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Marco Masini: “Ho resistito 30 anni senza vittimismo, senza mai dare colpe agli altri”

Nel 1990 Marco Masini pubblicò il suo primo album omonimo. Un lavoro che da subito lo consacrò tra gli idoli dei ragazzi di quel periodo e in breve tempo nel gotha della musica italiana. Sono passati 30 anni che il cantante ha voluto festeggiare con un album di duetti in cui raccoglie alcuni dei suoi maggiori successi, reinterpretati con altrettanti colleghi.
A cura di Francesco Raiola
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Marco Masini (ph Luisa Carcavale)
Marco Masini (ph Luisa Carcavale)

Nel 1990 Marco Masini pubblicò il suo primo album omonimo. Un lavoro che da subito lo consacrò tra gli idoli dei ragazzi di quel periodo e in breve tempo nel gotha della musica italiana. Un album, quello, che conteneva già quelli che sarebbero diventati successi che si sarebbe portato appresso per 30 anni, da "Disperato" a "Ci vorrebbe il mare", ma per i fan del cantante toscano ci sono anche tante chicche, da "Vai con lui" a "Caro babbo". Il Festival di Sanremo, dove ha portato "Il confronto", è stata l'occasione per festeggiare questi 30 anni che sono stati caratterizzati anche dall'uscita di un album speciale che lo vede duettare con alcuni colleghi e amici nei suoi pezzi più famosi. L'ultimo singolo uscito è "T'innamorerai", cantato assieme a Francesco Renga, ma con lui hanno duettato Jovanotti, Giuliano Sangiorgi, Giusy Ferreri, Eros Ramazzotti, Ambra Angiolini, Ermal Meta, Gigi D'Alessio.

Marco, ricordi come nacque T'innamorerai? 

T'innamorerai erano cinque note che trovammo io e Giancarlo Bigazzi. Pensavamo di dedicarla a qualcuno, sicuramente a un amore adolescenziale, perché l'aria era quella e l'argomentazione, su per giù, già ce l'aveva evocata questa atmosfera musicale e questa melodia così ripetitiva e continua, cambiando soltanto l'armonia, saltando di tonalità, tornando giù e tornando su. Avevamo pensato, quindi, di dedicarlo a una ragazza che in un certo senso andava a cercare l'amore ma non lo cercava in me. Inizialmente aveva anche un titolo diverso e poi nell'inciso arrivava  il "T'innamorerai di me, ma non sarò io con te" e prese definitivamente una strada precisa e cambiò anche il titolo. Comunque era sempre una rappresentazione di un amore adolescenziale e in quegli ani ne rappresentavo molto di amori adolescenziali che facevano parte di un mondo condizionato dalla società

In effetti la prima canzone del tuo primo album è "Vai con lui", a proposito di amori complessi difficili. Avevi idee precise sul racconto fin dall'inizio?

Sì, erano tutti testi molto chiari, dove si esprimeva un concetto chiaro senza troppe metafore, andavamo dritti al centro del problema. Ricordo che la nostra volontà era quella di esporre in maniera precisa, dettagliata, la storia, perché a quei tempi le canzoni avevano una sorta di autonomia lunga, anche a livello di stesura, realizzazione, potevamo scrivere quello che volevamo. Una canzone poteva anche durare 5 minuti, avevamo tutto il tempo per raccontare e a quei tempi si raccontavano molte storie e si raccontava anche lo stato d'animo di tutte e due le parti, sia di chi lasciava che di chi veniva lasciato. Avevamo più possibilità per spiegare la canzone non solo nel concetto stesso dell'argomento, ma anche a livello emozionale, esistenziale e sociale.

Come hai scelto le collaborazioni? In quanti ti hanno chiesto di cantare la stessa canzone e come l'hai risolta la cosa?

No, devo dire la verità, non è successo così, molti di loro li conosco da una vita, alcuni da 30 anni: con Eros, per esempio, siamo amici da 32 anni, dagli anni '80 perché ero il tastierista di Raf, e ci incontravamo in tour, e tra l'altro causalmente il tastierista di Eros era Roberto Rossi, direttore artistico della Sony che quindi adesso è il mio direttore artistico, a dimostrazione che in questo settore il mondo è veramente piccolo. La stessa cosa con Giuliano Sangiorgi, siamo amici da tanto tempo, così come con Lorenzo Jovanotti, dall'inizio degli anni '90, quindi le canzoni si sono scelte un po' da sole, ci sono stati degli episodi durante questi anni che hanno legato me a un amico/collega ed è successo perché abbiamo sempre parlato.

In che senso?

