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Francesco Guccini: “Ho rifatto Bella ciao per le donne in Iran. L’Italia? Non ancora una teocrazia”

Francesco Guccini ha presentato il suo nuovo album, esclusivamente fisico, Canzoni da osteria. In conferenza ha parlato di Bella ciao, del conflitto tra Israele e Palestina, del cantautorato e del Governo Meloni.
A cura di Francesco Raiola
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Francesco Guccini (ph Mattia Zoppellaro)
Francesco Guccini (ph Mattia Zoppellaro)

Dopo le Canzoni da intorto, con cui inaspettatamente Francesco Guccini tornò alla discografia attiva a 10 anni da Ultima Thule, album che doveva essere quello finale, il cantautore di Pavana torna con un nuovo album, sempre esclusivamente su supporto fisico, "Canzoni da osteria, una raccolta di canti popolari selezionati dal lui stesso, presi dal repertorio nazionale e internazionale e rivisitati in chiave strettamente personale. Quattordici canzoni che partono da Bella ciao per proseguire con Jacinto Chiclana, El caballo negro, La chacarera del 55 e Sur, a cui si aggiungono Amore dove sei, Maria la guerza e La tieta, le tradizionali Il canto dei battipali in veneto, La maduneina dal Baurgh ‘d San Pir in bolognese, Hava nagila in ebraico, la nostalgica The last thing on my mind e il folk americano in Cotton fields; a chiudere il disco tra il greco e l’italiano, il brano bilingue 21 aprile.

La rilettura di Bella ciao

Guccini ha presentato l'album alla Statale di Milano, introdotto da un coro di Alpini che si è esibito proprio in Bella Ciao, canzone che il cantautore ha voluto mettere solo perché l'ha resa un omaggio alle donne iraniane: "Bella ciao è diventata internazionale grazie alla Casa di carta e oggi molte donne iraniane la cantano. È diventata simbolo della protesta contro la teocrazia, come la premio nobel Nargel Mohammadi) che è in galera. Io desideravo fare un piccolo e modesto omaggio, anche so che sono cose velleitarie. C'è Tosca che la canta tutta in farsi, ma farla in farsi era un casino, ed ecco perché c'è Bella ciao, che non è una canzone partigiana, ma la cantavano anche le mondine. Io ho cambiato invasore in oppressore, perché in Iran non sono stati invasi, ma oppressi".

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Il Governo e la situazione tra Israele e Palestina

Gli viene chiesto anche il suo pensiero sullo stato attuale del Paese, ma Guccini quasi preferisce glissare, con ironia: "Sono soddisfatto, molto soddisfatto, cosa posso dire? Almeno a 83 anni non mi metteranno in galera, diciamo che non è ancora una teocrazia. Sono soddisfatto – continua ironico – anche se non del tutto, non soddisfattissimo". Nell'album c'è anche una canzone tradizionale ebraica, scelta prima dello scoppio della guerra tra Israele e Palestina: "Quando ho deciso di mettere questa canzone non era cominciata la guerra, l'ho messa ricordando certe serate passate all'osteria delle dame, con un amico ebreo che la scorsa primavera mi ha chiamato da Gerusalemme. Per quanto riguarda la guerra non è che abbia mai approfondito la questione, anche se ho un paio di amici di Medici senza frontiere che sono stati in Israele e parlavano dell'occupazione della Palestina, oggi vedo talk con due tifoserie che si urlano contro dimenticando chi c'è in mezzo, le vittime". Guccini ha voluto citare Sergio Staino, scomparso qualche settimana fa: "Fece una tavola meravigliosa sulla mia canzone Il vecchio e il bambino, la canzone finiva col vecchio e il bambino che andavano di schiena verso un mondo miglior e col primo che aveva nella schiena la bandiera israeliana e il bambino quella palestinese e questa speranza di fraternità e amicizia fra le due etnie si può sempre avere".

La canzone 21 aprile

Il cantautore ha parlato delle tre osterie che ha frequentato, di quando si riuniva con gli amici a suonare qualche canzone tradizionale accxompagnato dalla chitarra: "Passo come un grande esperto di osterie, ma è una favola, perché ne ho frequentate tre. In una di queste veniva anche un ragazzo greco, Alexandros, che cantava una canzone che c'è nel disco, "21 aprile", contro il colpo di stato dei colonnelli. All'università di Bologna cantavamo, c'erano molti stranieri, nord americani che studiavano medicina, greci che studiavano ingegneria, latino americani, somali, eravamo un gruppo di giovani che passava la serata con la chitarra".

L'importanza dei cantautori

Di politica si parlava poco, spiega, erano questioni su diritti civili e Vietnam, meno di fabbriche: "All'epoca eravamo tutti di sinistra, le osterie le frequentavano soprattutto giovani di sinistra, ma non si parlava molto di politica, forse di Vietnam a fine 60, mentre nei primi 70 sono arrivati i diritti civili, divorzio, aborto, ho fatto anche concerti in favore di queste leggi, questo era l'orientamento, ciò di cui parlavamo. Non partecipavamo alle lotte politiche delle fabbriche, lo ammetto, ma si parlava di Vietnam e diritti civili". Guccini ribadisce di non ascoltare musica, le nuove tecnologie non lo aiutano però ha voluyo ricordare i Cantacronache, un collettivo di musicisti, letterati e poeti che nacque in opposizione alla musica leggera del Dopoguerra: "Per fortuna che qualcuno si è ribellato, un gruppo di intellettuali italiani, Eco era uno di quelli, ma anche poeti come Franco Fortini, scrittori come Italo Calvini, Sergio Liberovici e Michele Straniero che fondarono i Cantacronache e produssero canzoni assieme anche a un genio di Torino come Fausto Amodei, che ha scritto canzoni stupende. La canzone d'autore ha fatto cose belle, i cantautori hanno cambiato la canzone italiana".

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