La prima curiosità relativa a “Vecchio frac” riguarda proprio il titolo, che nella maggior parte dei dischi è scritto con una “k” finale. Non totalmente sbagliato, poiché in Germania il frac è noto appunto come “frack”, ma che motivo ci sarebbe mai stato per adottare il termine tedesco, quando le origini dell’abito sono in Gran Bretagna, dove tra l’altro è chiamato “white tie”? Sensato disdegnare il non altrettanto evocativo equivalente italiano, cioè l’ormai più che desueto “marsina”, ma… “frack”? Chissà, magari la bizzarria è dovuta a un errore commesso al momento del deposito del brano alla SIAE, o a un refuso nella prima edizione del disco che per inerzia è stato perpetuato nelle successive, ma alla fine conta poco. Conta, invece, celebrare i sessant’anni di questa splendida canzone, una delle più apprezzate dell’eclettico artista pugliese, che nel settembre 1955 fu commercializzata dalla RCA, ovviamente in mono, sia come 78 che come 45 giri. All’epoca, Domenico Modugno non era ancora una stella (lo sarebbe divenuto nel 1958 con “Nel blu dipinto di blu”) e il suo già ricco repertorio di singoli comprendeva pezzi cantati in salentino/brindisino, napoletano e siciliano; “Vecchio frac” era in italiano e ottenne appena qualche consenso in più, ma la sua fama sarebbe enormemente cresciuta, qui e all’estero, grazie alle numerose versioni incise in seguito (persino una in spagnolo).
Anche se una testimonianza attendibile parla dell’ispirazione (comunque secondaria) di una storia di fantasmi raccontatagli da bambino dalla mamma, è assodato che il cantautore compose “Vecchio frac” colpito da un fatto di cronaca: la misteriosa morte, si direbbe per suicidio, di Raimondo Lanza di Trabia, trentanovenne principe siciliano famoso per le sue attività diplomatiche, culturali, sportive e mondane, avvenuta il 30 novembre 1954 a Roma. Non viene nominato in modo esplicito, ma i riferimenti sono più che chiari e l’atmosfera imbevuta di malinconia è adattissima alla vicenda – raccontata con taglio da sceneggiatura cinematografica: Modugno amava la settima arte e coltivava già una carriera parallela come attore – dell’ignoto uomo raffinato ed elegante che di notte cammina per la città deserta e al mattino viene trovato a galleggiare sul fiume. Paradossale che la censura non abbia avuto da ridire sul tema “disturbante” (benché trattato con grande delicatezza poetica) e si sia invece scagliata contro il finale, ”Adieu adieu adieu adieu / addio al mondo / ai ricordi del passato / ad un sogno mai sognato / ad un attimo d’amore / che mai più
ritornerà”: nella registrazione del 1955 (solo in quella, per fortuna), al verso “ad un attimo d’amore / che mai più ritornerà” fu imposta una modifica in “ad un abito da sposa / primo ed ultimo suo amor”, perché la commissione di vigilanza reputava immorali le parole che in qualche maniera richiamassero l’idea di rapporti fisici. O tempora, o mores!
La ricorrenza tonda di “Vecchio frac” non poteva sfuggire all’organizzazione di “Meraviglioso Modugno”, che ha fatto studiare una scenografia ad hoc – basata su un cappello a cilindro e un fiore, che sono anche i simboli dell’edizione 2015 – per l’imminente serata-omaggio di quest’anno. Venerdì 28 agosto, la città di Polignano a Mare – dove “Mr.Volare” nacque il 9 gennaio 1928 – ospiterà infatti un concerto gratuito in Piazza Aldo Moro durante il quale Nina Zilli, Diodato, Giovanni Caccamo, Niccolò Fabi con lo GnuQuartet, Piero Pelù e Ornella Vanoni interpreteranno estratti dalla nutrita produzione – quasi duecentocinquanta i brani a sua firma – di questo musicista-icona quantomai poliedrico, che pur essendo popolarissimo, e pur praticando la leggerezza e l’ironia, non disdegnò affatto, nella musica così come nella vita privata e pubblica (fu anche parlamentare), l’impegno sociale. Una bella occasione per ripercorrere qualche tappa di un’esistenza troppo breve – Modugno scomparve nel 1994 per un infarto a sessantasei anni, gli ultimi dieci dei quali in condizioni di salute non ottimali a causa di un ictus – ma con tutti i crismi dell’avventura. Già, come quell’altra sua bellissima canzone che nel 1965 fu la sigla dello sceneggiato televisivo “Scaramouche”.