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L’importanza di Pino Daniele per un trentenne come me

Avevo undici anni, o forse dieci, quando prendevo una vecchia racchetta di mio padre e fingevo di suonare la chitarra, proprio come Pino. Poi scoprii la discografia completa in vinile di mio padre, e si aprì un mondo.
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Sono affranto. Avevo undici anni, o forse dieci, quando prendevo una vecchia racchetta di mio padre, seduto sul divano del soggiorno dove avevamo il vecchio hi-fi, che oggi è nella mia stanza, e fingevo di suonare la chitarra sulle note di "Fatte na pizza", da una musicassetta che mi aveva fatto mio zio, che lavorava alla Luxor Radio alla Galleria Umberto di Napoli, a due passi dalla Ricordi. C'era "Che Dio ti benedica" in quella musicassetta.

Vedendomi fingere di suonare e suonare e suonare, mio padre mi fece così la prima delle sue più grandi sorprese: "Ma tu non lo sai che tengo tutta la discografia in vinile di Pino Daniele?". "Tu che stai dicendo?". Undici anni, ragazzi. Undici anni. E scoprivo che oltre a "Two pisces in alto mare" c'erano robe come "Toledo", che oltre a "T'aggià vede morta" c'era "Ce sta chi ce penza", "Tutta n'ata storia", "Tarumbò" con tutto lo sfizio di andarmi a leggere le definizioni a margine per capire la "parlèsia".

Rimasi colpito dalla cura delle copertine. Che fascino e che umorismo in quel secondo disco omonimo, che io mi ostino ancora a chiamarlo "Ore 8.00", che mostrava la cronologia degli eventi del mattino, davanti ad uno specchio del bagno. Pino era protagonista in un quadrante di azioni. Alle "Ore 8.00" appunto, si specchiava, "Ore 08:03" passa la schiuma da barba, "Ore 08:04" inizia a radersi. La sequenza si chiude alle "Ore 08:00" del giorno successivo, Pino si guarda la guancia su cui ha posto un cerotto. Con gli occhi di un ragazzino, era meglio di una striscia di Lupo Alberto.

La seconda sorpresa papà me la fece due, tre anni più tardi, quando si presentò con una chitarra classica a casa, una Eko, per quello che sarebbe poi stato il primo dei miei talenti sprecati. Ma "Che soddisfazione" a suonare Pino Daniele seriamente. Seriamente, mo' non esageriamo, ma vuoi mettere il suono di una corda di chitarra rispetto a quella di una vecchia racchetta da tennis?

E quante storie che potrei ancora raccontarvi legate a Pino (e sono sicuro di sentirne altrettante da tantissimi fan come me, legati a lui), come quella di un ultimo grande concerto vissuto giusto un anno fa, al Palapartenope, con tutta la famiglia. Con mio padre, grandissimo, mia madre e Gemma. Speravo di vederlo ancora, volevo tramandare il patrimonio a mio figlio e credevo di poterlo fare con Pinuccio ancora in vita, me lo immaginavo come un gigante B.B. King, un monumento alla Compay Segundo, per capirci. Peccato.

Mannaggia la morte, mannaggia.

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