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Gli Hanson non sono solo MMMBop: “Abbiamo attraversato tante tempeste, ma siamo ancora qui”

Si chiama “Red Green Blue” l’ultimo album degli Hanson, la band diventata famosa grazie a MMMBop e che quest’anno festeggia 30 anni di carriera di cui hanno parlato con Fanpage.
A cura di Francesco Raiola
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Gli Hanson (Credit Jonathan Weiner)
Gli Hanson (Credit Jonathan Weiner)

Alla fine dell'intervista su Zoom Taylor Hanson, un terzo della band che ha raggiunto il successo mondiale con Mmmbop, parla dell'esplosione che ha provato assaggiando un pomodoro durante un suo viaggio a Napoli. Una scoperta che lo ha quasi sconvolto: "È come se avessi assaggiato un pomodoro per la prima volta". E chissà che l'effetto non sia lo stesso che potrebbe fare a chi tornasse ad ascoltare gli Hanson togliendosi dalla testa l'idea che la band sia solo ed esclusivamente una canzone, la classica One Hit Wonder, mentre alle spalle c'è molto di più. Ci sono tre musicisti che hanno avuto un successo planetario e, benché giovanissimi, sono riusciti a rimanere coi piedi per terra e prendere in mano il proprio destino, andando via da una major e creando la propria etichetta. Oggi la band conta nove album, concerti in tutto il mondo e una fanbase solidissima a cui Taylor fa spesso riferimento. Con lui abbiamo parlato di "Red Green Blue", l'ultimo album, che è una raccolta di tre Ep scritto ciascuno da uno dei fratelli (Red da Taylor, Green da Isaac e Blue da Zac) ma che è a tutti gli effetti un album della band, dal momento che benché ciascuno di loro abbia avuto in mano le redini del proprio progetto hanno collaborato rispettivamente l'uno con l'altro. All'interno si sente l'evoluzione della band, la parte di Taylor ha molte influenze folk e brit pop, come conferma lui stesso facendo riferimento a gruppi come Travis, Verve e Keane. A Fanpage.it ha parlato di come è nato l'album, ma anche dei 30 anni di carriera, delle tempeste superate e del rapporto con MMMBop. La band suonerà live in Italia il prossimo 20 giugno ai Magazzini Generali di Milano

Quest'anno compiete 30 anni di carriera: sono passati troppo in fretta o sei riuscito a goderteli?

Trenta anni è tanto tempo, quasi una vita, con i suoi alti e i suoi bassi, eppure alcune cose sembrano successe solo un momento fa: abbiamo scritto canzoni, le abbiamo suonate live, e quelle esperienze sembrano ancora reali, non sembrano quelle di qualcun altro. Sono molto orgoglioso di come abbiamo speso questo tempo.

Dobbiamo i due album in due anni al momento particolare, pandemico, che abbiamo vissuto?

Tutti noi abbiamo vissuto un'esperienza durissima, e sì, l'impatto della pandemia ha avuto un effetto sulla quantità di musica uscita. L'album "Against the world", che abbiamo pubblicato nel 2021, era pensato per uscire prima ed essere accompagnato da un tour mondiale nel 2020, poi abbiamo deciso di non aspettare il tour per pubblicarlo perché volevamo avere qualcosa per mantenere i fan coinvolti: per questo abbiamo scelto comunque di pubblicarlo e per questo lo abbiamo fatto in un modo particolare, facendo uscire ogni mese una canzone diversa. Una volta che ci siamo resi conto che saremmo tornati a suonare, però, volevamo qualcosa di nuovo e volevamo far sentire alla gente – e anche a noi – un entusiasmo maggiore. Il periodo che abbiamo vissuto ha avuto un impatto sostanziale nel modo in cui pubblichiamo, penso che abbia senso, vogliamo fare sempre più cose interessanti, che ci entusiasmino, vogliamo pensare all'esperienza di cui possono godere i fan, quindi avere canzoni nuove per il tour aveva senso.

È vero che c'è sempre uno scarto tra narratore e artista, ma mi pare un album molto molto personale e autobiografico: questo periodo ha anche influenzato il tuo modo di scrivere? 

L'album è unico per vari motivi, è diviso in tre parti ed è sicuramente un po' più personale: questo progetto voleva essere differente e così il modo in cui ho approcciato le canzoni, nel senso che ho voluto che le canzoni fossero più semplici, più intime, amo fare arrangiamenti armonici, amo la Motown, amo il Gospel, ma queste cose non sono così presenti in queste canzoni perché sentivo che questo progetto doveva essere differente. Anche Child at Heart, che abbiamo pubblicato come primo singolo, era molto strutturata musicalmente, gli arrangiamenti erano molto ricchi, ma non è un tipico singolo à la Hanson, è più lento…

Ha un che di malinconico…

Sì, lo è molto, ha più connessioni con il brit rock, penso a Travis, Verve, Keane. Credo che quando scrivi musica, fai film, metti nel tuo lavoro tutto il mondo, cercando di tradurlo in qualcosa di autentico e noi abbiamo sempre cercato di essere autentici.

Come è nata l'idea di tre ep/mini singoli album, la scelta di separarli, sia nell'idea grafica che nella tracklist? 

