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Diodato: “Racconto la bellezza del nostro paese rifacendo i cantautori” (ANTEPRIMA)

Dopo l’esordio con “E forse sono pazzo”, la partecipazione a Sanremo e le ospitate fisse a “Che tempo che fa”, Diodato torna con un cd in cui rifà alcuni dei classici del cantautorato italiano.
A cura di Francesco Raiola
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È cambiata molto la vita di Antonio Diodato in un anno e mezzo, ovvero il tempo che è passato dalla pubblicazione del suo esordio "E forse sono pazzo" al secondo lavoro "A ritrovar bellezza", album in uscita il 27 ottobre (sarà presentato il 31 al Medimex di Bari) in cui il cantante pugliese omaggia alcuni dei più grandi autori e compositori italiani del passato, che hanno reso grande la tradizione cantautoriale italiana. L'album – che potete ascoltare su Fanpage via Deezer – riprende un percorso importante per Diodato, che l'ha portato a esibirsi, lo scorso anno, per 12 puntate a "Che tempo che fa", il programma di Fabio Fazio di cui è stato ospite fisso la domenica sera. Bruno Lauzi, Umberto Bindi, Mina, Domenico Modugno, Gino Paoli, giusto per citarne alcuni, che vengono dopo che nel suo album d'esordio, quello che poi lo portò a Sanremo, omaggiò Fabrizio De Andrè, forse il più amato, con una rivisitazione di "Amore che vieni, amore che vai" che gli ha permesso di aggiudicarsi, poche settimane fa, anche il Premio dedicato al cantautore genovese.

Affiancato da compagni d'avventura vecchi (dal fidato Daniele Fiaschi a Daniele "Il mafio" Tortora) e nuovi (Roy Paci, Gnu Quartet, Rodrigo D'Erasmo e Manuel Agnelli degli Afterhours) Diodato ha riarrangiato tutti questi classici. Brani che in qualche modo raccontano anche il presente, non solo la nostalgia per un mondo che fu, che ha come obiettivo quello di andare "a cercare la bellezza che c'è ancora in questo paese" come ci dice il cantante.

Abbiamo sentito Diodato al telefono e ci ha raccontato il perché di quest'album.

Come nasce “A ritrovar bellezza”? E perché questo titolo?

C'è un legame con la trasmissione che ho fatto, con le canzoni di un minuto, tant'è che i brani scelti sono quelli che ho fatto a "Che tempo che fa". La domenica chiudevo la puntata con queste canzoni da un minuto che erano un'idea nata prima di Sanremo, quando postavo dei video in cui cantavo delle canzoni che avevano partecipato al Festival e le ricantavo in un minuto. Fazio ha visto questa cosa e mi ha chiesto di rifarle in puntata e tutto è nato così. Questa cosa che mi ha permesso di approfondire ancora di più quello che avevo iniziato come un gioco, ovvero cantare delle canzoni degli anni 60, principalmente, dandomi la possibilità di approfondire la conoscenza di alcune canzoni, di riascoltarle e di ritrovare tutta la bellezza che c'è in quelle composizioni, tutta quell'apparente semplicità che c'è in brani che sono pervasi di poesia, di arrangiamenti incredibili, che venivano spesso affidati a compositori e arrangiatori straordinari che hanno fatto la storia della musica non solo italiana. Attraverso il programma, poi, ho avuto modo di duettare con artisti come Manuel Agnelli e Rodrigo D'Erasmo degli Afterhours, con Roy Paci e the Velvet Brass, il suo quartetto di fiati, e insomma, mi ha permesso di fare degli incontri importanti. Anche da lì è nata l'idea di provare a condividere la bellezza di questi brani.

L'ho intitolato "A ritrovar bellezza" perché anche in un periodo buio come quello che sta attraversando questo paese non mi sembrava giusto star lì a sottolineare tutte le cose che non vanno, mi sembrava giusto andarsi a cercare la bellezza che c'è ancora in questo paese. Ciò non significa che  la bellezza sia presente solo in cose degli anni 60, però lì c'era una chiave, c'era una visione un po' più serena di quella che abbiamo oggi, che però potrebbe anche aiutare a riscoprire la bellezza che abbiamo intorno e che dobbiamo cercare di tutelare e valorizzare. Quegli autori, quei compositori, avevano capito qualcosa che si è perso un po' nel tempo e quindi ho provato a farmi ispirare, a farmi influenzare da queste composizioni, da questi capolavori, reinterpretandoli, ricantandoli.

