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Gli M+A diventano Santii e pubblicano l’album S01: “Una metamorfosi naturale e inevitabile”

Con l’album “These Days” gli M+A si erano ritagliati un posto importante nel pop elettronico italiano che, però, non restava relegato ai confini nazionali. Col passare degli anni, però, la musica si è evoluta, arricchita e per questo Michele Ducci e Alessandro Degli Angioli hanno deciso di dare una nuova direzione e un nuovo nome al progetto, facendo nascere Santii.
A cura di Francesco Raiola
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Santii (ph. Mattia Guolo)
Santii (ph. Mattia Guolo)

Michele Ducci e Alessandro Degli Angioli erano conosciuti, fino a qualche mese fa soprattutto per il loro progetto M+A con cui si erano ritagliati un posto importante nel mondo del pop elettronico (termine ombrello che non si riduce a questa definizione) italiano e non solo. Il loro album "These Days" era stata una delle cose più interessanti uscite nel nostro Paese in questi anni e in tanti si aspettavano il proseguimento di quel percorso. E il percorso, in verità continua, ma sotto un'altra forma, visto che i due sono tornati come Santii, progetto che ha pubblicato il primo album S01 in cui il pop elettronico viene influenzato ancora di più da influenze black e da collaborazioni che hanno un peso specifico importante dando al progetto una spinta in più. Ne parliamo con Michele.

Cominciamo dalla domanda forse più banale fatta da una persona che ha amato alla follia “These Days”, ovvero come è avvenuto e in cosa consiste il passaggio dal progetto precedente a questo nuovo.

Diciamo che è stato un processo molto naturale, stavamo scrivendo del materiale per M+A e man mano ci siamo accorti che stavamo cambiando sia il nostro processo creativo, sia quello che scrivevamo e quando ci siamo accorti che effettivamente, pur rimanendo noi due, era una cosa che stava cambiando abbiamo deciso che era giusto, proprio in termini di vita, fare questo tipo di cambiamento interno: accettare la metamorfosi e il cambiamento era inevitabile, era una cosa troppo diversa.

Sì, ho visto che il suono è evoluto includendo anche sonorità più r&b e hip hop, come si vede anche nelle collaborazioni, tra l’altro.

Guarda, abbiamo sempre avuto nei nostri ascolti queste cose, chiaramente il fatto che siamo collocati in questo contesto storico fa si che ascoltiamo molta musica, ci piace e vogliamo capirla, quindi ci siamo focalizzati su certi aspetti, in particolare. Abbiamo comunque voluto mettere al primo posto la musica, in realtà, e non il genere o il nome del gruppo, tutte queste sovrastrutture, ed essere liberi di fare più che quello che ci pare, quello che ci piace fare e accettare il fatto che siamo molto in metamorfosi.

S01 è un progetto che si dipana in stagioni o è solo un titolo?

Stiamo già preparando la S02 e alla base l'idea è quella di mantenere la serie, ogni canzone si declina come se fosse un episodio e ha diversi contenuti. Lo stesso processo creativo sarà dentro questa cosa, non stiamo pianificando troppo quello che accadrà tra qualche mese, lo faremo e basta.

Tra l'altro anche questa cosa degli episodi mi dà l'idea di una sorta di multidisciplinarietà che si vede, ad esempio, anche per la costruzione dei video, che sono spesso racconti, mini film.

Sì, l'idea è di declinare attraverso racconti diversi un'unica cosa che poi è il progetto Santii.

Sesso, sesso a tre, omicidio: il video di Outsider fa parte proprio dell’idea di fottersene un po’ di “quello che si deve fare”?

Ci piaceva questa idea di saper stare un po' fuori da quel che si dovrebbe fare e decidere cosa fare senza troppi input esterni, sì.

"No kimono, no black, no white. Was he a kamikaze? I don’t know guys, I just sing this verse from another multiverse". Mi ha colpito molto sta frase, un po’ perché da napoletano mi ricorda il metaverso dei 24 Grana, vabbè…un po’ perché non è facile trovare l’idea di multiverso in un brano pop. Parlami un po' di come costruite i testi.

Diciamo che sicuramente ci è sempre piaciuto questa cosa mantenere un doppio livello, da un lato sperimentale e anche un po' più complesso ma che sia sempre dentro un livello fruibile, che è una delle cose più complesse che possano esserci, anche perché forse la sperimentazione è proprio quella. Per quanto riguarda i testi è simile alla questione musicale, il processo di scrittura è sempre stato connesso a quello che scrivevo io che poi veniva mandato agli altri che poi dovevano scrivere qualcosa che dialogasse col mio e viceversa. Stiamo prima attenti ai suoni ma ci siamo resi conto che stare attenti ai suoni è stare attenti anche all'altra componente, che in passato non era abbastanza comunicativa e pensa che ancora oggi ci stiamo lavorando.

Il lavoro di sperimentazione e ricerca lo vedi anche nei feat., non ci sono nomi enormi ma tutti ricercati e funzionali ai pezzi.

Non volevamo fare il feat. con l'artista a cui mandi il pezzo e gli gli dici ‘Canta' e magari è un super big a cui non parli manco direttamente. È una cosa nata su un versante il cui il focus è sempre la musica. Rejiee Snow l'abbiamo contattato via Facebook, ma tutti sono nati in maniera molto umana, volevamo fare una cosa che fosse relativa ai nostri ascolti e anche a certi ambienti, suoni, non il nome grosso. Era più una cosa tipo ‘prendiamo un certo flusso di generi, scelte che ci piacciono e cerchiamo di metabolizzarle'. Una cosa che ci piace molto è che un IDK suona completamente diverso da come suona nei suoi progetti, per dire.

Avete portato loro nel vostro mondo…

E noi in parte nel loro, è un mix in realtà, e quel punto di incontro è S01.

Che possiamo definire dire pop, vero?

Questa cosa del pop ce la stanno dicendo in molti in queste settimane, in realtà non era nato con l'idea di fare un disco pop, anzi, ai tempi eravamo in contato con label americane e discutevamo sul fatto che era una cosa poco da radio. La questione è che più che pop è un disco molto vocale, le voci sono una componente dominante, fanno un po' da cucitura allo sperimentale: il cantato dà proprio la percezione del pop, o almeno per noi è questo.

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