Con Eros spesso parlavamo delle nostre prima canzoni, quindi "Disperato" si è scelta da sola, con Giuliano ci ritrovammo al compleanno di Francesco Nuti, che già non stava bene e noi, che siamo suoi fan e amici, ci ritrovammo quel giorno in un locale a Firenze, ci chiesero di cantare un pezzo insieme e lui da buon salentino, innamorato del mare mi disse "Facciamo ‘Ci vorrebbe il mare'", e come la facemmo lì l'abbiamo riportata nel disco, chiaramente con delle aggiunte, ma come stesura del brano e divisione delle parti è come la facemmo all'epoca. Stessa cosa è successa con Ambra Angiolini: il suo primo concerto è stato il mio a Roma, lei era una ragazzina di 13/14 anni, che veniva al concerto con la fascettina con su scritto "Marco ti vorrei", quindi con lei abbiamo fatto "Ti vorrei", stesso discorso per Fabrizio Moro, che è sempre stato innamorato di "Tu non esisti" da quando la cantai in una trasmissione, la sentì e mi disse ‘Come vorrei averla scritta io'. Idem per Lorenzo Jovanotti che è stato il primo, nel 2004, a scrivermi quando sentì "L'uomo volante" che considera una delle più belle canzoni che ho scritto e m'ha sempre detto che se avessi fatto un duetto con quella canzone l'avrebbe voluta fare lui, mi ha anche scritto una dedica particolare, non si è limitato a fare una strofa o un inciso, ma ha scritto una cosa dedicata a me e all'Uomo volante. Giusy Ferreri ha voluto cantare "Spostato di un secondo" perché l'aveva sentita a Sanremo e fu la prima a complimentarsi e a gradire la canzone

Mi stai dicendo che per ognuno di questi duetti esiste un aneddoto?

Sono nate tutte così le cose, vale per tutti. Solo con Rita Bellanza è diverso perché è un inedito: lei è una grande artista e una grande voce e secondo me merita di avere un po' di spazio e merita di fare un bel percorso. Dopo averci raccontato un po' la storia della sua vita, abbiamo deciso di scrivere una canzone per lei e di interpretarla insieme, quindi non c'è stata una selezione d'ufficio per quanto riguarda questo progetto, ma è nato in maniera naturale, grazie a questi 30 anni che mi hanno legato a questi amici in maniera naturale, sincera, vera.

"Sei stato importante e in un lampo nessuno" riassume un po' la tua carriera. Hai avuto tanti su e giù, come si resiste 30 anni, come si sopravvive a questo mondo che cambia continuamente?

Guarda, ho sempre creduto in una cosa sola: il lavoro, che non solo nobilita l'uomo, ma lo salva, credo nello spirito di sacrificio, nella volontà di accettare sempre una sfida, nel senso che quando arrivi a raggiungere un traguardo, poi devi raggiungerne un altro. Credo che bisogna evitare il vittimismo, è sbagliato attribuire tutte le colpe agli altri, è una visione sbagliata della vita, secondo me il nemico più grande che devi fermare sei tu, quindi devi fare un lavoro su te stesso, trovare una strada giusta per poter ritrovare quella integrazione sociale con serenità e tranquillità, senza mai farsi prendere dal panico, farsi rapire da certe convinzioni sbagliate e senza mai fare incubi la notte, cercando di essere il più lucido e freddo possibile.

È mai successo che hai scritto qualcosa esclusivamente con l'idea di arrivare a un pubblico giovane solo per seguire un trend e poi te ne sei pentito?

Guarda al pubblico più giovane non si arriva con un certo tipo di sound, per forza con un pezzo distorto nella masterizzazione o un uso distorto dell'elettronica, io penso che si arrivi con l'emozione sempre, perché i giovani sono esseri umani, non sono dei robot. Tanti artisti, da Adele a Ed Sheeran, hanno dimostrato che anche se fai la canzone di cuore, piano e voce, il giovane viene rapito da un'emozione che si basa su una melodia, una scrittura. Credo che sia importante vestire le cose di un certo tipo di ingredienti, che sono basilari per la divulgazione radiofonica, altrimenti finisce che te lo scrivi, suoni e distribuisci da solo, quindi è importante una visione più ampia, un adattamento a quello che è il tempo, un parametro d'ascolto ognuno ha il dovere di farlo, però l'emozione è la prima cosa da prendere in considerazione, assieme a una durata che non superi una certa soglia.

Hai mai pensato che "Il confronto" sia arrivato un po' troppo giù in classifica a Sanremo rispetto alle tue aspettative?

Non sono stato molto a guardare le classifiche, non può vincere o arrivare tra i primi 3 un cantautore che ha 30 anni di carriera alle spalle, ci sono delle regole in questo, imposte dal tempo e dall'esistenza, deve per forza andare avanti un giovane. Se non riuscisse a battere un vecchietto di 56 anni vuol dire che la musica non avrebbe altri argomenti, invece è in continua evoluzione. Io ho portato i miei 30 anni di musica in gara, ma senza troppe pretese di battere i ragazzi. Confrontare due tempi, anche se uno si adatta, è un confronto sbagliato, quello che mi ha dato soddisfazione è quanto successo immediatamente dopo: è uscito il disco, è andato quarto in classifica, ha resistito nei 10, è sceso poi è ritornato su, quindi un apprezzamento del progetto c'è stato. Ma Sanremo è sempre stato così, con un percorso che prescinde dalla classifica.

