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Marco Mengoni spiega Materia (Pelle): “Sono italiano al 35%, proprio come questo disco”

Si chiama Materia (Pelle) l’ultimo album di Marco Mengoni uscito oggi. Un album di contaminazioni, sia musicale che testuale.
A cura di Francesco Raiola
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Marco Mengoni (foto di Alessio Boni)
Marco Mengoni (foto di Alessio Boni)

Le riflessioni sulle maschere bianche e la pelle nera di Franz Fanon da una parte e il pop e la storia di Britney Spears dall'altra sono forse gli estremi dei riferimenti culturali (con Pablo Neruda nel centro) che fanno da sostrato all'ultimo album di Marco Mengoni, "Materia (Pelle)". Il cantautore torna con un nuovo capitolo del suo progetto in più fasi, che questa volta parte da un'idea di sincretismo, di unione, di mescolanza, un tema a lui caro ma che prende ancora più forza nel suono dell'album e neri suoi contenuti. Un album che ha questa impronta nel DNA, anch'esso parola chiave di quest'album, come lo stesso Mengoni – appena partito col suo tour nei Palazzetti, in cui ha annunciato quello negli stadi dell'estate prossima – ha spiegato ai giornalisti

"L'aver fatto il test del DNA è stato veramente molto interessante, soprattutto scoprire nel tuo DNA quante etnie ci sono, in che percentuale, e ho scoperto che sono solo per il 35% italiano" ha detto Mengoni, a sottolineare quanto l'idea di purezza sia un po' sopravvalutato. "È pochissimo, immaginavo molto di più. Il resto, ovviamente, è composto da tantissime altre etnie. Perché vi sto dicendo questa cosa? Perché è andato di pari passo con la scrittura del disco. Questo secondo disco voleva essere italiano al 35% e il restante preso da ovunque, da culture musicali diverse dalle mie o da quelle che ho studiato o che abbiamo studiato".

Il pezzo che maggiormente dà l'idea di questa cosa è "Unatoka Wapi" che significa "Da dove vieni?", un brano che è l'emblema della contaminazione, ma che nella realizzazione ha anche spiegato all'autore la difficoltà di maneggiare un argomento come questo, che rischia di trarci in errore: "È un brano co-prodotto da Cristiano Crisci ed è stato il pezzo sicuramente che ha avuto più contaminazione e che è stato studiato tantissimo. Cristiano ci ha aiutato molto perché all'inizio l'arrangiamento era stato fatto un po' a stomaco. Avevamo messo una ritmica che ci piaceva, poi è arrivato lui che ovviamente è molto più scientifico e ha studiato tantissimo la ritmica africana e ci ha spiegato che c'era un problema etico, perché il titolo è in swahili, ma la ritmica originariamente è zulu, quindi abbiamo riarrangiato tutto il pezzo. È stato bello arricchirsi di tutto questo, di una cosa che non ci si conosceva, che è un po il fulcro anche del disco, il fatto comunque di conoscere la diversità e di farsi attraversare o di attraversare la diversità per arricchirsi".

Marco Mengoni (Andrea Bianchera)
Marco Mengoni (Andrea Bianchera)

Mengoni è partito dallo studioso francese di origine martinicane Frantz Fanon, padre del movimento terzomondista per la decolonizzazione, autore di caposaldi come "I dannati della terra" e "Pelle nera, maschere bianche": "Siamo partiti sicuramente dallo scambiarci delle letture su Frantz Fanon, che è uno psichiatra antropologo che ha aperto la psichiatria del dialogo che è mettere al centro la dignità della persona e ci siamo immaginati tutto questo viaggio in questo pezzo, parlando di incontri e attraversamenti". E a proposito di incontrarsi, Mengoni cita "Attraverso te, canzone in cui c'è stato un incontro reale di scrittura, con un duo italiano, La rappresentante di Lista, Veronica e Dario con i quali mi sono trovato benissimo. Sono ancora più convinto che l'incontro fra persone che vengono da mondi diversi sia un arricchimento. Quindi l'attraversarsi è una delle più incredibili che abbiamo fra noi esseri umani".

