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Edda: “Per me scrivere canzoni è come scalare l’Everest”

Si chiama Illusion il disco con cui è tornato discografico Edda che a Fanpage ha parlato del lavoro sulle canzoni, la voce e la spiritualità.
A cura di Francesco Raiola
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Edda (ph Ray Banhoff)
Edda (ph Ray Banhoff)

A ogni nuovo album di Edda c'è un leggero fremito che scorre sulla schiena del mondo che una volta chiamavamo indie. Ogni volta Stefano Rampoldi dice che potrebbe essere l'ultimo, che potrebbe non ritrovare più l'alchimia della nascita di un pezzo o reggere la fatica di creare un brano completo. Poi fortunatamente non è così e così, dal suo ritorno ufficiale da solista, dopo essere scomparso per anni dai radar, siamo arrivati a sei album, compreso l'ultimo Illusion (Al-Kemi Records/Ala Bianca) che vede la produzione di Gianni Maroccolo, ex Litfiba, CSI, Marlene Kuntz, tra gli altri. E dopo alcune influenze funk che caratterizzavano l'album precedente, Edda torna a vestirsi di pop, con le melodie che talvolta stridono con la sua voce talvolta sbilenca, sicuramente caratterizzante anche per il suo modo di cantare. E nonostante non la ami questa voce, questa volta gli è piaciuta, vestono bene i suoi testi antididascalici, quadri di sensazioni, niente di didascalico (e il caso vuole che esca contemporaneamente a quello dei Verdena, con cui divide questa caratteristica), in cui tornano una serie di topos del cantautore (che odia essere chiamato così, ma serve per farci capire), dall'alternanza tra maschile e femminile allo spiccato senso spirituale che a volte contrasta con la schiettezza del sesso, cantato nelle sue varie forme.

"Ora sono sulla musica leggera, è quella la direzione" mi dicesti qualche anno da, questa volta però la declini in maniera ancora diversa. Sei sempre in quella direzione?

Considerando il disco che ho fatto mi sembrano comunque le mie canzoni, sono canzoni all'interno della tradizione italiana. Oggi ho ascoltato il disco dei Verdena, ecco io non sono lì, scrivo ancora canzoni, però ogni tanto qualcuna bella riesco a farla e spero che anche in questo disco ce ne siano.

Sicuramente con i Verdena avete in comune l'uso non didascalico dei testi, questo non voler raccontare per forza una storia lineare…

Esattamente, io non ho mai scritto un testo partendo da un significato, sai tipo "Adesso scrivo qualcosa e racconto questa cosa". Quando devo scrivere un testo sto cercando semplicemente delle parole che in quel momento mi vengono fuori da qualche parte, poi il significato ce lo trovo dopo perché magari – e non voglio scomodare la psicologia spicciola – è una questione di subconscio, ma ho sempre fatto così e mi sono sempre trovato bene.

“L’oroscopo consiglia uccidere la famiglia” questo ha un che di psicanalitico, in effetti.

Quella lì è una frase un po' provocatoria, anche perché da grande studioso di Chi l'ha visto mi sono reso conto, negli ultimi 40 anni, che tante cose sono prodotte dalla famiglia che comunque rimane un mattone della società, all'interno della quale spesso e volentieri ci sono problemi, ma resta una frase provocatoria. Certe famiglie sarebbe meglio che non esistessero, però questo non vuol dire che, in generale, la famiglia non funzioni.

Mentre ascoltavo L'ignoranza pensavo al lavoro che hai fatto sulla voce, e ho letto che è qualcosa su cui hai lavorato particolarmente…

Ancora mi chiedo come ho cantato su questo disco. Ne sono molto soddisfatto pur non essendo mai stato un amante della mia voce, che è sempre stata molto criticata, però in questo disco ho veramente cantato in trance, forse anche perché in studio sono stato molto responsabilizzato. Ho riscontrato anche io un modo di cantare diverso, anche qui non è stato deciso ma è venuto così però posso dirti sinceramente che mi piace come ho cantato.

C'entra qualcosa anche il lavoro fatto con Gianni Maroccolo?

Certamente, avendo fatto il disco con lui mi ha influenzato la sua presenza anche per la situazione che si è creata in quella settimana che è stata di duro lavoro e grande responsabilità. Volevamo portare a casa un disco dove vedeva me come chitarrista e questo creava anche dei problemi in più, ma mi sono affidato a lui e alla fine è andata bene.

“Soprattutto incuriosisce la domanda che ti faccio: ma chi sei?”, questa è Signorina buonasera. Mi pare una delle domande fondamentali non solo qui ma in tutta la tua discografia.

Sì, sono uno che si fa anche delle domande spirituali, filosofiche, sono così, un po' profano e un po' alla ricerca di essere una persona migliore. Quella è una delle domande più importanti che uno dovrebbe farsi, però io faccio il cantante e queste cose mi vengono fuori soprattutto perché devo scrivere un testo.

