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I Bautista e il loro emoton, una danza nostalgica che passa tra il Perù e la Puglia

Sono 999asura (Aaron Saavedra) e Machweo (Giorgio Spedicato) i protagonisti di un nuovo fronte musicale in Italia, un’influenza latina che va a scontrarsi con le sonorità punk/emo italiane, un viaggio sonoro che in questo momento solo i Bautista stanno cercando di raccontare. Tra i temi, la nostalgia del sud e della propria terra, dal Perù alla Puglia.
A cura di Vincenzo Nasto
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Una musica nostalgica, un racconto latino che potrebbe toccare l'argentino Duki, come il portoricano Bad Bunny, ma che invece nasce in provincia di Modena, da due ragazzi che vedono nel sud la nostalgia adolescenziale e nel processo di crescita, tutte le influenze musicali emo. Stiamo parlando di Aaron Saavedra e Giorgio Spedicato, in arte i Bautista, un progetto musicale così estremo da legare la leggerezza del reggaeton ai suoni distorti della musica emo, partendo principalmente da Carpi, ma arrivando da storie completamente diverse. Se Saavedra (aka 999asura), nato e cresciuto in Perù, ha raccolto il suo bagaglio musicale, cercando una connessione con la musica italiana, il producer del gruppo, Giorgio Spedicato (aka Machweo), sembra esser riuscito a collegare fili invisibili, trasportandoci nel mondo dell'emoton. Da "Senna" a "Damn bro", fino all'ultimo singolo "Una buona storia", i due artisti stanno raccontando una storia particolare, fatta di momenti in cui tutto sembra perdere importanza, e l'unico modo per rimanere legati a se stessi, è affidarsi ai ricordi.

Com'è nato il progetto Bautista, ma soprattutto come vi siete conosciuti?

Giorgio: Ci siamo conosciuti in un modo banale, entrambi vivevamo a Carpi. Aaron era amico di mia sorella, e io facevo il produttore già da 10 anni. Lo sentii cantare e gli chiesi se volesse cantare sulle mie produzioni, da lì è nata la cosa. Poi è diventata più grande.

C'è un'influenza latina, anche nei suoni distorti della vostra musica. Quanto questa anima vi coinvolge, ma soprattutto come riuscite a unirla a sonorità punk/emo?

Giorgio: Partendo dal presupposto che Aaron è peruviano, la musica latina l’abbiamo trovata nelle nostre influenze generali. Ci è sembrato naturale partire da quel lato musicale, poi una nostra grande passione era quella della musica emo, quindi ci è venuto naturale attingere anche da lì.

Questi due generi non godono di molto rispetto, almeno nel mercato discografico italiano. Quanto vi influenza questo muro invisibile, anche nel processo di creazione della vostra musica?

Aaron: Non è un nostro problema, anzi il reggaeton in realtà in Italia è vista come una moda estiva ma in America Latina, da dove vengo io, è una musica per aiutare le persone, soprattutto quelle in difficoltà. Diventa un canto che libera, anche per una serata in spensieratezza. La musica in America Latina ha un po’ questo compito. Io personalmente, ma anche Giorgio, siamo due persone molto viscerali che cercano di comunicare qualcosa anche oltre il ritmo. Il nostro motto è “twerkando por fuera, llorando por dentro”.

C'è un messaggio ricorrente nella vostra musica, un senso di tristezza che si traduce certe volte in determinate immagini, come quella dell'abbandono. Cosa vi perseguita?

Aaron: Io ho il panico dell’abbandono, e parlarne attraverso la musica mi rende il viaggio maggiormente terapeutico. Non è la paura di lasciare o essere lasciato, ma anche la nostalgia di ritornare dove si è stati felici. Ho molta nostalgia del Perù, di dove sono cresciuto, come Giorgio ha nostalgia della Puglia. È il principio dei ricordi adolescenziali, di quelli che riesci a tenere dentro, cancellando anche magari i momenti brutti che hai vissuto in passato. Ci piace molto il senso di sud, di nostalgia, di avere a che fare con ciò che ci ha fatto crescere.

Ci sono tante sonorità nella vostra musica, che si allontanano dalle tendenze trap attuali, tranne in un brano: "Damn bro". C'è stato un tentativo di legarsi anche a questo tipo di musica?

Aaron: Non l’abbiamo fatto apposta, è nato nel 2019. Ovvio che durante un percorso musicale, essere riconosciuti in qualcosa che già si conosce ed è in tendenza, fa sempre bene al progetto. Però noi vogliamo fare la roba nostra, dando un’identità molto forte, creandoci il nostro posto piuttosto che seguire la moda.

C'è in mente un progetto, qualcosa che possa rappresentare il vostro prossimo gradino? Ma soprattutto, ci sarebbe qualcuno con cui vorreste collaborare, senza cambiare la vostra direzione?

Aaron: Siamo in fase di creazione della nostra identità, ma per adesso non abbiamo ancora date decise. Certamente ci farebbe piacere rilasciare un progetto, ma viaggiamo ancora a vista, diciamo dove ci porta il cuore. Ci sono tanti artisti con cui ci piacerebbe collaborare, ma in questo momento vogliamo concentrarci sulla nostra musica. Non esistono gradini, vogliamo solamente farci conoscere e riuscire a portare qualcosa di nuovo, musicalmente parlando. Non abbiamo altri obiettivi.

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