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Il ritorno di Filippo Gatti: “Il problema della musica? La mancanza di buoni ascoltatori”

Si chiama “La testa e il cuore” l’ultimo album del cantautore romano Filippo Gatti, che torna con un lavoro che mescola folk ed elettronica e ha come fil rouge le varie idee di viaggio.
A cura di Francesco Raiola
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Filippo Gatti
Filippo Gatti

"La testa e il cuore" di Filippo Gatti è uno dei migliori album usciti nel 2017, ma è anche uno dei migliori con cui cominciare il 2018. Romano, ex leader degli Elettrojoyce, Gatti è uno dei fuoriclasse del cantautorato italiano degli ultimi anni, al lavoro sia come musicista e cantante che come produttore artistico, tra gli altri, di musicisti come Bobo Rondelli e Riccardo Sinigallia. Questo nuovo lavoro, uscito lo scorso 15 dicembre per Lapidarie Incisioni è un diario di un viaggio immaginario, poetico e cinematografico, ispirato al racconto epico di Ulisse: "A 16 anni vidi in una libreria l'Ulisse di Joyce e sono diventato appassionato di quella storia in tutte le sue varianti, al punto da chiamare il mio primo gruppo Elettrojoyce e in tutti i dischi che ho fatto c'è sempre quel personaggio lì. Oggi ho capito che Ulisse sono queste persone che tentano di scappare da una situazione difficile e arrivare da noi".

Come scrivere una canzone

Gatti mescola l'elettronica al folk, creando quelle che sono delle vere e proprie gemme pop che sono la sintesi dei suoi due album precedenti da solista: "La bellezza della musica popolare sta bel fatto che la ascolti più volte e ci sono due modi di ascoltare una canzone popolare: quella per cui ti riporta sempre a una sensazione iniziale ed è una sorta di droga per cui ogni volta che la ascolti stai nello stesso posto e l'altro è creare questi piccoli oggetti per cui ogni nuova volta che ci entri dentro puoi fare un'esperienza nuova".

Un lungo viaggio interiore

Le canzoni hanno ognuna un proprio significato, ma si incastrano in un puzzle più grande di ricerca di sé attraverso il viaggio, appunto, pensato anche come un viaggio interiore. Le canzoni sono spesso pennellate: brevi, molto intense, talvolta enigmatiche, mentre musicalmente è variegato, rendendo perfettamente la voglia di sperimentazione di Gatti (basti ascoltare la coda del "Re di Lampedusa", per dire), riuscendo, però, a non risultare mai barocco o pretenzioso. Ascoltando l'album si sente molto come l'attenzione per la forma canzone sia fondamentale per il cantante, che spiega: "La canzone è una forma di pensiero in carne ed ossa, sia quando la fai che quando la ascolti: un buon ascoltatore forse è più importante di un buon musicista, oggi il problema non è la mancanza di buoni musicisti, ma di buoni ascoltatori".

Il problema dei Talent

Da anni, poi, Gatti insegna anche e tiene un workshop, con altri musicisti, intitolato "Impara a nuotare", in cui insegna e spiega – assieme ad altri musicisti italiani – le diverse le diverse fasi di cui si compone la musica: "Cerco di comunicare l'essere liberi, non avere paura di raccontare te stesso nel modo giusto e di fare la propria ricerca: non bisogna partire dicendo ‘cosa piacerà' e farlo, ma è fondamentale partire dicendo: ‘Cosa mi piace' e tentare di fare in modo che piaccia anche agli altri. Tutti questi programmi televisivi hanno portato a credere che per fare l'artista tu debba superare una serie di prove fino a che non hai il consenso".

Chi ha collaborato a “La testa e il cuore”

“La testa e il cuore” è il risultato di un lavoro corale: Le canzoni, infatti, hanno trovato la forma definitiva grazie al una settimana di lavoro in studio assieme ai musicisti con cui saranno anche portate live: al fianco del cantautore ci sono i due produttori polistrumentisti, Matteo D’Incà e Francesco Gatti, il pianista e arrangiatore Fabio Marchiori, il violinista Steve Lunardi e la giovanissima cantautrice Virginia Tepatti, ai cori.

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