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Gianna Nannini: “Abbiamo la certezza della vita e della morte ma la differenza la devi fare in vita”

“La differenza”, ultimo album di GiannaNannini parla “di rapporti umani e anche di conflitti, di differenze” come racconta la stessa cantante a Fanpage.it. “La differenza” è l’ultimo album della cantante che torna a declinare i rapporti personali nelle sue diverse forme e con un’attenzione particolare all’amore.
A cura di Francesco Raiola
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"La differenza", ultimo album di Gianna Nannini parla "di rapporti umani e anche di conflitti, di differenze" come racconta la stessa cantante a Fanpage.it. "La differenza" è l'ultimo album della cantante che torna a declinare i rapporti personali nelle sue diverse forme e con un'attenzione particolare all'amore che canta in pezzi scritti spesso assieme a Pacifico. È un album che affronta anche il concetto di invecchiamento, di età che passa e lo fa adattando il racconto: "Siamo stati fortunati a vederci innamorati, siamo stati stupidi a invecchiare" canta il "Liberiamo", ultimo brano dell'album "Tutto passa così in fretta che ti accorgi che siamo invecchiati ma non insieme, abbiamo la certezza della vita e della morte ma la differenza la devi fare nella vita". La cantante è volata a Nashville per registrare in presa diretta, per sottolineare l'effetto rock perché "la musica così non è più noiosa, perché ci si diverte tutti".

"Siamo nati per l'amore e per non fermarci più". Una frase che è anche un po' il manifesto di quest'album che racconta le varie declinazioni dei rapporti umani…

Questo album parla di rapporti umani e anche di conflitti, di differenze, se non si fosse così differenti forse non ci si potrebbe nemmeno incontrare. La differenza è la più bella cosa che abbiamo in comune, lasciamo perdere qualsiasi etichetta, le età, perché in effetti siamo un po’ circondati da questo modo di bollare e “bullare” la gente.

Pensi che la scelta della registrazione in presa diretta sia percepita da chi ascolta?

Il fatto del registrare live in studio rimanda ai dischi che facevano i Beatles e ai Rolling Stones, questa è la tendenza nuova, innovativa ora in America e nel Tennessee, soprattutto perché la musica così non è più noiosa, perché ci si diverte tutti, c’è un feeling, una dinamica. Tuttavia devi saper suonare benissimo, perché ci sono dei codici di tempo, dei click nel computer che devi rispettare, il click è come un direttore d’orchestra che ti dà un ordine di tempo preciso e su quello bisogna saper suonare. Una sfida con il computer, perché il computer riceve il suono per registrare, è una scatola per registrare, non per falsificare tutti i suoni e manipolarli per renderli chic.

Un lavoro del genere viene valorizzato sui nuovi device di ascolto della musica?

I mixaggi li ha fatti Alan Moulder, che li fa nei telefonini, non nei vecchi nastri a 48 piste che sono alti così, perché il canale di ricezione in questa epoca è questo. Se volessi stare per conto mio e sentire tutto l’album io preferisco sempre il vinile, ma se voglio subito confortarmi con una delle canzoni dell’album, me la scarico e l’assaggio così. C’è modo e modo di rendere fruibile il rock, inteso come suono che sprigiona grandi frequenze umane, con la chitarra che fa “braaahn”. Alan Moulder che è uno che produce i Foo Fighter e i Killer, queste band qua, lavora con me da tanti anni e sa come fare, ho scelto lui per questo, però non ha manipolato il suono, è bravo a manipolare i suoni ma non l’ha fatto, perché ha riconosciuto che un disco così non l’ha mai sentito neanche lui, quindi ha rispettato la purezza del suono rendendolo fruibile.

Perché tra tanti colleghi giovani la scelta è caduta su Coez?

Coez lo vedo molto differente da tutti gli altri, l’ho scoperto d’istinto, leggevo il suo nome, “Coez”, e pensavo fosse un cantante inglese, poi sono andata a vedere ed era italiano, di Roma, aveva fatto questo disco “Faccio un casino”… già l’espressione del titolo era forte, l’ho sentito e mi è piaciuto così l’ho chiamato perché avevo una canzone che volevo condividere. Mi sembrava adatto perché ha questo modo molto melodico di porgere le parole: visto che sia lui che io eravamo a Londra, gli ho detto: “Vieni qua”. E ci siamo incontrati nel mio studio sentendo un po’ di roba, tra cui ‘Motivo’, che poi è diventato quello che è diventato, un capolavoro secondo me.

Sono passati 40 anni da "California", com'è cambiato il tuo modo di approcciarti musica?

Per me questo nuovo disco è la continuazione di qualcosa che è già iniziato: “California”, se lo senti oggi, ha un suono antico, ma è quel suono antico che ha generato me e che mi ha fatto scoprire non l’America, ma l’Europa. Ho sempre fatto dei cambiamenti, sono sempre stata alla ricerca di qualcosa di nuovo, sia in me stessa che nel linguaggio musicale, soprattutto nelle culture dei popoli. Più che ascoltare dischi, io sono sempre andata in giro ad ascoltare musica dal vivo e ho fatto anche una tesi di laurea su questo argomento perché mi interessava, è un viaggio che non finisce mai.

"Siamo stati fortunati a vederci innamorati, siamo stati stupidi a invecchiare" è un verso pieno di sincerità…

In effetti sono quelle frasi che ti escono perché senti quello che succede tra te e altre persone, questo modo di vivere che mangia tutto. Tutto passa così in fretta che ti accorgi che siamo invecchiati ma non insieme, abbiamo la certezza della vita e della morte ma la differenza la devi fare nella vita, perché poi non lo sai.

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