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Festeggiamo Brunori, il nostro tesoro pop che racconta l’Italia nelle sue bellezza e difficoltà

Sono passati 10 anni da quando Dario Brunori, in arte Brunori Sas, ha pubblicato il primo di quattro album che hanno costruito un pezzo importante del nuovo cantautorato italiano. Dieci anni in cui Brunori ha raccontato gioie e dolori di un Paese che pur cambiando non è sempre cambiato in meglio.
A cura di Francesco Raiola
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"La devi smettere di darmi i pugni, non sono mica un pugile, ma tu non capisci la poesia, sei solamente un tecnico", comincia così "Brunori Sas, Vol 1", il primo album di Dario Brunori, titolare, appunto, di uno dei progetti musicali più importanti del panorama musicale italiano di questi ultimi anni. Usciva 10 anni fa (il 21 giugno, per la precisione) l'album d'esordio del cantautore calabrese che con quattro lavori ha costruito un percorso che lo ha fatto diventare un'autorità del genere, un riferimento – forse lui ne riderebbe e si schernirebbe di questa definizione – per tantissimi giovani autori che in questi anni hanno dato corpo e pubblico a quello che oggi definiamo It-Pop e a una nuova ondata di cantautorato pop.

L'instant classic Guardia 82

Quell'esordio è senza dubbio fondamentale per capire qual è stato il percorso del pop italiano di questi ultimi anni, una nuova strada che ha trovato in Brunori il suo cantore e che da subito ha avuto anche il suo inno. "La spiaggia di Guardia, rovente, era piena di gente, si parlava di sport, di Pertini e Bearzot" cantava Brunori in "Guardia 82", instant classic che dal vivo diventa praticamente un coro collettivo (il singalong è una caratteristica dei concerti, divertentissimi, del cantautore calabrese) e che affonda le mani nell'amarcord degli anni 80, periodo tornato protagonista nell'Italia musicale degli ultimi anni. Ma Brunori guarda dall'alto – o almeno di lato – quello che succede nel panorama.

La vita raccontata in una canzone

Brunori è un maestro nel raccontare le complessità della vita, le sue difficoltà, e ha creato una compendio di personaggi rappresentativi della società in cui viviamo, raccontando il lavoro perso, le difficoltà dell'amore, la depressione, i suoi testi, che sembrano spensierati a un primo ascolto, sono il racconto della realtà tragica del Paese, dall'imprenditore scontento che aspetta la fine del mese, Paolo che vuole un amore che gli scaldi l'anima ed il cuore, il dolore del Giovane Mario che fallisce anche nel suicidio (un racconto da pelle d'oca), l'emigrato calabrese che ha perso la mano e il lavoro e torna in Calabria per sposare Rosa che però nel frattempo si è promessa a un altro uomo, l'ex proletario che si è venduto alle logiche del mercato in un Mambo reazionario fino al racconto del suo ultimo album "A casa tutto bene", uno degli album più politici e poetici di questi ultimi anni.

A casa tutto bene, meglio che nel Paese

Fuori da tutto il tam tam social, Brunori preferisce cantarle le cose, raccontare le paure, gli effetti che l'induzione delle paure hanno anche su di sé, si mette in gioco in prima persona, come fa ne "L'uomo nero" ("Ed hai notato che l'uomo nero si annida anche nel mio cervello, quando, piuttosto che aprire la porta la chiudo a chiave col chiavistello. Quando ho temuto per la mia vita seduto su un autobus di Milano solo perché un ragazzino arabo si è messo a pregare, dicendo il Corano?"), racconta la precarietà in quello che forse è uno dei video più belli di questi ultimi anni, "La verità", i Don Abbondio contemporanei, o gli italiani medi del "Sabato bestiale" ("Ma tu mi parli ancora di pensioni E di barconi pieni di africani Come se fossero problemi tuoi Come se non c'avessi già i problemi miei"). Brunori è un tesoro della musica di questo Paese, qualcosa da conservare e a cui tornare, qualcosa da festeggiare quando lo si può festeggiare come il 31 agosto, giorno in cui si festeggia, appunto, San Brunori Sas, patrono delle storie che nascono e delle estati che muoiono.

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