Questa idea ce l'ha Isaac da tanto tempo, francamente non è un tipo di progetto che puoi fare sempre ma ci è sembrato che questo fosse il momento giusto per provarci, ormai abbiamo 30 anni di storia alle spalle e abbiamo fatto così tante cose e questa era un'opportunità di crescita. Non sono tre progetti solisti in assoluto perché tutti noi abbiamo suonato nelle altre canzoni, abbiamo collaborato come un team, ma ognuno di noi ha preso il comando della propria parte e ha diretto più del solito. Abbiamo prodotto in collaborazione con Jim Scott e David Garza ed è stato stimolante su vari fronti, non so se lo rifaremo ma so che in questo momento era necessario fare qualcosa di differente.

Questa cosa vi porterà verso una dimensione solista?

Non lo so, in questo momento penso che la cosa principale sia focalizzarsi nell'avere un anno speciale e che ognuno sia orgoglioso di ciò che abbiamo fatto. Per il resto vedremo.

E l'anno speciale passa anche attraverso i live, immagino, no?

Assolutamente, credo che i musicisti di tutto il mondo si sentono come noi, sono veramente affamati del palco, di tornare a suonare, siamo molto emozionati.

Avete detto che "Red Green Blue è ciò che ci ha reso una band in grado di resistere a una marea di tempeste". Quante e quali tempeste hai affrontato?

Quanto tempo hai? È molto difficile individuare ogni tempesta soprattutto se sei un artista che ha fatto un album di successo, è andato in tour mondiale, ha fatto un secondo album, e sei con un'etichetta che ti cambia completamente e ti ritrovi a doverne creare una tua. Abbiamo lasciato Universal dopo un successo planetario e abbiamo ricominciato, abbiamo anche realizzato un documentario su questa cosa. Collaborare profondamente l'uno con l'altro, essendo fratelli, costruendo famiglie, cercando di sopportare i cambiamenti, non è semplice, ogni persona evolve, le vite di ciascuno di noi evolvono e attraversare tutti questi piccoli cambiamenti come un'unità è una tempesta infinita, non finisce mai, eppure è attraverso le tempeste che trovi un senso. Ed ecco dove una grande band o un grande progetto trova la passione, credi in qualcosa, ti interessa quel qualcosa e rimani focalizzato su quella cosa perché ci sono sfide che cercheranno di dividerti.

È una sfida continua, insomma…

È una sfida continua, sì, e siamo veramente benedetti in tal senso. Abbiamo avuto successo, siamo stati in tour in tutto il mondo, abbiamo costruito una fanbase molto forte e tutti coloro che sono stati in una band sanno che non è semplice.

Scrivete, producete, siete imprenditori con l'etichetta 3CG Records. Quanto è stato difficile, paradossalmente, costruirsi una reputazione al di là di MMMBop? Avete dovuto comunque affrontare un pregiudizio enorme, no?

MMMBop è stata così di successo e così universale che è sia una cosa positiva che una sfida, è arrivata in maniera così forte e, non so se ce l'abbiamo fatta alla fine, ma quello che abbiamo cercato di fare è stato concentrarci sul mestiere, non abbiamo cercato di inseguire le tendenze, abbiamo lavorato solo su progetti in cui credevamo, abbiamo chiarito fin da subito la nostra indipendenza e preso in mano la proprietà della nostra attività. Siamo songwriter, produttori, abbiamo dato vita a una label e il bello è che puoi andare in tutto il mondo e 25 anni dopo MMMBop puoi ancora confrontarti con migliaia di fan che ti vogliono bene.

Come avete costruito questo percorso?

Penso che questa cosa sia stata costruita grazie a una grande capacità di relazionarsi con i veri fan e mantenere una reputazione. Quando vai a un concerto degli Hanson ci sono veramente poche persone che sono lì solo perché gli è capitato di andare, le persone sono lì perché sono appassionate, non sono passive. Abbiamo cercato di costruire la nostra carriera proprio su questa profonda e autentica connessione.

C'è enorme orgoglio per ciò che avete fatto.

Non suoneremo nelle arena, in posti da 20 mila o 50 mila persone, ma suoniamo davanti a 2000 persone e lo facciamo in tutto il mondo, 25 anni dopo il nostro primo disco, siamo veramente orgogliosi di questa cosa e sappiamo bene ciò che abbiamo fatto e come lo abbiamo fatto. Parte di ciò che abbiamo fatto è stato dire: "Guarda, qualunque cosa faccia, il primo livello di successo è esserne orgogliosi". Io so di avere successo perché sono orgoglioso di ciò che ho realizzato e ci credo.

Ne siete orgogliosi voi, quindi, e i fan che, appunto, vanno ben oltre quel successo mondiale.

Stare sul palco ogni sera vuol dire restare colpiti da come le canzoni e la musica continuano a evolvere e cambiare: è vero molte delle nostre canzoni sono pop, ma sono vere e sono qualcosa in cui credi quando le scrivi e  e condividi con qualcuno e diventano le loro canzoni. Io so cosa significa essere fan, ascoltare una canzone e sentirsi connessi. Credo che il successo si costruito con tanti, tanti, tanti di questi momenti e così il nostro successo non è solo nostro ma deriva dalla condivisione col nostro pubblico.

E tu, come fan, a chi ti senti connesso in questo periodo?

È difficile dirlo con precisione, essendo stati focalizzati molto sul nostro progetto ultimamente. Credo che ci sia grande musica nei vari generi, per esempio amo veramente alcune delle cose pop che sono uscite negli ultimi anni, artisti come Dua Lipa, Awolnation con cui ho collaborato – amo quello che fa, unendo rock e produzioni pop -, ma ciò che mi ispira di più restano gli album soul, mi sento come se stessi lottando per questo, per ciò che senti nella voce di Sam Cooke, quelle cose mi ricordano il perché facciamo musica.

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