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Manupuma, da globetrotter a Nucleare con Arisa: “Per creare musica bisogna sognare”

ManuPuma è una cantautrice che dopo anni di pellegrinaggio in giro per il mondo ha deciso di tornare in Italia. In questi giorni è protagonista assieme ad Arisa di “Nucleare”, canzone scritta da lei e interpretata assieme alla cantante lucana che fa parte del suo nuovo lavoro, ma hanno voluto usare per un evento benefico.
A cura di Francesco Raiola
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ManuPuma è una cantautrice che dopo anni di pellegrinaggio in giro per il mondo ha deciso di tornare in Italia. In questi giorni è protagonista assieme ad Arisa di "Nucleare", canzone scritta da lei e interpretata assieme alla cantante lucana che fa parte del suo nuovo lavoro, ma hanno voluto usare per un evento benefico. I proventi del brano, infatti, andranno completamente al Progetto Maternità Covid-19 della Fondazione Francesca Rava N.P.H. Italia Onlus che con questa iniziativa ha deciso di allestire nei Reparti di Maternità di alcuni ospedali italiani, percorsi ad hoc per le mamme affette e non da Covid-19, affinchè possano affrontare il parto in totale sicurezza per se stesse e per i loro bambini.

Ciao Emanuela, partirei subito dal brano, scritto prima di qualunque pandemia.

"Nucleare" è un brano che è stato abbozzato sui miei quaderni da parecchio tempo, poi è rimasto sempre nel cassetto come un pensiero privato, un sentire interiore. L'ho scritto con Michele Ranauro, un pianista incredibile che vi consiglio di seguire: insieme abbiamo scritto anche le canzoni del mio primo e secondo album, prodotto da Taketo Gohara, intitolato "Cuore leggero" da cui, lo scorso dicembre, è stato estratto il primo singolo “Petra”. L'arrivo del Covid-19, però, ha scombussolato un po' i programmi ma spero di far uscire il mio album al più presto.

Però hai deciso di far uscire comunque Nucleare, visto anche lo scopo benefico…

Mentre ero in studio a registrare questo ultimo progetto ho inciso Nucleare, piano e voce, in modo definitivo, poi verso dicembre ci siamo incontrate con Rosalba (Arisa, ndr), erano un po' di anni che non ci vedevamo, mentre lei andava avanti con la sua carriera io mi sono chiusa in studio per per iniziare il mio secondo album. Ci siamo risentite, le ho mandato il mio disco e lei si è innamorata di “Nucleare", così siamo andate in studio a incidere questo brano con la sua voce e altri brani che ho scritto per farglieli cantare. Poi è arrivato il Covid, tutto il mondo chiuso in casa, io continuavo ad ascoltare il brano, leggevo articoli, ascoltavo i Tg, ma un articolo mi colpì particolarmente: in America uno degli album più ascoltati era di Bob Dylan, in particolare le canzoni più tristi, quelle legate alla guerra del Vietnam, e mi ha fatto riflettere sul fatto che forse la gente, in momenti così paurosi e spaventosi, è alla ricerca anche di canzoni con un contenuto diverso. A quel punto ho chiamato al volo Rosalba, e lei ha avuto questa idea meravigliosa bellissima di farla sentire alla fondazione Francesca Rava, che casualmente in quel quel momento stava facendo partire un progetto per proteggere le mamme in attesa di partorire in periodo di Covid, da qui l'esigenza di costruire corsie e percorsi speciali per farle partorire in tutta sicurezza: abbiamo donato la canzone per questo progetto molto importante, e l'acquisto del brano verrà interamente devoluto a questo progetto.

Di cosa parla la canzone?

"Nucleare" è una canzone morbida, ma le sue parole urlano, dobbiamo capire quanto ognuno di noi sia davvero addormentato. Non ci stiamo rendendo conto che siamo ospiti su questo pianeta, siamo talmente tutti presi a essere connessi a ogni ora del giorno con tutti, che potremmo camminare e neanche accorgerci di essere rimasti senza scarpe, ci perdiamo per poco, per pochissimo, ecco perché la speranza sono i bambini, nuova vita che arriva su questo pianeta, sono gemme delicatissime e le mamme il loro stelo, e penso che noi adulti abbiamo bisogno di ritrovare più spiritualità, più connessione, più empatia tra noi e la natura, il dio interiore che ognuno di noi ha dentro, che non fa parte di nessun credo religioso, ma di qualche cosa di più grande di noi che dovremmo incominciare a sentire con il cuore e non con la testa.

