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Il padre di Michele Merlo: “Lo hanno ammazzato e nessuno ce lo ridarà mai”

A sei mesi dalla morte di Michele Merlo e a pochi dall’assoluzione del Pronto Soccorso di Vergato il padre del cantante chiede ancora giustizia.
A cura di Redazione Music
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"Ce l’hanno ammazzato e nessuno ce lo ridarà mai". Sono passati sei mesi dalla morte di Michele Merlo, il cantante, ex allievo di Amici, morto il 6 giugno a causa di un'emorragia cerebrale dovuta a una leucemia fulminante. Una morte improvvisa, avvenuta dopo che il ragazzo cercò di scoprire cos'era quel mal di testa che lo tormentava da giorni e quell'emorragia sulla gamba, andando al Pronto Soccorso senza aver una diagnosi precisa, quindi rimandato a casa. Nei giorni scorsi la Procura di Bologna ha confermato che non vi è stata negligenza da parte dei medici del Pronto Soccorso e che le sue condizioni erano già gravi quando si era presentato a Vergato e che comunque non ci sarebbe stato nulla da fare.

Domenico Merlo: non vogliamo vendetta

A questo punto il fascicolo per omicidio colposo è passato dalla Procura di Bologna a quella di Vicenza e questa cosa non dà tregua ai genitori del ragazzo. Il padre, Domenico, lo ha spiegato in un'intervista al Resto del Carlino sottolineando come quel 6 dicembre sia stata una bruttissima giornata, "peggiore di tutte le altre" e come lo spostamento dell'inchiesta sia un colpo al cuore, perché sperava che la Procura di Bologna andasse avanti alla ricerca dei colpevoli della morte di Michele: "Io e la mia famiglia non cerchiamo vendette, nemmeno soldi, ma la verità sì. Se qualcuno ha sbagliato dovrà pagare e noi andremo fino in fondo" dice chiedendosi perché, se nessuno abbia colpe, un dirigente di vergato si fosse scusato con loro a nome suo e di tutta la categoria.

Il padre di Michele Merlo chiede giustizia

Domenico continua a ripercorrere quei giorni e quelle ore, cercando di comprendere come mai nessuno si sia accorto di nulla e anzi, uno gli diede anche del tossicodipendente, spiega: "Devono smetterla di sporcare l’immagine di mio figlio. Gli hanno dato del drogato, del malinconico, del depresso (…). Vogliamo la verità su quanto è accaduto a Cittadella, a Rosà, a Bologna". L'uomo spinge sul fatto che secondo l'inchiesta il figlio avrebbe potuto salvarsi: "è stato rimbalzato da un posto all’altro quando bastava un emocromo per capirne il problema" dice e ringrazia quanti portano il figlio nel cuore.

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