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Il Nobel per la Letteratura a Bob Dylan è la conferma della canzone come forma letteraria

La vittoria del Nobel per la Letteratura di Bob Dylan è destinata a far discutere molto ma conferma quello che in molti già sanno da tempo, ovvero che anche la canzone ha dignità letteraria al pari della poesia.
A cura di Francesco Raiola
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Bob Dylan (Getty Images)
Bob Dylan (Getty Images)

Sono anni che il nome di Bob Dylan è tra i papabili per ricevere il Nobel per la Letteratura e finalmente il 2016 è stato quello buono, nonostante avesse fior fior di nomi più quotati. Gli Stati Uniti non vincevano il Premio dal lontano 1993 quando fu Toni Morrison, autrice, tra gli altri, di "Amatissima" e "Jazz", e da allora alcuni nomi si sono riproposti ogni anno: Philip Roth su tutti, ma anche Don DeLillo (spinto molto anche quest'anno), Thomas Pynchon e Joyce Carol Oates. A 23 anni di distanza quindi è un cantautore a batterli tutti, ma non un cantautore qualsiasi, IL cantautore per antonomasia, colui che ha modificato la canzone folk americana, attuandone le tematiche e diventando un vero e proprio simbolo.

Schivo, prolifico tuttora e uno dei pochi che è riuscito a mantenere una certa qualità di scrittura anche negli ultimi anni, con una media molto alta (basti vedere le recensioni per album come "Tempest" e "Shadows in the Night"), Bob Dylan ha sparigliato le carte di un premio che in questi ultimi anni aveva sorpreso più volte. È difficile non cogliere il caso che lo ha voluto vincitore nel giorno in cui è morto Dario Fo, un'altro dei cosiddetti outsider di quel premio. E proprio i due furono accostati, nel 2013 da Bill Wyman del New York Times che scriveva, già all'epoca, del perché questo premio a Dylan non sarebbe stato (ed è, quindi) uno scandalo: "Il suo lirismo è squisito, i suoi interessi e soggetti sono senza tempo e sono pochi i poeti di ogni epoca che hanno visto la propria opera avere più influenza".

Come ogni cosa che preveda una classifica, anzi, per la precisione – non esistendo vere e proprie classifiche – un vincitore, partiranno enormi scritti critici sugli scrittori che ne avevano più merito, sulla scrittura che ‘allora' non è più principale e sul perché e per come. Ma da anni è assodato come le canzoni siano bagaglio culturale di qualunque Paese, al pari, ad esempio, della poesia (e spesso sono poesie messe in musica), come ribadisce il cantante italiano che ha attinto più di tutti dal menestrello di Duluth: "È una notizia che mi riempie di gioia, vorrei dire non è mai troppo tardi – ha dichiarato Francesco De Gregori -. Il Nobel assegnato a Dylan non è solo un premio al più grande scrittore di canzoni di tutti i tempi ma anche il riconoscimento definitivo che le canzoni fanno parte a pieno titolo della letteratura di oggi e possono raccontare, alla pari  della scrittura, del cinema e del teatro,  il mondo e le storie degli uomini. Bob Dylan incarna l'essenza di tutto questo, nessuno come lui ha saputo mettere in musica e  parole l'epica dell'esistenza, le sue contraddizioni, la sua bellezza".

L'Accademia svedese lo ha premiato "per aver creato nuove espressioni poetiche all'interno della grande tradizione della canzone americana", quindi non facendo riferimento al pur bello "Chronicles vol. 1", l'autobiografia in cui ripercorreva i primi anni della sua vita, le paure, le vittorie, le delusioni e il momento in cui, dopo una forte crisi, ebbe la forza di rialzarsi. Bob Dylan è stato premiato per la sua musica, confermando i suoi testi come letteratura, ovvero confermando quello che da anni sostengono tutti, con buona pace dei grandissimi scrittori che anche quest'anno sono rimasti a bocca asciutta.

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