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Il fenomeno Calcutta: la costruzione di un hype ‘Mainstream’ di cui c’è bisogno

Chi è Calcutta? Chi è il cantautore di Latina che in poco tempo è diventato un piccolo caso musicale italiano, in grado di partire da un’etichetta indipendente e finendo sui principali media nazionali (scatenando non poche polemiche)?
A cura di Francesco Raiola
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Forse il mondo mainstream non se n'è accorto, ma in quello alternativo Calcutta (Edoardo D'Erme), nel bene e nel male, è uno dei principali ‘fenomeni' del 2015. Sono in tanti ad essersi accorti e aver parlato di ‘Mainstream', l'album di debutto di questo ragazzo di Latina che ha ricevuto articoli, recensioni e interviste da riviste più varie: dal blog letterario Minima et Moralia al Sole 24 Ore, benché la discussione maggiore sia avvenuta quando uno dei principali siti di riferimento per chi bazzica il mondo indipendente, ovvero Rockit ha piazzato il primo singolo ‘Cosa mi manchi a fare' in testa nella classifica delle canzoni del 2015, davanti a due personaggi come Iosonouncane e Colapesce, le cui ‘Stormi' e ‘Maledetti italiani' sono rispettivamente secondi e terzi, con l'album finito in quinta generale. Quello di Calcutta è un album uscito solo poche settimane fa, lungo 27 minuti perlopiù di cantautorato pop, che affonda le proprie radici però nel mondo musicale romano e in anni di canto nei piccoli locali della Capitale e non solo, come una veloce ricerca su Youtube può dimostrare.

La nascita del tam tam di ‘Mainstream'

In pochi mesi, partendo dal tam tam su Facebook e dal video e l'orecchiabilità di ‘Cosa mi manchi a fare' si è creato un hype incredibile che forse né lui né l'etichetta, la Bomba Dischi, avrebbero mai immaginato e che, ovviamente, gli ha portato tantissime critiche a fare da contraltare all'apprezzamento e alle citazioni – frasi lunghe più o meno quelle di un tweet  – che si trovano in giro per il web. È un fenomeno che, ad esempio, mi ricorda tanto quello che successe con Niccolò Contessa, in arte I Cani, progetto che nacque dal web e che grazie alla 42 Records (quella di Colapesce, appunto, tra gli altri) arrivò a un pubblico maggiore con l'uscita de ‘Il sorprendente album d'esordio de I Cani', in cui si cantava nient'altro che il mondo giovanile che circondava Contessa (con canzoni come ‘I pariolini di 18 anni', ‘Le coppie' e ‘Lexotan' a riassumere il concetto). Visto che alla fine nulla nasce per caso, è inevitabile che proprio Contessa riemerga qua come supervisore artistico (sic) di ‘Mainstream', vivendo in maniera più laterale quelle che furono le critiche da cui fu sommerso. Il punto delle critiche è: ‘Questo è il cantautorato italiano, oggi?' declinato nelle varie versioni tipo ‘Perché accontentarsi?' (sic), ‘Cos'ha lui che (nome a piacere) non ha?' e via dicendo, con critiche che colpiscono testi e musica. Ecco la risposta non c'è o, comunque, non è univoca. L'hype, infatti, è fatto di tantissime parti componibili che potrebbero andare dall'immedesimazione in alcune suggestioni delle canzoni, dall'orecchiabilità della musica, dalla credibilità di chi c'è dietro un progetto (etichetta, produttore), dalle conoscenze che ha chi canta o chi per lui.

