Il problema non è Fedez e ciò di cui non può parlare: siamo noi che ne abbiamo fatto un politico
"Non concepisco l’individualismo di chi vede un torto e dice: ‘Non reagisco'" rappa Fedez nell'ultimo singolo. E negli ultimi anni proprio lui ha reagito spesso contro quelli che considerava torti, dall'Expo al ddl Zan, appoggiando alcune battaglie importanti, che hanno avuto un picco di popolarità e scivolando su qualcun'altra. L'inchiesta uscita su L'Espresso indaga sui contratti che il cantante e l'imprenditrice Chiara Ferragni – i due sono sposati – hanno stipulato con alcune aziende tra cui banche e assicurazioni dà la possibilità di discutere ancora una volta della funzione dell'artista. L'articolo parte dalla questione censura o meglio dall'autocensura del cantante, delle contraddizioni che nascono quando, svestiti i panni artistici e da paladino delle libertà, Fedez vesta quelli dell’uomo d’affari "che per salvare un business milionario accetta di non ‘rilasciare dichiarazioni inerenti al settore bancario assicurativo'". Insomma, sarebbe controverso che l'artista Fedez parli di libertà, mentre l'imprenditore Fedez si limiti con contratti che gli vietano di parlare di alcune cose. Ecco, il caso Fedez è interessante anche a proposito il rapporto tra artista e libertà d'espressione che in questi ultimi anni è stato uno degli aspetti più interessanti e talvolta controversi del mondo dello Spettacolo.
L'Espresso, in questo pezzo lungo e documentato, scrive, inoltre, che "Fedez non può permettersi di criticare le politiche sindacali e fiscali della multinazionale americana di Jeff Bezos (Amazon, ndr) perché ne è diventato ‘ambasciatore' per 800 mila euro e con la moglie Chiara Ferragni è impegnato nella registrazione del documentario ‘The Ferragnez' per Prime Video di Amazon". Insomma, l'idea, che sta rimbalzando anche su altre testate, è che esista un paradosso tra il Fedez che si scaglia contro la censura della Rai e quello che, invece, firma contratti di lavoro in cui si impegna a non criticare le aziende con cui lavora. Ovviamente il caso Fedez è complesso perché l'artista si muove su più campi, mescolando i suoi vari "personaggi", l'artista che fa musica, l'influencer con milioni di follower sui social e l'imprenditore che firma con banche e assicurazioni e ha un'etichetta con cui pubblica e un'azienda con cui gestisce il management di altri artisti.
Partiamo da una questione generale, ovvero Fedez maître à penser del Paese. Lo scorso 1 maggio dal palco del Primo maggio il cantante ha criticato alcuni esponenti ed ex esponenti della Lega per alcune frasi sull'omosessualità. Lo ha fatto all'interno di una battaglia sui diritti civili – e in particolare sul ddl Zan – che sta portando avanti da settimane. Prima di quel discorso, però, era scoppiato un caso perché la Rai aveva chiesto di evitare di recitare quel monologo e Fedez lo aveva denunciato sui propri social, pubblicando anche un audio della telefonata di cui pochi giorni dopo sarebbe uscita una versione più estesa ripresa dalla stanza in cui parlavano organizzatori e alcuni dirigenti Rai. Quel fatto ha portato a una causa intentata dalla tv pubblica al cantante e una polemica che è ancora in corso in questi giorni.
In quel momento Fedez è diventato una sorta di paladino della libertà d'espressione, contro la politicizzazione della Rai di cui ormai si parla da decenni. I sostenitori del cantante, infatti, denunciavano l'ingerenza e la prepotenza della Politica che aveva cercato di imbavagliare il cantante vietandogli di snocciolare dal palco una serie di notizie accertate. Dall'altra parte c'era chi lo accusava di protagonismo, da una parte, e di essere un fautore di alcune libertà e non di altre, citando l'esempio Amazon, azienda con cui il cantante ha scelto di stringere un accordo commerciale. Il punto, ovviamente, è che a tagliare tutto con l'accetta alla fine si rischia di farsi male. Insomma, Fedez è un artista con un'enorme visibilità, quindi è normale che le sue parole abbiano una cassa di risonanza enorme (probabilmente vale anche quando, assieme alla moglie, si spende per la vittoria dei Maneskin all'Eurovision, per dire), ma il punto è capire chi ha fatto di Fedez un riferimento.