Però, come dicevi prima, può essere il subconscio…

Non voglio fare quello intellettuale ma forse è così, sono domande che mi faccio da quando ho vent'anni, fa parte del mio percorso come persona.

"Amor de mi vida, dammi una via di uscita, Dimmi che mi hai capita". Esiste un bisogno di essere capiti?

Aspettare l'approvazione e il placet degli altri ti fa partire in maniera sbagliata, devi essere tu, prima di tutto, a capire chi sei. La società ti vuole plasmare e assecondare ai suoi valori che però non corrispondono ai tuoi e da lì nasce un grande problema. Io però consiglio agli altri e a me di ascoltare se stessi e cercare di accettarsi: anche perché chi ti dice che gli altri siano meglio di te o abbiano risposte migliori? Bisogna ascoltare l'altro e poi trarne il tuo giudizio.

Nel passaggio da Trema a Carlo Magno si capisce l'ampiezza dei suoni dell'album: in che modo la tua visione si è incontrata con quella di Maroccolo?

La produzione dei suoni, il vestito sonoro è proprio un'idea di Gianni, io non sapevo proprio come avrebbe potuto fare un disco in cui il chitarrista principale sono io, anche perché ho un vocabolario chitarristico molto povero. Lui però aveva ascoltato dei provini e sapeva benissimo come avrei suonato. Tra l'altro non sono neanche riuscito a fare quello che avevo fatto sui provini, una volta in studio sono riuscito a essere anche meno performante del solito però grazie a dio è andata. L'idea del suono però nasce dalla sua capacità di usare e vedere le cose, io non avevo neanche idea di quello che sarebbe uscito, a volte ascoltavo i pezzi dopo settimane. Solo con "Trema" è passata solo una notte dal lavoro sulla mia chitarra e ne sono rimasto stupefatto, mi chiesi se avessi suonato io quella cosa e lui mi guardò come a dire: "Sì, l'hai suonata tu ma ci ho messo del mio" però il gioco era questo, sapeva benissimo quali erano i miei limiti, forse troppi.

"Se ti respiro io non esisto" viene da “Se tu non arrivi non esisto" de "L’appuntamento" di Ornella Vanoni?

Sì, è un tributo alla grande Ornella.

Ce ne sono vari, no?

Sì, forse, sicuramente c'è quello a Pupo e Malgioglio di Gelato al cioccolato.

Ti sei sempre mosso molto in un campo semantico religioso e sessuale. Trovo meno del primo ma continua a esserci una forte connotazione fluida, cosa che ti appartiene da prima che diventasse attualità stretta.

La mia fluidità sessuale è quella che poi mi porta allo spirito. Una cosa che mi hanno insegnato quando avevo 20 anni, al catechismo degli Are Krishna è che "Tu non sei questo corpo e se non sei questo corpo non sei né uomo, né donna" e da lì è nata una grande confusione che mi sono portato appresso negli anni. Poi non sono stato serio, non ho coltivato questa conoscenza, mi sono lasciato trasportare da questa mia idiozia, però ormai sono 10 anni che ho ripreso in mano questo percorso. Per esempio, in una canzone parlo al maschile e subito dopo al femminile (succede, per esempio, in Carlo Magno e in Brown, ndr), qualcuno può pensare che abbia sbagliato, invece no, è proprio così. È come un vestito che ti metti, non sei quel vestito ma chi lo indossa.

Ti interessa qualcosa della posizione all'interno del mondo discografico oppure una volta fatte le canzoni sei contento così?

Mi basta questo, sono basic, cerco di scrivere una canzone e non so neanche come ci riesco. Quando mi viene mi sembra di aver scalato l'Everest, mi basta e m'avanza. Solo che, boh, forse in futuro non riuscirò più a scrivere canzoni e siccome voglio rimanere attaccato alla musica mi sono messo giornate intere a suonare la chitarra jazz. Non mi piace il jazz, ma è per aumentare il mio bagaglio chitarristico.

Questa cosa delle canzoni la dici spesso. Dopo Semper Biot dicesti che non eri certo che ci sarebbe stato un altro album e  dopo Fru Fru mi dicesti che avresti potuto smetterla se non ti fossero venute più le canzoni.

Io non saprei dirti come escono le canzoni. A un certo punto Maroccolo mi scrisse che avrei dovuto fargli altre due canzoni, io non potevo dirgli di no perché gli ero molto debitore, mi venne un male… ma in quel momento scrissi questa canzone, "La croce viva", che per quello che è la mia scrittura è un capolavoro, una canzone così mi viene raramente, forse avevo ascoltato una canzone degli Üstmamò… Insomma scrivere canzoni è una cosa che boh, non so spiegarti, ma volendo rimanere nella musica se non riuscirò a scrivere canzoni mi impegnerò a suonare la chitarra per fatti miei.

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