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Il Pan del Diavolo: avanti tutta!

Al terzo album in quattro anni, e con l’asse più inclinato verso la canzone d‘autore, la band di Palermo sembra pronta a raccogliere nuovi consensi. “FolkRockaBoom” è il suo grido di battaglia.
A cura di Federico Guglielmi
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Quando iniziarono a emergere su scala nazionale, fra il 2008 e il 2009, Pietro Alessandro Alosi (voce, chitarra, grancassa) e Gianluca Bartolo (chitarra e voce) furono grossomodo etichettati come epigoni degli Zen Circus. Al di là del sound ai tempi più essenziale, una definizione sensata, cui l‘approdo nel 2010 alla stessa etichetta del trio toscano, caldeggiato proprio da Appino e compagni, conferì ulteriore fondatezza. Da allora, però, un po‘ di cose sono cambiate, e il duo palermitano si è scrollato di dosso un paragone magari lusinghiero ma riduttivo: ok per l‘EP senza titolo uscito nel 2009 per la 800A e per “Sono all‘osso“ dell‘anno dopo (l‘album di debutto per La Tempesta), ma già il seguente “Piombo, polvere e carbone” (2012) aveva evidenziato il parziale affrancamento dalle logiche “da buskers” a vantaggio di un approccio ancora ruspante ma più ricercato negli intrecci musicali e, per quanto riguarda i testi, più orientato verso una canzone d‘autore inusuale e intrigante. Con “FolkRockaBoom”, in vendita dal 3 giugno, Il Pan del Diavolo ha compiuto un ulteriore passo in avanti: chi ha ascoltato “Il meglio”, il brano regalato alla Rete nello scorso gennaio dopo essere stato escluso dalla selezione finale delle “Nuove Proposte” del Festival di Sanremo, o la title track che circola con il relativo video da un paio di settimane, l‘avrà di sicuro intuito.

L‘ultimo lavoro, composto da dodici tracce, è stato inciso con la coproduzione di Antonio Gramentieri dei Sacri Cuori, che aveva già collaborato al disco precedente e che assieme a tutto l‘ensemble romagnolo partecipa pure alla morbida ed evocativa “Il domani” che chiude la scaletta. Mixaggio e masterizzazione hanno invece avuto luogo a Tucson, Arizona, a opera di quel Craig Schumacher che si è occupato della colonna sonora del biopic su Bob Dylan “I‘m Not There” e ha messo più volte il suo talento al servizio di gente come Steve Wynn, Neko Case, Giant Sand, Calexico e altri. Ciò non significa, tuttavia, che Il Pan del Diavolo sia divenuta una sorta di versione italiana della band di Joey Burns e John Convertino: nella sua musica affiorano ora varie sfumature “desertiche” e cinematografiche in più, ma l‘energia, la verve a tratti spigolosa, le atmosfere dove il sole convive con le ombre, la capacità di proiettare con i suoni (e con le parole) in dimensioni oniriche anche poco rassicuranti non risultano affievolite. Tra ritmi ipnotici dal respiro ancestrale e soluzioni che con un po‘ di elasticità potremmo definire etno-psichedeliche (eloquente “Aradia”, strumentale impreziosito dalla maestria chitarristica del cult hero californiano Andrew Douglas), lo spettacolo allestito dai ragazzi siciliani si rivela credibile e fantasioso tanto negli episodi sostenuti quanto in quelli dove le trame si fanno più dilatate e i toni più pacati.

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Sono comunque i pezzi lenti, finora mai così numerosi, a riflettere al meglio l‘attuale indole creativa di un gruppo che, pur rimanendo fedele al folk-rock (senza dimenticare il “boom”, naturalmente), possiede tutto quel che occorre per raggiungere un‘audience più estesa di quella del circuito underground, come ad esempio accaduto ai Marta sui tubi (altro nome cui i Nostri erano stati accostati all‘epoca degli esordi) o a Brunori SAS (al quale viene a tratti da pensare per qualche vaga assonanza con Rino Gaetano). La già citata “Il domani”, “Vivere fuggendo”, “Cattive idee”, la dolente e magnifica “I peggiori”, “Un classico” o “Nessuna certezza” sono canzoni di spessore, meno fisiche della title track, di “Mediterraneo” (un vero gioiello) o “Mezzanotte” ma in grado di colpire, benché in maniera diversa, con lo stesso impatto. Attendiamo con fiducia che, tutte, arrivino lontano.

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Federico Guglielmi si occupa professionalmente di rock (e dintorni) dal 1979, con una particolare attenzione alla musica italiana. In curriculum, fra le altre cose, articoli per alcune decine di riviste specializzate e non, la conduzione di molti programmi radiofonici delle varie reti RAI e più di una ventina di libri, fra i quali le biografie ufficiali di Litfiba e Carmen Consoli. È stato fondatore e direttore del mensile "Velvet" e del trimestrale "Mucchio Extra", nonché caposervizio musica del "Mucchio Selvaggio". Attualmente coordina la sezione musica di AudioReview, scrive per "Blow Up" e "Classic Rock", lavora come autore/conduttore a Radio Rai e ha un blog su Wordpress, L’ultima Thule.
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