Tra le tante cose che Fedez fa non c'è la Politica, intesa proprio come ruolo istituzionale (è normale che spendersi a favore del ddl Zan sia intrinsecamente un atto politico, così come scegliere di denunciare una presunta censura della Rai). Fedez è un artista che, invitato, sale su un palco e dice quello che pensa. Chi lo invita – specie in un contesto storicamente politicizzato come quello del Primo maggio -, quindi, sa quella che è l'idea del cantante, che, anzi, nelle ultime settimane ha "radicalizzato" lo scontro con quella parte dell'arco parlamentare si oppone all'approvazione di un ddl contro l'omotransfobia. E di volta in volta chi lo segue decide se appoggiare o meno le sue posizioni. Lo scrivemmo qualche settimana fa, Fedez non fa promesse elettorali, non ha alcun vincolo elettorale con i suoi fan e se sbaglia si è liberi di criticarlo, senza che questo infici le sorti del Paese. Siamo noi – un noi generico -, insomma, che al massimo hanno deciso di eleggerlo capopopolo (che non significa che a lui non faccia piacere).
Cosa può criticare Fedez? Quello che vuole, assumendosene la responsabilità. Il problema siamo più noi che lui, è più chi fa di un artista un punto di riferimento incrollabile, quando affidiamo a lui o lei le nostre istanze politiche e sociali, quando demandiamo a loro responsabilità che sono nostre e soprattutto quando li usiamo come specchio di una questione etica di cui dovremmo innanzitutto rispondere personalmente. Fedez lotta per le proprie convinzioni e anche per i propri interessi, sarebbe ingenuo pensare il contrario. Evita, quindi, di lottare per quello che va contro le proprie convinzioni e i propri interessi. Dov'è la colpa? Non parlare di banche o di qualunque cosa lo metta in difficoltà con un contratto (attenzione, quando firmiamo un contratto siamo difesi dall'articolo 21 della Costituzione, ma il diritto di critica ha comunque delle limitazioni nella giurisprudenza, quindi possiamo criticare l'azienda per cui lavoriamo, ma con certe limitazioni) svilisce una battaglia che riteniamo giusta come quella sulla legge Zan o la creazione di un fondo per i lavoratori dello Spettacolo? No, a meno che, ribadiamo, non riflettiamo su qualcun altro le nostre aspettative etiche. Negli anni passati e negli anni a venire saranno innumerevoli le cose di cui Fedez o qualsiasi personaggio popolare non parlerà (non parlerà di spionaggio industriale, di fisica quantistica, di vaccini, forse non parlerà della situazione mediorientale che non conosce, non parlerà della geopolitica del mediterraneo, non parlerà di Medioevo, e ognuno riempia questa lista), in fondo ognuno è un gatekeeper di quello che avviene ogni secondo nel mondo. Siamo cancelli che decidono cosa far uscire/entrare e cosa no. Siamo selezionatori della realtà intorno a noi, decidiamo di cosa interessarci o meno, a volte per spirito di libertà, altre per convenienza.
Insomma, ben vengano le inchieste giornalistiche, come quelle dell'Espresso, che da anni ci regala notizie importanti, e ben venga anche un longform sulle economie dei Ferragnez, che ci dà la possibilità anche di dare una prospettiva diversa a ciò di cui stiamo parlando, ovviamente a noi lettori resta la capacità di discernere come e quanto dar peso a istanze civili e contestualizzare le diverse battaglie sociali che i vip abbracciano. Ma soprattutto – anche grazie a questa conoscenza ampliata – la libertà di scegliere i capipopolo che vogliamo. E se le battaglie civili sono quelle, ben venga il megafono del rapper.