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Inoki: “Sono un veterano, ma mi sento un ragazzino che sta ritornando in pista”

Inoki è uno dei nomi più noti del rap italiano, un veterano, possiamo dire, di quelli che attraversano la scena da vent’anni. Ma con tutto il cambiamento discografico di questi ultimi anni dice di sentirsi come un esordiente: allora a questo punto potremmo dire che “Medioego” sarebbe un gran bell’esordio.
A cura di Francesco Raiola
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Inoki è uno dei nomi più noti del rap italiano, un veterano, possiamo dire, di quelli che attraversano la scena da vent'anni. Ma con tutto il cambiamento discografico di questi ultimi anni dice di sentirsi come un esordiente: allora a questo punto potremmo dire che "Medioego" sarebbe un gran bell'esordio. Nell'ultimo album del cantante nomade, Inoki si mette in gioco completamente e lo fa sia riprendendo alcuni canoni della scena rap classica, sia confrontandosi con produzioni più new wave, facendolo sempre con una penna e un flow che lo rendono uno degli artisti da tenere sempre d'occhio. Ha fatto pace con Salmo, rivendica l'essere venuto da giù, dall'underground e non manca qualche frecciatina alla gioventù sfrenata di oggi (ovviamente parliamo dei giovani della scena). Lui che è veterano, può permetterselo.

In Underground, prima traccia del disco ripeti "Vengo da giù", che per te ha molteplici significati, giusto?

Sì, vengo da giù sia in senso geografico che adesso abito giù, in Salento, quindi ogni volta prendo un aereo o il treno e salgo a Milano, ma "vengo da giù" inteso anche "da sottoterra", vengo dall'underground, dal piano sotto a quello della metropolitana, è la mia provenienza, la mia dichiarazione d'intenti, far capire da dove arrivo.

Medioego è pieno di sfumature, ci sono tanti stili diversi nel disco compresi tentativi cantautorali. Che idea avevi?

Ho unito i miei bagagli culturale: venendo dalla vecchia scuola, ad esempio, non potevo rinnegarla, dovevo mettercela per forza e ce l'ho messa assolutamente, anche perché la gente da me se l'aspetta. Con me la vita non è stata morbida quindi più di tanto, morbido, non riesco ad esserlo, però ho cominciato ad aprire una finestra su quello che vorrei fosse il rap poetico che vorrei cominciare a fare un po' di più. Adoro le nuove tendenze, pur venendo dalla vecchia scuola, sono quel tipo di rapper che se esce la nuova wave ci vuole andare sopra, per me è sempre una sfida: ci sono tante tracce proprio perché ho cercato di sperimentare un po' tutti gli stili, dal cantautorato al suono grezzo della drill, mi piacerebbe sperimentare anche cose più melodiche, ma non ci riesco ancora.

Ci racconti come è nata la collaborazione con Noemi?

Ho scoperto che lei era una grande fan di Assalti Frontali, Colle der Fomento e si ascoltava pure Inoki, cosa che non sapevo. Una volta mi ha scritto un commento su Instagram e il buon Cecco mi fa: "Guarda che Noemi ti ha messo un commento su Instagram" e io ho detto: "Chi è Noemi?", la mia ragazza mi ha insultato, me l'ha fatta ascoltare, mi è piaciuta e ho detto wow, che estensione, che voce, che potenza, abbiamo iniziato a scriverci su Instagram. A un certo punto avevo questa canzone, "Ispirazione", che stava finendo nel cestino perché le mancava un po' di mordente, ho avuto l'idea di chiedere a Noemi se poteva provare ad aggiungere una voce, lei disponibilissima, persona veramente più che carina, ed è uscita questa cosa meravigliosa secondo me. Credo sia la canzone più bella di quelle che abbia mai fatto, anche perché c'è una cantante vera che le dà un sapore di musica vera. Poi ho scoperto che lei cantava in alcuni gruppi funky nei centri sociali a Roma, quindi potete immaginare che piacere è stato lavorare insieme.

Negli ultimi anni hai fatto pace con tanti colleghi con cui avevi avuto problemi in passato, cosa è successo?

Io la pace la cerco sempre, anche se trovarla è un percorso lungo, soprattutto per uno che comunque è cresciuto nella guerra. Ce ne vuole un po' per arrivare alla pace, nel frattempo bisogna combattere un po' di lotte personali, anche con se stessi, perché alla fine la grande guerra di ogni uomo e ogni donna è con se stesso. Sicuramente non me le prendo più con i musicisti, ho individuato altri nemici, che poi sono quelli storici.

Non è passata inosservata, per esempio, la collaborazione con Salmo, che è uno di quelli con cui avevi litigato in passato.

La pace con Salmo nasce da un rispetto reciproco, abbiamo cominciato a scriverci che ci stimiamo l'uno con l'altro: io stimo molto il suo percorso e lui quando era molto giovane ascoltava le mie cose. In realtà c'eravamo tanto insultati, c'eravamo tanto odiati, magari per orgoglio, magari perché in quel momento eravamo veramente tanto distanti, poi ci siamo resi conto che non era realmente così, e quando ho sentito i suoi beat mi è subito venuta voglia di scriverci e sono venute fuori queste canzoni. Ti ripeto, però, sempre in modo molto naturale, non è che ci sto troppo sopra, ormai ho raggiunto un livello di lavorare che mi permette, appena il produttore mi dà la base , di finire la canzone in tre ore.

Cosa rappresenta per te l'uscita di "Medioego"?

Mi sento più un ragazzino che sta ritornando in pista, che si mette in gioco. Io comunque non me ne sono mai andato, sono sempre rimasto sotto, a farmi la mia gavetta nell'underground, non ho mai mollato un colpo. Sono dieci anni che ogni settimana faccio un live, prima del Covid ovviamente, in realtà non ho mai veramente mollato e forse per questo che qualcuno se ne è accorto. Io nel tritacarte non ci sono mai finito perché non mi ci sono mai voluto buttare, anche adesso non sto lavorando proprio in un tritacarne, lavoro in Asian Fake che è un'etichetta che comunque ti fa sentire come in un ambiente indipendente, per me [questo disco] è una partenza, te lo dico sinceramente, io mi sento come un emergente che si è fatto il culo per vent'anni per riuscire a essere di nuovo dove deve essere ed è da qua che voglio partire e fare tanto tanto di più perché credo di aver messo le fondamenta per quello che voglio iniziare a fare.

Con la collaborazione di Vincenzo Nasto

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