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Dobbiamo riscoprire il genio pop di Enzo Carella e rendergli il giusto tributo

Enzo Carella arrivò secondo al Festival di Sanremo del 1979 con “Barbara” e un’esibizione che ricordava quella che l’anno prima fece Rino Gaetano portando “Gianna”. Tanto famoso il secondo quanto dimenticato il primo, scomparso nel 2017. Oggi sarebbe stato il suo compleanno, occasione per riscoprire una delle voci più belle del pop italiano contemporaneo.
A cura di Francesco Raiola
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Enzo Carella arrivò secondo al Festival di Sanremo del 1979 con "Barbara" e un'esibizione che ricordava quella che l'anno prima fece Rino Gaetano portando "Gianna". Tanto famoso il secondo quanto completamente dimenticato il primo, morto quasi quattro anni fa nell'oblio quasi totale, squarciato solo dalla ricerca di appassionati e di qualche musicista che negli ultimi anni gli ha dedicato onore, ispirazione (Calcutta, ma anche Germanò e Fitness Forever) e cover, come hanno fatto artisti come Colapesce o Riccardo Sinigallia che hanno rifatto "Malamore" o finanche un rapper come Izi che ha rifatto, pochi mesi fa, "Parigi". Eppure la musica di Carella, soprattutto in un momento in cui il pop italiano è totalmente immerso nel revival di un certo pop anni '70 e '80, potrebbe fare da caposaldo, anche per la sua estrema ricchezza.

Tutti noi conosciamo il legame artistico tra Lucio Battisti e Mogol, un po' meno quello tra il cantante romano e Pasquale Panella che, leggenda vuole, Battisti scoprì proprio grazie a Carella, con cui ha fatto coppia artistica per una vita: un sodalizio che ha regalato gemme che fino a poco tempo fa erano ascoltabili solo su Youtube, mentre adesso, almeno in parte, è possibile ascoltare anche su Spotify. Sono state caricate sulla piattaforma streaming, infatti, sia "Barbara e altri Carella" del 1979 che "Sfinge", album del 1981: due capisaldi del cantautorato pop italiano. Ma dire ‘pop' , come sempre, è riduttivo, perché Carella metteva le mani nel prog, nel jazz e alle sue spalle, in ogni senso, visto che suonavano con lui anche live, ha avuto i Goblin e poi Elio D'Anna degli Osanna, band storia del prog italiano: "I produttori credevano molto in me, e perciò hanno sempre chiamato i migliori musicisti a suonare con me nei dischi. Sai, consideravano la mia musica come qualcosa avanti di dieci o vent'anni rispetto a quella in circolazione…" disse in un'intervista a Ondarock.

Insomma, un vero e proprio dream team per l'artista romano, di cui per molto tempo sono stati introvabili gli album: "Vocazione", il suo esordio e forse uno degli album italiani più belli degli anni '70 è introvabile e non è ancora in streaming, così come "Carella De Carellis" del 1992 e "Se non cantassi sarei nessuno (L'Odissea di Panella e Carella)" del 1995. Siamo di fronte a un vero e proprio pezzo mancante della storia recente del Pop italiano, di quelli che nella musica, nei testi e anche negli atteggiamenti ha influenzato molte delle cose che sono venute dopo. Carella era totalmente estraneo al modo in cui ci si doveva comportare, troppo stravagante, troppo estraneo al mondo che lo circondava e anche sfortunato, forse, a cui si aggiungevano i problemi di dipendenze che l'hanno accompagnato durante la sua carriera.

Eppure siamo di fronte a uno dei casi di rimozione più importanti e inspiegabili del pop italiano e come sempre è stata la sua morte, avvenuta nel 2017, a rimettere in circolo il suo nome. Sarebbe bello capire come e perché nessuno ha mai pensato di dare a Carella il giusto spazio all'interno del mondo musicale italiano. I testi del duo sono psichedelia allo stato puro, di una bellezza talvolta sconvolgente: "Tu sei quella che partì di miele e amara tornò, son fedele a questo dolce fiele, amara ti amerò" (Amara) o "Di che mi amerai, da pazzi o confusione? Stordendo il nervo il pensiero va in canzone. Un ago nella pelle il tuo colpo migliore e il fiore che si secca nell'occhiello del cuore" (Malamore), o la fulminante "Io faccio il pazzo, brucio Parigi per te. Io faccio il pazzo, ma tu non bruci per me" ("Parigi"). Ma questi testi vanno accompagnati dalle trame sonore che spaziano dal pop del miglior Battisti, il prog, il jazz, arrangiamenti che oggi risulterebbero anche più che contemporanei.

E non è un caso che il mito di Carella sia tornato in auge in questi anni, quando è diventato quasi uno status quello che all'epoca era quasi avanguardia; Carella, con quel canto sempre al limite, con una vena di malinconia (ascoltate "Mare sopra e sotto" per farvi un'idea), che sapeva muoversi tra il gioco di "Barbara" e il senso onirico come in "Stai molto attenta" fino alla nostalgia pop di quell'"appiccicoso, untuoso sole" di "Bagnino", per citare una delle cose più "contemporanee" (parliamo sempre del 2007). Carella è morto senza che troppe persone conoscessero una delle discografie più sorprendenti del pop italiano. Oggi sarebbe stato il suo 69° compleanno e questo articolo non è altro che un modo per cercare di portare qualche persona in più nella Chiesa carelliana. Fidatevi, non ve ne pentirete.

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