Gli Egokid hanno cercato per un bel po’ la loro strada, ma alla fine paiono averla trovata. Si potrebbe in realtà affermare che l’avessero già fatto tre anni esatti fa con il precedente “Ecce Homo”, ma non si può negare che il nuovo lavoro che sarà pubblicato martedì 4 febbraio dalla Novunque/Self – “Troppa gente su questo pianeta”: un titolo da scolpire nella pietra – costituisca una tappa cruciale per un percorso finora in costante ascesa. Per ricorrere al solito luogo comune, questo è il disco con il quale la band dovrebbe affrancarsi dai circuito più o meno emergente e underground per ritagliarsi uno spazio reale sotto le luci dei riflettori. E lo splendido videclip de “Il re muore”, singolo composto assieme a Samuele Bersani e già registrato da quest’ultimo per l’album “Nuvola numero nove” dell’anno scorso, sembra avere le carte in regola per favorire il processo, alla pari di varie altre tracce di una scaletta dove lo spessore della scrittura si sposa all’eleganza delle trame, all’efficacia delle melodie, alla vena poetica nient’affatto scontata dei testi. Il territorio è senza dubbio il pop, ma un pop “alto” come può esserlo quello dei Baustelle, dei quali il cantante e chitarrista Diego Palazzo – leader assieme al cantante/tastierista Piergiorgio Pardo, l’altro fondatore dell’ensemble milanese – è non a caso dal 2010 più che prezioso collaboratore.
Partiti nel 2000 come duo, gli Egokid hanno impiegato parecchi anni per accantonare il repertorio in inglese e per convertirsi, contestualmente all’ingresso in organico di altri quattro musicisti, alla lingua che fu di Dante. La svolta si è verificata nel 2008 con il terzo CD “Piccola storia curativa”, uscito per la Aiuola e caratterizzato dalla presenza, in un brano, di Francesco Bianconi. Un passo imprescindibile, quello dell’italiano, per sperare di incuriosire l’ambiente ufficiale, ma un passo che rientra in un quadro evolutivo di assoluta spontaneità, come validamente testimoniato da “Ecce Homo” – esordio per la Novunque – e ribadito a chiarissime lettere dai CD che fra una settimana sarà nei negozi. Non ci sarebbe da meravigliarsi se a fine anno figurasse fra le nomination alla Targa Tenco, o se i suoi titolari provassero a ottenere un lasciapassare per l’edizione 2015 del Festival di Sanremo.
Dieci episodi per trentasei minuti, “Troppa gente su questo pianeta” si muove con classe e senso della misura fra soluzioni strumentali ricche e aggraziate, evitando però eccessi di leziosità e ridondanza. A tratti affiorano echi baustelliani (all’ascolto di In un’altra dimensione, per esempio, ci si aspetta da un momento all’altro i controcanti di Rachele Bastreghi…) e le due voci lamentano occasionali cali di incisività, ma la sintesi elettrica elaborata dal gruppo con il contributo di elementi acustici ed elettronici si rivela globalmente autorevole e persuasiva con la sua alternanza di pezzi dai ritmi marcati e momenti più dilatati e a loro modo onirici. A emergere, comunque, è sempre la tendenza alla raffinatezza e ad atmosfere malinconiche che peraltro ben si legano agli argomenti sentimental-esistenziali affrontati nelle liriche: probabile che il messaggio emotivo/estetico nel sestetto non colpisca tutti con la stessa intensità, ma molto difficile che possa suscitare reazioni troppo negative. Peccato solo che illo tempore i ragazzi non si siano impegnati maggiormente nella ricerca di un nome meno sciocco.