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I Giuda che non tradiscono

Al grido di “Facciamolo di nuovo” ritornano su disco i Giuda, quintetto romano che sta conquistando il circuito underground internazionale. Il segreto è nella freschezza e nell’incisività del loro irresistibile glam rock.
A cura di Federico Guglielmi
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Per le band italiane di area rock ottenere seri riscontri all’estero è da sempre un problema insormontabile. Lo è soprattutto nei paesi anglofoni, soprattutto cantando in inglese e soprattutto dedicandosi a quegli stili classici dei quali Gran Bretagna e Stati Uniti detengono il copyright. Non importa quanto si è bravi, saremo sempre visti come aspiranti usurpatori che presuntuosamente pretenderebbero di insegnare a chi certe cose le ha inventate, e tutto sommato non è nemmeno così assurdo: diciamo la verità, quanti di noi concederebbero immediata fiducia a un ucraino o un cingalese votato all’interpretazione del repertorio storico partenopeo o siciliano? Ogni regola ha però le sue eccezioni, e quella dei Giuda sembra proprio essere particolarmente eclatante: basti pensare che il loro primo album, “Racey Roller”, è stato pubblicato oltremanica e al di là dell’Atlantico toccando le diecimila copie vendute, o che i cinque romani si sono esibiti di frequente fuori dai nostri confini ottenendo recensioni entusiastiche e conquistando le simpatie di illustri colleghi. E tutto lascia credere che si tratti solo dell’inizio.

Intanto, tra meno di una settimana, l’etichetta londinese Damaged Goods immetterà sul mercato internazionale in vinile e CD il secondo album del gruppo, eloquentemente intitolato “Let’s Do It Again”: dieci tracce per poco più di mezz’ora di musica grintosa, vivace e divertentissima, delle quali “Wild Tiger Woman” – edita in formato 45 giri con l’accompagnamento di un video all’insegna dell’autoironia – ha costituito uno stuzzicante antipasto. Garantito che sabato prossimo, al concerto di presentazione al Black Out di Roma, si vivrà una bolgia transgenerazionale, con tanti giovani e giovanissimi a saltare e ballare assieme ai veterani del punk e magari a qualche più stagionato “reduce” dei primi anni ‘70. Già, perché l’evidentissima influenza principale dei Giuda è il glam rock di quattro decenni fa, peraltro spogliato degli eccessi kitsch e filtrato attraverso radici “working class” che emergono dal look non molto colorato e privo di lustrini oltre che da saldi legami con il mondo del calcio (e il cuore, va da sé, batte forte per l’AS Roma).

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Va quindi benissimo citare i T.Rex di Marc Bolan, gli Sweet o gli Slade, senza però dimenticare che i “ragazzi” non giocano con l’ambiguità, non portano i capelli lunghi né indossano scarpe con la zeppa e abiti con le paillettes, optando invece per la sobrietà di jeans, magliette e anfibi. Inevitabile che il dualismo si rifletta nelle canzoni, dove essenzialità, energia e ruvidezza figlie dei trascorsi punk – la band discende dagli straordinari Taxi, che negli anni Zero hanno riscaldato a dovere gli amplificatori dei live club e quelli casalinghi degli appassionati più attenti – coesistono felicemente con ritmiche martellanti, melodie che “acchiappano” al primo ascolto e una tendenza all’inno rimarcata dall’ampio uso di cori. In “Let’s Do It Again” con maggiore maturità rispetto a “Racey Roller”, ma senza che ciò comporti cali di verve o di potenza.

L’ennesima manifestazione della famosa Retromania, insomma? In sostanza sì, e i Giuda non solo se ne fregano ma ci scherzano pure sopra adottando per i loro dischi copertine che sembrano usurate dal tempo. “It’s only r’n’r” e non è il caso di imbastire dietrologie: godiamoceli, alzando il volume finché i vicini non chiederanno pietà.

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Federico Guglielmi si occupa professionalmente di rock (e dintorni) dal 1979, con una particolare attenzione alla musica italiana. In curriculum, fra le altre cose, articoli per alcune decine di riviste specializzate e non, la conduzione di molti programmi radiofonici delle varie reti RAI e più di una ventina di libri, fra i quali le biografie ufficiali di Litfiba e Carmen Consoli. È stato fondatore e direttore del mensile "Velvet" e del trimestrale "Mucchio Extra", nonché caposervizio musica del "Mucchio Selvaggio". Attualmente coordina la sezione musica di AudioReview, scrive per "Blow Up" e "Classic Rock", lavora come autore/conduttore a Radio Rai e ha un blog su Wordpress, L’ultima Thule.
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