Un album generazionale

‘Mainstream' in parte scimmiotta l'idea che dà il titolo all'album (ma soprattutto l'idea generalista che si dà al termine), nutrendosi però di alcune cose che lo caratterizzano. Qualche mese fa, proprio dalla Bomba Dischi mi fu data l'opportunità di ascoltare l'album in anteprima e non nego che prima il singolo e poi altri pezzi mi colpirono per il modo in cui si fissarono in testa (‘Frosinone' e ‘Le Barche' davanti a tutti), ma c'era qualcosa che mi dava l'impressione stonasse. Calcutta si fa forte di testi generazionali, che si poggiano su un cantato sghembo (che a chi scrive piace), talvolta urlato, che è perfetto per cantare cose come ‘A me quel tipo di gente no, non va proprio giù: taranta, Celestini e BMW' (che ricorda un po' una delle frasi generazionali per antonomasia del mondo rock italiano, ovvero il ‘Sabato in barca a vela. Lunedì al Leoncavallo' degli Afterhours); forse proprio nei testi a volte Calcutta prende una tangente che lo rende più vulnerabile, come quando canta, ad esempio, ‘Mi prenderò un gelato col tuo sapore, ti spaccherò la faccia se non mi dai il cuore' (che comunque resta lontano dai gelati al sapore di bicicletta) che alterna, però, a belle immagini come ‘E frena che c'è un dosso e poi finisce il mondo' (ecco è qua che mi prende come mi prende il ‘Fischio di treno, si coordina la caffettiera' di colapesciana memoria). C'è un certo disagio che emerge da testi, c'è la provincia, c'è chiaramente l'amore date da accostamenti di suggestioni, da immagini nette e/o quotidiane (‘Ho fatto una svastica in centro a Bologna, ma era solo per litigare', ‘Suona una fisarmonica, fiamme nel campo rom' di ‘Gaetano' o ‘Salutami tua mamma che è tornata a Medjugorje e non m'importa niente di tuo padre, ascolta De Gregori' in ‘Limonata').

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L'immediatezza del pop

Allo stesso modo non credo che la tanto vituperata immediatezza musicale sia per forza un male: in Calcutta non c'è la complessità e la ricerca che c'è ad esempio in quello che è senza dubbio uno degli album italiani più belli e coraggiosi di questi ultimi anni, DIE, ma una canzone pop, forse, ha la sua forza proprio nella capacità di piazzarsi in testa, riuscendoci senza avere l'heavy rotation della radio potente di turno o una etichetta super trendy alle spalle: la Bomba Dischi è sicuramente una delle realtà più interessanti (dai Boxerin Club ad Adriano Viterbini – che ha fatto uno degli album più belli del 2015 -, passando per Jennifer Gentle e Youarehere, tra gli altri) ma non è di quelle in grado di orientare il gusto generale con un tweet, per capirsi.

Il bisogno di ascoltare le critiche

Una cosa sicura dell'hype, comunque, è la critica che ci sta, soprattutto quando un progetto appena nato, molto pop oriented (o ‘facile' come ha scritto qualcuno), per le masse (ma parliamo sempre di masse che il mainstream non lo sfiorano neanche con la punta delle dita) ma fortemente connotato in maniera indipendente ha una portata così ampia. Calcutta potrà sicuramente dimostrare quello che è in grado di fare in futuro, partendo dal prossimo live che sarà il primo confronto con un pubblico che si è moltiplicato di molto rispetto a qualche mese fa (il suo ultimo concerto al Monk è andato un sold out in pochissimo tempo) e dovrà farsi spalle larghe per reggere pressione e critiche (accettandone quelle costruttive, che non possono che farlo crescere).

Realtà indipendenti e tv di Stato

E a proposito di ‘Mainstream', in una discussione avvenuta su Facebook, un amico nonché persona molto competente e critica nei suoi confronti si diceva ‘Scommettiamo che a breve lo vedremo da Fazio?‘. Beh, sarebbe bello: sarebbe bello che realtà come queste arrivino in prima serata sulla televisione pubblica, dal momento in cui si critica da sempre che la musica in tv è morta e dominata dai soliti nomi. sarebbe bello, quindi, vedere che dopo aver ospitato Diodato, Marta sui Tubi, Afterhours, Fazio dia una vetrina maggiore a un mondo variegato come quello indipendente, che quest'anno ha visto l'uscita di album molto belli, dagli Any Other di Adele Nigro a progetti come quelli di Iacampo, Go Dugong, Dimartino, Levante etc.

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