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Inoki, nomade del rap italiano: “Ero scettico, poi ho capito il potenziale della nuova scena rap”

“Mi chiamano Inoki Ness, prendo e distruggo ‘sta wave” canta Inoki, figura di punta dell’old school del rap italiano. Fabiano Ballarin è uno dei nomi noti del genere italiano, di quelli che ha messo le basi affinché il rap diventasse popolare in Italia: “È bellissimo che adesso il rap sia di tutti”
A cura di Francesco Raiola
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"Mi chiamano Inoki Ness, prendo e distruggo ‘sta wave" canta Inoki, figura di punta dell'old school del rap italiano. Fabiano Ballarin è uno dei nomi noti del genere italiano, di quelli che ha messo le basi affinché il rap diventasse popolare in Italia: "È bellissimo che adesso il rap sia di tutti, mentre prima eravamo in 40 ad ascoltarlo" spiega a Fanpage presentando il suo ultimo singolo "Nomade". Nomade non solo perché si è sempre spostato da un posto all'altro, ma anche artisticamente, perché gli piace non stare mai fermo e per questo dopo aver guardato la nuova scena trap, drill con un occhio non proprio benevolo, pian piano ha capito che c'era tanta roba e tante possibilità per creare qualcosa di nuovo.

Il concetto di nomade, oggi, che senso assume per te?

Io vivo in questo stato mentale di nomadismo dovuto alla mia vita che mi porta ad andare in giro. In più ho avuto una storia travagliata, i miei nonni mi hanno tolto ai miei genitori, mi hanno portato da un posto all'altro, mia madre mi ha riportato in un altro, io ho sempre viaggiato, quindi sono quel tipo di persona che da qua a un mese prendo e cambio. Lo stimolo a cambiare è quello che mi ha sempre dato la linfa vitale, anche come artista, gli stimoli nel viaggiare, nel conoscere persone, culture, vedere nuove cose fa sì che oggi sia ancora qui pronto a distruggere la nuova wave.

Quello che stai dicendo è tutto scritto in quello che canti. Il tag iniziale è per dire alla gente che stai ancora qua?

Beh, io non ho la percezione di quanta gente mi conosce, perché oggi ci si conosce a follower, è un po' particolare: so che mi conoscono in tanti, ma ci saranno altrettanti che non mi conoscono, poi nel rap è bello presentarsi e volevo presentarmi su questo sound. Si è creato un pubblico diverso nel rap, ci sono ragazzi che il suono che definisco "vero" manco lo conoscono, non gli piace, né gli interessa, per questo mi sono presentato a loro dicendo che ci sono anche io su questo sound.

Inizialmente avevi qualche dubbio sulla nuova scena, poi hai cominciato ad apprezzarla, come mai?

Inizialmente quando ho ascoltato la trap italiana non mi piaceva, non ci trovavo ribellione, rabbia, cattiveria, che sono le cose che mi sono sempre piaciute nel rap, poi piano piano l'ho approfondita e mi sono reso conto che c'è un sacco di roba interessante anche in quello che chiamiamo trap, drill o nuova wave.

In che fase sei adesso?

Sono in una fase particolare perché sto scrivendo cose quasi cantautorali, poi sarà bello capire come farle andare sulla mia roba urban.

Come è stato spostarsi da una base old school alla ricerca di sonorità nuove?

Ci ho messo un bel po' e l'ho vissuta come una sfida, perché se no corro il rischio di fossilizzarmi su cose che ho la fortuna di conoscere. Oggi, però, devo andare su quella cosa lì, anche perché a livello tecnico l'ho notata l'evoluzione. Su quel tipo di sound un rapper capace può fare cose che sul sound old school è impossibile fare.

Insomma, puoi permetterti di muoverti un po' come ti pare, ormai, no?

Ho la fortuna di essermi costruito una reputazione, negli anni. Non possono dire niente per quanto riguarda il lato artistico, possono dirmi che sono fuori di testa, cose sulla persona, ma sulla musica nessuno mi può dire niente.

Senti, a proposito di nuova scena, cosa ti piace?

Ho notato che la nuova nuova wave quella che sta arrivando e arriverà è bella arrabbiata, è incazzata, per questo non vedo l'ora che arrivi. Da ascoltatore mi piace  Paky, un altro ragazzo che si chiama Rondo, loro non fanno gnegne con l'autotune, questi rappano, cattivi e raccontano la strada, vissuta coi loro occhiali, dal loro punto di vista, giovane, folle, magari non consapevole, ma questa roba ci sta, esiste.

Un lato diverso dalla trap più di moda in questi anni…

C'è stata questa esasperazione delle treccine colorate e degli anelli d'oro che per fortuna ha portato a gente che si è rotta le palle e ha cominciato a raccontare la propria vita, la propria psicologia. Il rap ha sempre aiutato i ragazzi a crescere, li ha sempre aiutati in quel passaggio che ci fa diventare uomini e se diventi uomo solamente con la bitch, la gang e le collane d'oro rischi di diventare un trentenne rincoglionito.

Hai vissuto tante wave, nella tua vita, senti che oggi c'è un pubblico più aperto?

È bellissimo che adesso il rap sia di tutti, mentre prima eravamo in 40 ad ascoltarlo. Questa cosa è meravigliosa e bisogna ringraziare tutte le wave e tutti i rapper che esistono, perché il rap è dappertutto, su tutti i suoni, dappertutto.

Cosa succederà nei prossimi mesi per te?

Ho pressato la mia etichetta in questi giorni perché voglio fare l'album, anche se oggi i ragazzi fanno i singoli, io su questa cosa sono rimasto old school e vorrei buttare fuori un album, un masterpiece, con un bel po' di canzoni e raccontare un po' di cose. Quello che succederà non lo so, perché seguiamo il flusso creativo, quindi non ti posso dire se uscirà singolo, album, feat, qualche esperimento, so che quello che vorrei fare io è un bell'album di Inoki perché so che un sacco di gente ne ha bisogno e ne ho bisogno anche io.

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