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Gli italiani non spendono in cultura. Cifre shock per i concerti musicali

I dati di Federcultura sullo stato della spesa culturale italiana non sono affatto rassicuranti. Con la crisi che colpisce il paese è quello uno dei settori maggiormente colpiti dallo stop ai consumi. A farne le spese è soprattutto la musica dal vivo che vede un calo enorme soprattutto sul versante della “classica”
A cura di Francesco Raiola
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Nel periodo più caldo della stagione concertistica nazionale arriva come una doccia fredda, ma neanche tanto, il rapporto di Federculture sullo stato della cultura in Italia. Dopo anni di stenti che vedevano, comunque, un segno più per quanto riguarda la spesa culturale (+26,3 dal 2001 al 2011), l'anno scorso il calo c'è stato e non è stato neanche tanto sensibile: un 4,4% che non dice promette nulla di buono. A essere colpiti sono i concerti, soprattutto quelli di musica classica, che perdono il 22,8%, mentre quelli generali segnano un calo dell'8,7%. Ma cali sostanziosi ci sono stati anche per le discoteche, per gli spettacoli sportivi, monumenti e siti archeologici, cinema e mostre e musei, che alternano segni negativi che vanno dal 5 fino al 10% (classica a parte, ovviamente).

Il Sole 24 Ore riporta anche quello che è il confronto con il resto d'Europa dove, invece, il trend sembra essere un altro:

Imbarazzante il confronto con il resto dell'Europa dove le famiglie in media dedicano l'8,9% della propria spesa alla cultura. Gli italiano si fermano al 7,2% e siamo fra gli ultimi. Sotto di noi Irlanda, Grecia, Bulgaria e Romania. Paesi come Francia, Gran Bretagna e Spagna superano l'Italia soprattutto per frequentazione di musei e lettura di libri (il 70% dei francesi legge almeno un libro all'anno, in Italia solo il 46%).

Un periodo difficile quello della musica live che era ipotizzabile anche da altri fattori come quelli che hanno caratterizzato la stagione musicale italiana. Sono tanti, infatti, i festival – alcuni dei quali storici – che si sono ritrovati a dover chiudere o, talvolta, saltare un'annata per motivi economici. Alcuni lo avevano annunciato, altri lo hanno fatto improvvisamente – è il caso dell'"A Perfect Day" che aveva anche annunciato il cast. E così, oltre al festival scaligero avevano chiuso i battenti tra gli altri anche l'Heineken Jamming festival, il Gods of Metal, l'I-Day festival, il Rock in Idrho etc…

Un danno enorme per i gruppi, se si considera che col calo delle vendite dei cd fisici e con quelli dei digitali che non ne coprono le perdite, i live sono uno dei principali mezzi di sostentamento dell'industria musicale; ma una perdita soprattutto per i fruitori che si vedono sempre più costretti a rinunciare allo svago musicale (e che come un circolo vizioso potrebbe portare a una diminuzione dei concerti nello stivale). Problema, quello della morte dei festival, che comunque colpisce un po' tutto il mondo come riporta questo pezzo di Consequence of Sound o come racconta il Pacific Standard in un pezzo dal titolo "La bolla dei Festival musicali".

Gli italiani sono più poveri e ovviamente tagliano su quello che pensano sia superfluo e così la cultura è la prima a farne le spese: "La voglia di cultura c'è – dice Roberto Grossi – ciò che manca è la strategia. Questo Paese da anni non ha una politica per la cultura. La classe politica, dispiace dirlo, è arretrata e incolta, non ha capito che anche in tempi di crisi la cultura è una porta che deve restare aperta. Se siamo usciti dal dopoguerra, se siamo entrati nel G8 il merito è dell'identità conquistata e la crescita culturale è anche crescita sociale ed economica".

A seguito dei dati di Federculture scende in campo anche il Presidente della Repubblica che rivolgendosi all'Associazione capitanata da Grossi torna a parlare di importanza della cultura (che per qualcuno non faceva mangiare): "Nell'attuale difficile situazione economica, la vostra Associazione offre un importante contributo alla tutela e alla valorizzazione del nostro prezioso patrimonio culturale e artistico, che costituisce una risorsa vitale per il Paese e svolge un ruolo fondamentale nell'affermazione della sua identità, grazie anche all'impegno congiunto di tutti i soggetti pubblici e privati a vario titolo responsabili e a una rete di valide professionalità attive su tutto il territorio nazionale". E assieme a Napolitano anche il sindaco di Roma Marino che a margine della presentazione dei dati al campidoglio dice: "A Roma qualcosa negli anni si è spezzato. Iniziative di grande respiro e vivacità, come l'Estate Romana, sono state nel tempo indebolite. Lo stesso è accaduto per la Festa del Cinema, che nel tempo si è appassita – ha proseguito – il Teatro dell'Opera ha poche aperture di sipario, la metà circa del Teatro alla Scala di Milano" e ha continuato "Oggi più che mai Roma deve cambiare, dobbiamo ridare vita a quelle istituzioni e realtà culturali che potranno far rinascere la scena artistica romana e le sue produzioni e su questo non intendo disattendere le mie promesse tantomeno sul fronte culturale".

Parole che riattualizzano, come periodicamente avviene, i soliti problemi: quello della ripresa economica, certo, ma soprattutto quello dell'atavica differenza tra fatti e parole a cui la politica ci ha fin troppo abituati. Insomma tutti dispiaciuti ma alla fine i tagli continuano, al punto da far sbottare anche il Ministro della Cultura Bray che qualche giorno fa è+ arrivato ad accusare il Governo di non aiutarlo: "In uno stato di difficoltà come quello che stanno vivendo i Beni culturali e il Turismo, invece di ricevere aiuti continuiamo a subire tagli. Per esempio quello che impatta per il 15% in due anni sui ‘consumi intermedi' delle Pubbliche amministrazioni, all'interno delle quali sono considerate anche le Fondazioni lirico sinfoniche, i Teatri stabili, e alcune importanti istituzioni culturali italiani come la Biennale di Venezia e il Festival di Spoleto, in quanto inseriti nell'elenco Istat allegato alle ultime leggi Finanziarie".

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