano dal pop radiofonico alla canzone d’autore. Difficile immaginare carriere più diverse, si diceva. E, allora, perché mai una trattazione unica? Non sarà mica per la banale faccenda del sesso, o magari perché entrambe hanno deciso di pubblicare i loro nuovi lavori contemporaneamente, oggi, martedì 21 aprile 2015?

Ovviamente, anche i due dischi di cui sopra presentano un bel po’ di divergenze. “Imperfezione” di Meg è autoprodotto, “Io sono” è uscito per quella Warner che di Paola ha marchiato, nella seconda metà degli anni Novanta, numerosi successi. Il primo, con nove pezzi, è completamente inedito, mentre nel secondo dodici tracce su quindici sono riletture dal vecchio repertorio. Meg ha usato un'immagine di copertina policroma e vivacissima, Paola ha optato per bianco e nero e sobrietà. Però sia l’una che l’altra hanno selezionato come singoli apripista le title track, promuovendole con videoclip che a scene di vita casalinga – sempre diversissime, eh – alternano riprese all’aperto. Meg è andata addirittura nell’Islanda innevata, forse per ironizzare sul fatto che in tanti ne parlano (non a torto) come della nostra Björk, Paola si è orientata su una spiaggia del Salento, a Torre Lapillo; scelte che in qualche misura sono rivelatrici dell'indole delle artiste, o almeno del mood delle loro ultime prove. Il che non significa che “Imperfezione” tenda al glaciale e “Io sono” sprizzi di solarità: la faccenda è più sottile, di sfumature, ma se le location fossero state invertite qualche domanda ce la si sarebbe posta, mentre così tutto appare naturale, coerente.

I brani di Meg sono classificabili alla voce “elettronica”, ma tra i loro requisiti mancano per lo più l’ossessività e la cupezza che spesso caratterizzano il genere; in media lunghi, vivono di sonorità tenui, di una leggerezza che non ha nulla a che vedere con la scarsa profondità, di arie avvolgenti che profumano di armonia e accompagnano il volteggiare di una voce inafferrabile ma aggraziata e magnetica. Nonostante la maggiore propensione alle trame dilatate e ad arrangiamenti nel complesso più bilanciati e puliti, chi già conosce “Meg” (2004) e “Psychodelice” (2008) non si stupirà più di tanto, ma rimarrà certo incuriosito e affascinato dal progressivo svolgersi dell’affresco pop della compositrice e performer napoletana, contraddistinto da testi spontanei ed “emotivi” non privi di risvolti visionari. Al contrario, “Io sono” – prodotto da Federico Dragogna dei Ministri – segna uno stacco rispetto al classico stile di Paola Turci, come evidenziato principalmente dalle rivisitazioni in chiave elettronica, all'insegna delle rarefazioni, della lentezza e di essenziali tappeti di tastiere “lunghe” – di classici come “Attraversami il cuore”, “Stato di calma apparente”, “Bambini", “Volo così” "Ringrazio Dio” o “Mani giunte”. La scaletta non accantona interamente le strutture elettroacustiche, ma è indubbio che le metamorfosi ipnotico-intimiste di vari episodi famosi, al di là del fatto che talune siano molto riuscite e altre meno, costituiscano la prima attrattiva del disco, assieme ai tre inediti nel complesso più convenzionali e “radiofonici” (a partire dalla traccia omonima scritta da Francesco Bianconi e Kaballà).

Due maniere di accostare pop ed elettronica, quindi, tanto differenti da potersi definire complementari. Chissà se Meg ascolterà l’album di Paola e Paola quello di Meg e, nel caso, cosa penseranno l‘una dell’altra.

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Federico Guglielmi si occupa professionalmente di rock (e dintorni) dal 1979, con una particolare attenzione alla musica italiana. In curriculum, fra le altre cose, articoli per alcune decine di riviste specializzate e non, la conduzione di molti programmi radiofonici delle varie reti RAI e più di una ventina di libri, fra i quali le biografie ufficiali di Litfiba e Carmen Consoli. È stato fondatore e direttore del mensile "Velvet" e del trimestrale "Mucchio Extra", nonché caposervizio musica del "Mucchio Selvaggio". Attualmente coordina la sezione musica di AudioReview, scrive per "Blow Up" e "Classic Rock", lavora come autore/conduttore a Radio Rai e ha un blog su Wordpress, L’ultima Thule.
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