Insomma, ti ritieni soddisfatto…

Io sì, diciamo che il grande disastro dell'epidemia la sconta chi ha puntato a Sanremo come trampolino, ti parlo di Diodato, per esempio, e di tanti artisti giovani che hanno avuto un bell'impatto sul festival, hanno scritto cose belle, interessanti, e avrebbero avuto l'occasione per promuoverle un anno intero. Mi spiace tantissimo per gli artisti giovani che non hanno avuto la possibilità di dare una continuità, un senso al prodotto che hanno fatto, perché dopo due settimane ci hanno chiuso tutti in casa. Per chi ha le spalle più coperte, come me, questo diventa un anno sabbatico, di passaggio, ma per chi ha perso un'occasione di questo genere mi dispiace moltissimo.

Che effetto ti fa cantare cose di quando avevi 20 anni?

È un po' come il babbo che vede crescere il figlio, non è che si spaventa se il figlio di punto in bianco ha la barba lunga, nel senso che si abitua, e noti che alcune canzoni – che sono figlie del tempo – quando le reinterpreti, riarrangi, invecchiano bene, altre meno, sempre per un discorso di scrittura, metodologia, metrica, melodia. Molte cose le puoi adattare anche al mondo che stai vivendo, però sostanzialmente sono figlie del tempo, appartengono al momento, fotografano quella situazione, quei tuoi momenti storici, e credo che possano rimanere altrimenti non esisterebbero gli evergreen.

"Bella stronza" è stata tirata in ballo durante Sanremo per la sua strofa finale. Hai detto che canzoni sono figlie del tempo, ma oggi quella canzone la scriveresti esattamente così?

"Bella stronza" si scrive quando hai 25/26 anni, quando ti incazzi, oggi a 56 anni non mi incazzo, cerco di vedere la vita in maniera diversa, faccio confronti, mi metto in discussione, posso fare delle riflessioni, ma sarebbe scoraggiante pensare di aver vissuto 56 anni senza avere imparato qualcosa dalla vita, non dico la saggezza, ma mi metto sempre in discussione. E se pensassi di scrivere ancora canzoni che abbiano un senso di rabbia, così forte, nei confronti di un amore, a 56 anni, vorrebbe dire che non ho imparato niente. Oggi non la scriverei "Bella stronza", ma sono contento di averla scritta quando avevo 29 anni. Oggi devi scrivere le canzoni da uomo adulto, quello che sei tu e cercare di parlare alla donna in maniera diversa.

Quindi quella famosa frase che ti hanno contestato la difendi?

Ma certo, le canzoni sono figlie del tempo, tutto ciò che hai fatto va difeso altrimenti rinneghi un percorso. Credo che anche "Bella stronza" mi abbia portato qui a parlare, a poter fare un progetto per i 30 anni, tutto ciò che hai fatto, soprattutto gli errori. Quella canzone non è un errore, ma un grande pezzo che sono riuscito a scrivere con Giancarlo Bigazzi e sono contento che in tanti l'abbiano cantata, così come "Vaffanculo", "Ci vorrebbe il mare", "Disperato" e "T'innamorerai". Quello che dico è che ogni canzone è figlia del tempo e oggi non ci si può mettere a giudicare una canzone che appartiene al 1995 o al 1990, se no bisognerebbe giudicare "Malafemmena", "Bella senz'anima" e tutta una serie di cose che appartengono a un momento storico di quell'artista che aveva bisogno di scrivere quella determinata cosa in quel momento. Oggi o domani sentirò il bisogno di scrivere una canzone per o contro qualcos'altro, ma senza dubbio con un senso di responsabilità diversa rispetto a quando hai 29 anni.

Senti, saltando di palo in frasca: ascolti ancora musica techno?

Adoro la musica techno, adoro il rap, le sonorità di oggi. In questo momento ascolto Post Malone a tutta forza, ma anche per una questione di deformazione professionale: sentire le nuove produzioni dà tanto stimolo per andare avanti. Credo che sia la cosa migliore. L'elettronica, lo dico e lo confermo, è stata la mia base di partenza, sono partito con Emerson, il Moog e tutte le sperimentazioni che con gli Emerson, Lake & Palmer ci regalano negli anni 70 fino ad arrivare ai Genesis. Se ascolti le mie prime produzioni, i primi pad che senti sotto al mia voce, sono prettamente philcollinsiani, sono precisi e riferirti alla fine degli anni 80, per dirti quanto l'elettronica sia una cosa che mi appassiona. Tra l'altro ho uno studietto in cui con una serie di programmi audio vado sempre a rifornire la mia libreria e divertirmi, perché quella è stata la mia prima soddisfazione, il mio primo affetto e non è che perché adesso faccio il cantautore mi sento in grado di relegarlo solo al passato. Il modo migliore per imparare è sempre ascoltare, con una finestra aperta su passato, presente e futuro in modo che tu possa fare le tue analisi e migliorarti sempre di più

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