Enrico Ruggeri sulle critiche di alcuni fan: “Contro i puri e duri difendo la mia onestà”
Da sempre le pubblicità scelgono testimonia noti per pubblicizzare i propri prodotti. È una consuetudine che va avanti da sempre, a partire da Carosello, fino ai giorni nostri. Testimonial, si chiamano e ogni azienda in base a una serie di fattori ne sceglie uno a cui legare la propria immagine, che sia un volto o una voce. Solitamente non succede nulla di eclatante, altre volte qualche fan storce la bocca. È successo a Enrico Ruggeri, la cui voce è stata scelta dalla Negroni per cantare il jingle dei cubetti di pancetta: "Le stelle sono tante, milioni di milioni: la stella di Negroni vuol dire qualità". Pochi secondi in cui si ascolta la voce dell'autore di ‘Mistero', che però ha scatenato qualche critica alla quale il cantante ha risposto a muso duro tramite la sua pagina Facebook:
Ho prestato la voce ad uno spot pubblicitario, cantando uno slogan ‘storico’ appartenente alla mia infanzia e a quella di tutti i miei coetanei. Quasi tutti quelli che mi hanno scritto si sono dimostrati divertiti. C’è stata una piccolissima percentuale di duri e puri che invece ha manifestato dissenso, quasi che la cosa fosse ‘dequalificante’ per un musicista che si proclama serio. Non risponderò a questi solo citando la numerosa compagnia di personaggi dello spettacolo che da sempre hanno abbinato la loro immagine alla pubblicità (Jannacci, Dario Fo, Gassman e tantissimi altri fino a Fiorello).
Niente di scandaloso, quindi, sottolinea Ruggeri, il quale mette le distanze con coloro che si sono macchiati di fatti ben più gravi: ‘prostitutorie' le chiama lui, prima di tornare indietro di qualche secolo, quando gli artisti erano mantenuti dai mecenati:
Aggiungerò che ci sono artisti che si sono prestati a cose ben più gravi, prostitutorie direi, presso i potenti di turno: quello è venir meno a dignità ed etica”. Ricorderò anche che i più grandi poeti, pittori e musicisti dei secoli passati hanno vissuto di mecenatismo, dipingendo i nobili che li ospitavano, affrescando le loro magioni, o scrivendo poesie e musiche alle loro signore. Il denaro, per loro, è indipendenza creativa: non ci compro macchine lussuose, barche o cocaina, io faccio dischi che mi piacciono, come e quando mi va, scrivo libri e articoli, conduco trasmissioni. Senza dover rendere conto a nessuno del mio operato. Questo è il lusso che voglio permettermi, questa è la mia cifra distintiva: il musicista più bravo, la copertina più curata, il palco più bello e, perché no?, una bella business class per arrivare più in forma al concerto.
E poi, anima e voce possono anche essere cose diverse:
Per ottenere e difendere la mia onestà intellettuale posso anche prestare la mia voce. Senza vendere la mia anima.