Mengoni ha ribadito, quindi, l'importanza dell'immergersi in una cultura diversa dalla nostra, dell'attraversare un'altra persona e cercare di capire cosa vuol dire conoscere veramente: "Mi piace dire ‘attraverso te', cioè attraverso l'altro, perché è proprio come se io ti attraversassi e prendessi da te un qualcosa, arricchendomi. In un'epoca come questa, quindi, per forza batto i pugni sul tavolo e dico ancora di più: ‘Attraversiamoci, comprendiamoci perché comunque, nel conoscere l'altro e nel conoscere un qualcosa di distante anche da noi può essere solo una cosa positiva, un arricchimento di noi stessi, della nostra anima, della nostra cultura, del nostro essere". Per questo Pelle assume un significato ancora maggiore, perché spesso è attraverso la pelle che conosciamo, che percepiamo: "Toccando un'altra persona capisco tantissime cose e in più la tua pelle mi fa capire quanta storia c'è, solo guardando le cicatrici le rughe, le occhiaie, pure, la stanchezza, mi fa capire che persona unica sei tu e che sicuramente che persona unica sono io".

L'album parte da un pugno di pezzi che avevano questa idea principale e poi si riempie di suggestioni e di altre canzoni che hanno preso quella direzione. Ancora una volta, poi, Mengoni usa una serie di personaggi come ispirazione, come in passato era successo con Mohammed Ali, Frida Kahlo, Amalia Rodrigues, stavolta tocca, appunto a Fanon, Pablo Neruda e Britney Spears: "La mia generazione ha vissuto Britney Spears, tutta la sua vicenda, e io penso che la libertà sia per tutti: non si va verso un mondo di chiusura e di censura, si va verso un mondo di libertà". Ma tra i padri putativi o i fratelli maggiori c'è anche Samuele Bersani che collabora con lui in "Ancora una volta", pezzo di chiusura dell'album digitale: "Samuele lo amo, è un artista che amo follemente, secondo me ha scritto dei pezzi incredibili, forse uno dei pezzi più belli della storia del mondo è un pezzo di Bersani. Abbiamo cantato insieme per la prima volta sul palco all'Auditorium a Roma, circa otto anni fa, e da lì è nato un bel rapporto d'amicizia. Gli avevo chiesto solamente un giudizio su questo pezzo, perché è un pezzo molto intimo che ho scritto insieme a Fabio e lui mi ha detto ‘Io voglio esserci'e io gli ho risposto ‘Va bene, se mi vuoi fare questo regalo…"

A chiudere la versione fisica dell'album, invece, c'è "Caro amore lontanissimo", una canzone inedita di Segio Endrigo che la figlia ha proposto al cantautore: "Facciamo un salto un attimo nel 1973, quando è stato scritto questo pazzesco di Sergio Endrigo. Vi dicevo che il 35% di questo disco è italiano, e chi più di lui può riempire quel 35% di italianità del disco? È un pezzo inedito che è stato tirato fuori dal cassetto dalla figlia, Claudia, che mi ha detto ‘Fai un provino, vedi se ti piace o no'. Quando l'ho cantato la prima volta ho pianto come un bambino, è un pezzo scritto veramente in anni completamente diversi dai nostri, c'è un metodo di scrittura che appartiene a quegli anni lì, però mi ricorda un po' quei versi come "Il nostro concerto" di Umberto Bindi, quei pezzi larghi, ariosi. Lo abbiamo fatto con un'orchestra in presa diretta e fa parte della colonna sonora di un film che uscirà il 14 ottobre, si chiama "Il Colibrì", tratto dal libro omonimo di Sandro Veronesi che apre la Mostra del Cinema di Roma il 13 ottobre ed esce nelle sale il 14. Caro amore lontanissimo è la canzone che chiude il film prima dei titoli di coda".

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