Il rap si difende contro l’uso dei testi delle canzoni in Tribunale: cos’è il “Protect Black Art”
È stato pubblicato nelle scorse ore, sul New York Times e sull'Atlanta Journal-Constitution, una lettera scritta e pubblicata precedentemente sul sito della Warner Music Group: si tratta di una petizione dal titolo "Art on Trial: Protect Black Art". Ma cosa c'è di speciale in questa lettera? La partecipazione del mondo della musica mainstream, che sta cercando di tutelare una "pratica mirata da fattori etnici e razziali" nell'utilizzo di testi di artisti nei processi federali e nazionali. E quando si parla di mainstream, si parla di tutto l'emisfero non solo di etichette, come Warner, Sony e Universal tra le principali, ma anche di aziende, come Spotify, TikTok e YouTube Music. Non potevano mancare infine i protagonisti, gli artisti, che hanno deciso di appoggiare una petizione nell'aria già negli Stati Uniti: tra i più famosi a firmarla, ci sono il rapper Drake, in compagnia di Megan The Stallion, ma anche gli storici Coldplay, senza dimenticare 2 Chainz, Christina Aguilera, Travis Scott, John Legend, Killer Mike e Mary J Blige.
Il manifesto di Protect Black Art
"Nelle aule di tribunale di tutta l'America, la tendenza dei pubblici ministeri che utilizzano l'espressione creativa degli artisti contro di loro si sta verificando con una frequenza preoccupante. Indipendentemente dal mezzo – musica, arti visive, scrittura, televisione, film – i fan capiscono implicitamente che l'espressione creativa è radicata in ciò che gli artisti vedono e sentono; è un riflesso dei tempi in cui viviamo. L'opera finale è un prodotto della visione e dell'immaginazione dell'artista. I rapper sono narratori, creano interi mondi popolati da personaggi complessi che possono interpretare sia l'eroe che il cattivo. Ma più di ogni altra forma d'arte, i testi rap vengono essenzialmente usati come confessioni nel tentativo di criminalizzare la creatività e l'arte delle persone nere". Comincia con queste parole la lettera/petizione intitolata "Art on Trial: Protect Black Art" che vuole aprire una finestra di discussione sulla tendenza dei PM americani a utilizzare testi dei brani come prove in casi di violenza armata o associazione a delinquere.
Il caso RICO di Young Thug e Gunna
Uno dei casi più recenti è sicuramente quello che vede coinvolti Young Thug e Gunna e la loro appartenenza all'etichetta discografica YSL, ovvero Young Stoner Life. Lo scorso 12 maggio, in seguito a indagini della polizia, sono stati arrestati dal corpo federale della Giorgia oltre 28 componenti di una band criminale, tra cui anche alcuni componenti della YSL, come Young Thug e Gunna. I due avrebbero violato la legge sul racket criminale della Georgia, con l'ipotesi di affiliazione alla gang dei Bloods, peggiorando la situazione con la legge RICO, Racketeer Influenced and Corrupt Organizations Act, una norma federale progettata originariamente per combattere la criminalità organizzata. I due cantanti rischiano oltre 20 anni di prigione, con la situazione aggravata dalla possibilità per i PM di utilizzare come prova i riferimenti espliciti in un brano.
L'episodio è stato citato anche nella lettera, dove viene scritto: "Ad esempio, attualmente nella contea di Fulton, in Georgia, numerosi membri dell'etichetta discografica Young Stoner Life, guidata dall'artista vincitore del Grammy Jeffery Lamar Williams (alias Young Thug), stanno affrontando più di 50 accuse, comprese quelle di Rico secondo cui l'etichetta è un gruppo criminale. Le accuse si basano in gran parte sui testi degli artisti, che i pubblici ministeri affermano possano essere prove evidenti di cospirazione. Nell'atto d'accusa, i pubblici ministeri della contea di Fulton sostengono che testi come ‘Ottengo tutti i tipi di contanti, sono un generale' siano una confessione di intenti criminali".
La riflessione sulla profilazione razziale
Il discorso continua a legarsi sulla pratica di profilazione razziale in cui avviene la decisione del PM, come sottolineato nella lettera: "L'uso dei testi contro gli artisti in questo modo non è americano e semplicemente sbagliato. Al di là dell'evidente disprezzo per la libertà di parola e di espressione creativa protetta dal Primo Emendamento, questa pratica razzista punisce le comunità già emarginate e le loro storie di famiglia, lotta, sopravvivenza e trionfo". La soluzione? Ciò che già negli scorsi anni era stata indicata da artisti come Jay Z, ma anche Meek Mill, vittima dello stesso procedimento dopo il primo arresto a 20 anni per detenzione illegale di un'arma da fuoco: impedire ai pubblici ministeri di utilizzare la pratica tranne nei casi di "prove chiare e convincenti" di un collegamento tra i testi e un crimine. Un suggerimento che è arrivato già negli scorsi mesi dai senatori Brad Hoylman e Jamaal Bailey.
Le soluzioni del manifesto
La lettera si conclude con un messaggio di speranza futura e di unità: "Ci congratuliamo con il Governatore Gavin Newsom per aver recentemente firmato un disegno di legge in California e sollecitiamo l'azione sui progetti di legge attualmente in esame a New York e nel New Jersey, così come la promulgazione del RAP (Restoring Artistic Protection) introdotta dal rappresentante Mank Johnson e il rappresentante Jamaal Bowman nel Congresso degli Stati Uniti. Il lavoro è tutt'altro che concluso e dobbiamo unirci tutti per difendere la libertà creativa e di espressione". La petizione, ormai raccolta dai massimi esponenti dell'industria discografica statunitense, ha anche una sua strada parallela sul sito Change.org, dove la richiesta di provvedimento, introdotta dai CEO di 300 Entertainment e Atlantic Records Kevin Liles e Julie Greenwald, ha raccolto, fino a ora, 64.733 firme.