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Il rock malinconico dei The National sbarca in Italia

Dopo un inizio carriera difficile i The National sono ora riconosciuti come uno dei migliori gruppi rock al mondo. Arrivano in Italia con due tappe che toccheranno Roma e Milano.
A cura di Francesco Raiola
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Si racconta che un giorno Michael Stipe, leader dei REM, abbia portato il bassista del gruppo Mike Mills ad ascoltare una canzone dei The National che si esibivano a Londra e sia bastata solo mezza canzone per far esclamare a Mills: "Questa è la cosa più bella che mi sia capitato di ascoltare negli ultimi anni" prima che lo stesso Stipe spiegasse che quello che fanno "è istantaneo. Ti tocca". Ma il percorso che ha portato i The National ad essere uno dei gruppi più amati di questi ultimi anni non è stato per nulla semplice. Per molti anni il gruppo, infatti, ha galleggiato ai margini del grande e anche medio pubblico, anche dopo l'uscita dei primi due album, l'omonimo "The National" e il successivo "Sad Songs For Dirty Lovers" che aveva già nel titolo quella che alcuni vedono come una dichiarazione di poetica del gruppo.

La voce baritonale di Matt Berninger – che nel gruppo è affiancato dai gemelli Bryce e Aaron Dessner alla chitarra e dai fratelli Bryan Devendorf, bassista e Scott Devendorf, che suona il basso – contribuisce a quel tono malinconico dal quale i The National non sembrano volersi distaccare e che caratterizza il loro lavoro: "Si suppone che fare arte sia doloroso, che sia difficile" dice Aaron. Un lavoro che consta ormai di sei album, l'ultimo dei quali "Trouble will find me" ("Un disco divertente sul morire") uscito per la 4AD a maggio scorso e arrivato al terzo posto sia della classifica statunitense di Billboard che in quella inglese. Lo stesso Berninger ha spiegato che, se da un lato si sarebbe risparmiato sei anni di battaglia (quelli, probabilmente che vanno dalla gestazione di "The National" all'uscita di "The Alligator", l'album che li ha definitivamente lanciati) dichiarando: "Se potessi tornare indietro e fossimo potuti esplodere nel 2002, lo avrei fatto in un secondo" dall'altra parte ammette come quella battaglia gli sia stata utile per capirsi l'un l'altro e rispettarsi: "Credo, alla fine, che forse siamo stati fortunati ad essere stati ignorati così a lungo, ci ha fortificati".

I The National, in fondo, si conoscono da tantissimo tempo, da quelli delle medie quando i gemelli incontrarono e cominciarono a far musica con Bryan. Qualche anno dopo, all'Università, Scott incontro Matt e divennero molto amici, ma fu a a quel punto che un po' di strade si divisero: Bryce fu ammesso a Yale e Aaron alla Columbia. Bryan, invece, in quel periodo lavorava alla Soho Press mentre Scott e Matt pensavano a suonare assieme e quando si resero conto che avevano bisogno di un batterista pensarono subito al fratello Bryan che a sua volta chiamò Aaron e Bryce e così nacquero i The National.

Si parla molto di quegli anni complicati del gruppo, anche perché si sa come le storie di giovani che alla fine ce la fanno dopo essere stati sul punto di mollare piacciono un sacco, ma parlarne serve anche a far capire non tanto la caparbietà dei 5 dell'Ohio bensì la coerenza di alcune scelte, perché i The National non hanno fatto enormi cambiamenti nella loro concezione musicale, ma sono riusciti a migliorare sempre più quella che è la loro poetica, facendo tanta attenzione ai testi. Cantano il dolore come quando intonano "I have only two emotions / Careful fear and dead devotion / I can't get the balance right" (Don't swallow the cap), "Sorrows my body on the waves / Sorrows a girl inside my cage / Didn't I see sorrow build? / It's in my honey, it's in my milk", ma soprendono "I wanna hurry home to you / put on a slow, dumb show for you / and crack you up / so you can put a blue ribbon on my brain / god I'm very, very frightening" (Slow Show).

Forse è proprio questo il motivo per cui "all'improvviso sono ovunque" come dice la bibbia indie Pitchfork, addirittura protagonisti delle campagne elettorali di Obama, da quella del 2008 dove i supporter del Presidente presero come inno la loro "Mr November", mese delle elezioni, che quelle di medio termine, fino all'ultima del 2012 quando hanno aperto la campagna in Iowa. Oppure diventano una sorta di istallazione d'arte (voluta dall'artista islandese Ragnar Kjartansson) quando sono chiamati al VW Dome di New York a eseguire sei ore di "Sorrow" pezzo contenuto nel precedente "High Violet" in un'esibizione dal titolo di "A lot of sorrow".

Sarà curioso assistere al primo live, specie dopo aver letto diversi report che vogliono un Berninger più recitativo che altro. Proprio domani i The National, infatti, toccheranno l'Italia, con due concerti. Il primo che si terrà all'Auditorium Parco della Musica per il "Luglio suona bene" e il secondo l'1 luglio a Milano nell'ambito del festival CitySound e che li vedrà affiancati dall'ex The Smiths Johnny Marr e dal siciliano Colapesce, una delle voci italiane più interessanti di questi ultimi anni.

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