Ci sono vari generi di reunion e quella degli Scisma, almeno a sentir loro, non è neppure definibile come tale, visto che la separazione non era mai stata ufficializzata. Sofismi, in ogni caso: la band bresciana disertava il palco dal 2003, il suo penultimo disco risaliva al 1999 e intanto il leader Paolo Benvegnù aveva avviato un’attività da solista – ben quattro album di studio, un live e tre EP fra il 2004 e il 2014 – che lo ha rapidamente affermato come una delle figure di spicco della nuova canzone d’autore. È bizzarro, dunque, che l’ensemble sia tornato in pista, benché solo per un EP con sei brani e quattro concerti. Vero che negli ultimi anni il suo nome aveva girato abbastanza nel circuito indie grazie al tributo in free download “Simmetrie”, vero che in tempi di retromania si scoperchia ogni tomba, ma si trattava pur sempre di un gruppo che all’epoca, nonostante l’accordo major, si muoveva in una dimensione di nicchia. C’era chi li adorava, chi li detestava e chi, ad esempio il sottoscritto, trovava il loro melange di post-post-punk, rock più o meno vorticoso e rumoroso, psichedelia e pop un po’ onanista e irrisolto, anche se il progetto era di sicuro personale e il talento innegabile. Le virtù dei Nostri, però, emergevano soprattutto dal vivo, sublimate in un caldo e affascinante caleidoscopio di suoni e atmosfere. Meno folgoranti, invece, i CD, peraltro in crescendo qualitativo: confuso l’esordio autarchico “Bombardano Cortina” del 1995, riuscito ma non pienamente a fuoco il “Rosemary Plaxiglas” prodotto nel 1997 da Manuel Agnelli per un sottomarchio della EMI, convincente l’atto finale “Armstrong”, edito dalla Parlophone/EMI nel 1999.
Sia come sia, la reunion-non reunion ha funzionato. Le date tenute in altrettanti weekend in tre club di Bologna, Brescia e Roma (10, 16-17 e 24 ottobre) hanno radunato platee piuttosto folte, che hanno manifestato entusiasmo tanto per l’evento in sé quanto per la bontà della proposta, oggi meno “aliena” di quindici anni fa. Nell’Urbe, al sempre più lanciato Monk, gli Scisma si sono esibiti senza risparmiarsi per quasi due ore, offrendo un pirotecnico spettacolo di ritmi, melodie, assortite stranezze, giochi canori (con menzione d’obbligo per i duetti fra Sara Mazo e Paolo Benvegnù, squisitamente antitetici), ironia e autoironia; insomma, rubando le parole a Battiato (lui parlava di uccelli, ok), “voli imprevedibili ed ascese velocissime, traiettorie impercettibili, codici di geometrie esistenziali”. In scaletta, oltre a una selezione dal repertorio dei ‘90 (i classici “Centro”, “Troppo poco intelligente” e “Tungsteno”, citandone solo tre), l’intero, nuovissimo EP con pezzi di notevole forza evocativa come le solenni “Mr. Newman” e “Metafisici”, la più pacata “Neve e resina”, il gioiellino pop “Musica elementare”. Oltre che in CD, la Woodworm ha commercializzato “Mr. Newman” anche in vinile, contestualmente alle versioni in doppio LP – è la prima volta – di “Rosemary Plexiglas” e “Armstrong”. Per i fan che non si accontentano, i tre dischi sono acquistabili in soluzione unica, all’interno di un cofanetto in trecento copie numerate, ormai quasi esaurito, intitolato “Omnibus”.
Bello, per taluni stupendo… ma ora cosa accadrà? Basandosi sulle interviste, è palese che la cosiddetta reunion sia (stata) un far pace con il passato – il “non-scioglimento” non aveva comportato voli di stracci, ma aveva lasciato qualcosa di sospeso, di non definito – e non la prima pietra per la costruzione di un domani. Paradossalmente ma nemmeno tanto, oggi gli Scisma avrebbero forse più sostenitori, ma basterebbero per giustificare l’impegno di sei adulti che non potrebbero accontantarsi dei sogni di r’n’r e avrebbero bisogno di minime “garanzie”? E come conciliare l’eventuale comeback in pianta stabile con la brillante carriera in proprio di Paolo Benvegnù, che oltretutto fu il principale responsabile del ritiro dalle scene? Questioni complesse, che probabilmente impediranno alla rimpatriata di tradursi in un’esperienza continuativa. E magari è meglio così, fermo restando che un concerto degli Scisma ogni… facciamo dieci anni?, sarebbe un bel modo per addormentare le nostalgie.