Ci racconti la tua amicizia con Arisa?

Rosalba è una donna e una cantante speciale, è molto intuitiva e intelligente, sensibile, e soprattutto generosa, ha deciso di cantare assieme a me, e questo è un gesto di affetto e generosità che non dimenticherò mai. La sua voce è unica, la riconosci tra mille, c'è un suo modo di farla vibrare che tocca l'anima, in studio è stato emozionate sentirla cantare, e sentire che le parole prendevano il volo grazie al suo modo di sentire la musica e di interpretare. In più scrive anche bene oltre a suonare: pochi giorni fa ero da lei, mi ha suonato un pezzo al pianoforte in napoletano, scritto da lei, e le ho chiesto di suonarmelo più volte, era meraviglioso. Penso che sia in un momento evolutivo, bello e così c'è venuto spontaneo aiutarci, sostenerci, la stimo molto, bisognerebbe creare più sorellanza e meno competizione, la gente corre e prende e poi quasi sempre è infelice.

La tua storia anche è molto ampia e fatta di tante strade, giusto?

Viaggio da quando sono molto piccola, il mio primo viaggio da sola è stato quando avevo 8 anni, da quel momento non ho più smesso. Ho girato il mondo dopo il liceo artistico, poi mentre frequentavo l'accademia di Brera, invece di stare in aula spesso stavo su gli scaloni a cantare blues inventato. Insomma cantavo, ballavo, e così mi è venuto in modo naturale entrare a far parte di una compagnia teatrale, Anima nera, nella quale sono stata per diversi anni, ma la mia voglia di cantare era tanta, la mia voce usciva e sentivo che arrivava alle persone, ma io sono una persona insicura, e quindi sono andata a cercare per approfondire e a quel punto ho incontrato la mia prima vera insegnante che mi ha formata, Naira Gonzalez, con lei ho fatto anni di lavoro, sopratutto sulla voce, ho imparato molte tecniche, ho imparato anche a costruirmi i costumi di scena, le scenografie. Ho recitato per strada, nei circhi, nelle chiese sconsacrate, sui palchi normali, poi la morte del mio papà mi ha spinto di nuovo a partire, ho vissuto a Los Angeles per un po', vendevo oggetti sulla spiaggia e la sera mi buttavo in jam nei locali, per strada, e ti confronti con chi è molto più bravo di te, con chi lo è meno. È stato lì che ho imparato il significato dell'umiltà, la gavetta, perché non si finisce mai di imparare e di lavorare sulla voce, poi dipende da che percorso si vuole intraprendere, sono un essere molto libero, e spesso mi sento in trappola anche quando non lo sono.

A un certo punto, però, hai deciso di tornare in Italia, come mai?

Sono tornata a Milano perché volevo stare vicino a mia mamma e a mia sorella. Ho iniziato per caso a creare jingle originali per gli spot e poi è diventato un lavoro che mi ha mantenuta per tanti anni. Lo facevo con Michele Ranauro e altri musicisti che man mano si univano alle produzioni, poi io scrivevo tanto, e avevo quaderni pieni di mei viaggi, dolori, incontri, persone, racconti, esperienze personali. Sempre con Michele abbiamo scritto tante tantissime canzoni che sono arrivate a una grossa etichetta che ha deciso di far uscire il nostro primo album: di quel periodo, era il 2014, ricordo con grande amore il video di “Ladruncoli” – canzone che secondo me rimane sempre attuale -, l'amore che va verso tutti gli amici e le persone che hanno partecipato al video spontaneamente, e poi il video di “Charleston” dove c'è la mia famiglia vera che si è messa in gioco per me nel video.

E ora c'è un nuovo album in prospettiva…

Sì, adesso finalmente sono pronta a tornare con un disco che sento davvero tutto mio, Taketo Gohara è stato bravissimo, mi ha capita, io mi sono fidata completamente di lui, è stato meraviglioso il processo lavorativo, ho conosciuto persone meravigliose che mi rimarranno nel cuore: comunque vada, comunque andrà, per creare musica qualsiasi musica, bisogna sognare.

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