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I funerali di Pino Daniele a Roma: perché negare l’ultimo abbraccio a Napoli?

I funerali di Pino Daniele si svolgeranno mercoledì mattina a Roma, poi la sepoltura in Toscana. Ma è davvero giusto negare alla cittadinanza l’ultimo saluto al suo “mascalzone”?
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La morte di Pino Daniele non ha lasciato dormire nessuno a Napoli. Una veglia incredula e infinita sui social network, per una città che di fatto ha perso il sonno e la voglia di sorridere. Disgraziate le circostanze, assurde le dinamiche della morte. Il malore nel suo "buen retiro" tra Magliano e Orbetello in provincia di Grosseto, il rifiuto di cure mediche in Toscana (dove, ironia della sorte come scrive Federico Vacalebre su Il Mattino, avrebbe avuto un controllo previsto proprio per oggi) e la corse folle verso il Sant'Eugenio di Roma, dove è arrivato già privo di conoscenza.

I funerali si svolgeranno mercoledì mattina alle 12 al Santuario del Divino Amore di Roma, una decisione che, unita alla volontà dei familiari di portare la salma nel cimitero di Talamone, nel comune di Orbetello, a due passi da casa, ha gettato in un profondo sconforto quella stessa città che questa notte non ha chiuso occhio. E la frustrazione si alimenta negli stessi luoghi, dove stanotte dilagava il dolore, con pagine Facebook che chiedono espressamente i funerali di Pino Daniele in cittàPerché negare l'ultimo abbraccio di Napoli a Pino Daniele? Quella Napoli che, ricordiamo, lo ha accolto nella doppia data al Teatro Palapartenope, il 16 e il 17 dicembre, con l'ennesimo convinto sold out. Quella Napoli che non gli ha mai rinfacciato nulla, perdonandogli tutto, persino il successo.

Eh già, perché il "campanilismo" à la Viviani ha mietuto vittime illustri per il passato, ed è tuttora spietato con i personaggi che conquistano i favori del grande pubblico, valicando i confini. Ma di Pino non si è mai parlato male, anche quando sperimentava con coraggio le prime influenze del "rock-arabe". "Bonne Soirèe" nel 1987, ad esempio, era all'avanguardia, si componeva di una nuova band dall'assoluto valore (su tutti Mel Collins), ma incontrò i primi malumori, intensificati quando la svolta era ormai avvenuta. Il Pino "di protesta" non c'era più, era arrivato un Pino "d'amore", nazionalpopolare, per tutti, paradossalmente un po' più distante dai napoletani. Ma "Zio Pino" è rimasto "Zio Pino". Sempre.

E allora, posto che le volontà dei familiari restano pur sempre insindacabili, è davvero giusto negare alla cittadinanza l'ultimo saluto? Un esodo in massa nella città di Roma appare, seppur scontato, sostanzialmente diverso. Ma allora che fare? I fratelli di Pino, in queste ore, fanno la voce grossa, hanno già chiesto i funerali a Napoli. Eppur la polemica non avrebbe ragione di esistere: decide la famiglia. Ma si faccia qualcosa per onorare quel patto sottinteso che c'era tra la città e l'artista, si crei un momento, ma senza colori e bandiere politiche o commerciali, senza piazzate e sceneggiate, nel rispetto e nella presa di coscienza di quanto Pino fosse di quei napoletani diversi dal mucchio. Del resto lo diceva sin dai primi anni, di quanto rinnegasse la Napoli oleografica, di quanto nutrisse per la città amore e odio, come rivelò lui stesso nella suggestiva intervista in tangenziale, nella clip che apre questo post.

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