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Jovanotti: “I miei esordi? Imbarazzo ma non vergogna, non li cancellerei mai”

Il quattordicesimo album di Jovanotti sarà “Oh, vita!” e il cantante lo racconta per la prima volta in un’intervista data a Vanity Fair in cui parla dei suoi esordi, della musica ma anche di Berlusconi, Weinstein e del brigatista e amico d’infanzia Casimirri.
A cura di Redazione Music
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Jovanotti sulla copertina di Vanity Fair (particolare)
Jovanotti sulla copertina di Vanity Fair (particolare)

Tra poco meno di un mese, l'1 dicembre, uscirà "Oh, vita!" – con virgola e punto esclamativo – il nuovo, quattordicesimo, album di Jovanotti, che arriva a quasi trent'anni da "Jovanotti For President", primo album (uscì nel 1988) di quello che sarebbe diventato uno dei grandi artisti del pop italiano contemporaneo. Eppure ce ne ha messa di strada Lorenzo Cherubini per scrollarsi di dosso le cattiverie e le critiche feroci che hanno costellato i suoi esordi, quelli un po' cazzoni per cui, oggi, prova un po' di imbarazzo, ma non vergogna, quella mai sottolinea nell'intervista che farà la cover del prossimo numero di Vanity Fair, con cui parla per la prima volta del suo nuovo lavoro.

Le critiche degli esordi

Ripercorrendo proprio quelle critiche che lo colpirono quando cominciò ad avvicinarsi al mondo della musica, ragazzo e scanzonato, spiega quanto alla fine siano servite sia a lui, che pure faticò ad affrontarle, che a tutto l'ambiente musicale, in futuro: "Il settimanale Cuore, nella top ten delle cose per cui valeva la pena vivere, a metà degli anni ‘90 aveva un sinistro ‘appendere Jovanotti per le palle'. Le critiche mi facevano male, ma le assorbivo in modo un po’ cattolico. I cattolici percepiscono il male come qualcosa che prima o poi passerà. Non ho mai pensato che quei giudizi fossero irreversibili e anzi, in qualche maniera mi stimolavano a lavorare sul miglioramento. (…) L’accanimento nei miei confronti ha almeno prodotto qualcosa di buono. Che dopo di me, con gli altri, i commentatori sono stati più attenti. Oggi, quando si affaccia un fenomeno, c’è più cautela. Anche se ti fa schifo e non lo capisci, non dici ‘questo è un coglione'".

Saper ridere del passato

Proprio quelle critiche, continua il cantante lo hanno aiutato a imparare a ridere di sé: "Non mi sentivo un coglione, ma devo dire che quando rivedo le mie cose degli anni ‘80 o vedo altri artisti diventati poi adulti, nelle loro esibizioni giovanili, provo imbarazzo e penso che tutti, nessuno escluso, erano migliori di me. (…) L’imbarazzo non ha niente a che vedere con la vergogna. Io non mi vergogno di niente. Non vorrei mai cancellare quel pezzo di storia, il mio passato, né far finta che non sia esistito. Soprattutto dei disastri di un debutto. Li osservo con allegria. Perché ho imparato che poche cose sono più importanti di saper ridere di sé".

Il film di "Oh, vita!" al cinema

Per chiudere  "Oh, Vita!" Jovanotti se n'è andato qualche settimana in California, dove ha lavorato gomito a gomito con uno dei suoi idoli, nonché uno dei produttori più importanti della Storia della musica, Rick Rubin, che sarà protagonista anche del documentario che racconterà la genesi dell'album e che uscirà il prossimo dicembre (non c'è ancora la data) per un solo giorno, e con ingresso free, in 45 sale Ucicinemas d'Italia. Un altro artista, invece, lo ha fotografato per questa copertina, opera di Nan Goldin ("Nel disco non ci sono trucchi e quindi anche le foto di Nan sono così: nude").

Gli aneddoti, dal brigatista Casimirri a Berlusconi

Nell'intervista Jovanotti racconta anche qualche aneddoto privato, come quella della sua amicizia con Alessio Casimirri, figlio di un collega del padre in Vaticano, che avrebbe preso parte al rapimento e all'omicidio di Aldo Moro, o di quella volta che incontrò Berlusconi che li portò in elicottero a vedere la partita del Milan: "Non credo che io per lui fossi speciale, penso soltanto che quello spettacolo fosse parte del kit". E tra le altre cose ha risposto anche al caso di violenze sulle donne che ha visto protagonista il produttore americano Weinstein: "Se sei in una situazione di grande potere hai più responsabilità rispetto alle scelte degli altri. Tra dieci anni, quando un produttore non inviterà più una ragazza di vent’anni con i pantaloni abbassati in camera sua perché sa che potrebbe andare in galera, un passo avanti sarà stato fatto. Ma il passo più grande si farà quando a far paura a un uomo non sarà la galera, ma l’abitudine alla propria prepotenza".

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