Insomma, queste canzoni raccontano ancora il Paese, l'oggi, o è pura nostalgia?  

No quella è un'ulteriore scoperta, nel senso che è assurdo ascoltare dei brani che hanno 50 anni e scoprire che in realtà in quelle parole, in quelle atmosfere tornino. Tutta l'esperienza a che tempo che fa mi ha avvicinato a tantissime persone che non so adesso hanno nostalgia di quelle cose lì, probabilmente avevano nostalgia di quella bellezza lì di quella intensità e in quelle cose lì ho riscoperto le mie radici. Per anni ho ascoltato tanta musica proveniente dall'estero e ho pensato che erano lì cose che mi appartenevo. In realtà, poi, quando riascolti quei brani lì anche con una certa maturità ti rendi conto che il legame vero ce l'hai coi cantautori italiani. Non è nostalgia, ma semplicemente capire che lì c'è qualcosa di veramente importante, incisivo e che ancora ci appartiene.

Quindi esiste un pubblico nuovo interessato a questo tipo di canzoni, secondo te?

È emozionante vedere che la gente sente ancora così vicine certe composizioni, significa che in questi brani c'è qualcosa che ancora ci appartiene. Certo, esiste un pubblico che ha una sensibilità tale da capire un disco come questo che ovviamente non può suonare come qualcosa di moderno e innovativo, però spero che suoni come qualcosa di semplice. Volevo metterci della semplicità dentro, ci tenevo arrivasse quest'immediatezza, senza andare a stravolgere questa cosa qui. Immediatezza e forza. È una cosa che ho pensato dall'inizio. Era una mia volontà quella di capire cosa ne sarebbe uscito fuori. Era partito come un disco di piacere, poi è stata una grande fatica [ride, ndr]. Comunque lo scopriremo tra un po'. Spero che possa toccare tutte le età, che sia un album che unisca. Pensare a un pubblico di età diverse unite da un brano credo sia una delle cose più belle che possa accadere a un autore, un cantautore, un interprete; è una delle cose più belle e spero che un giorno possa capitare anche con una canzone mia.

Uno dei tuoi primi successi è stata una cover di De Andrè (Amore che vieni, amore che vai). Insomma sei abbastanza collaudato…

Quello è stato il primo tentativo, è stato un modo per riportare quel brano lì a delle sonorità molto moderne, molto vicine, attuali, alle cose che mi piacevano. Qui è un po' diverso perché ci siamo fatti cullare da certe atmosfere e abbiamo utilizzato questi brani per esplorare cose che non avevamo mai suonato prima. È stato un modo per divertirci e attraversare mondi che non avevamo mai esplorato fino in fondo. Un po' diverso con ciò che era successo con De Andrè.

Come hai scelto, a monte, i brani da cantare?

Mi confrontavo con gli autori del programma, però succedeva principalmente come avviene di solito, nel senso che per quanto mi riguarda è tutto legato all'emozione che provo quando l'ascolto. Ci sono dei brani molto belli che però sento distanti da me, mentre ce ne sono altri che semplicemente ascoltandoli mi fanno sentire in connessione con l'autore e con chi ha scritto quelle parole. Comunque a volte sento delle cose anche molto distanti da me, ma sento nel testo un legame e mi viene voglia di cantare quelle parole lì. Quando mi viene subito voglia di risuonare il brano e cantarlo a modo mio significa che quella cosa lì mi ha bucato, in qualche modo, e mi ha affascinato il poterlo interpretare a modo mio.

Se ti avessero detto un anno fa che il tuo secondo album album di cover, come l'avresti presa? 

Guarda, non me l'aspettavo affatto. Se dovessi pensare alla tipica carriera o disegnare la mia carriera non avrei pensato al mio secondo disco come a un disco di cover. C'è da dire, però, che era il momento giusto per farlo, visto che venivo da un'esperienza di quel tipo ed era un modo per chiudere un'esperienza di quel tipo. Oltretutto intorno avevo l'atmosfera giusta per fare un disco come questo. Sai a volte è come se ci fossero delle regole da seguire, però ho pensato, chissenefrega, ho voglia di fare questa cosa, facciamola! Anzi può essere un modo per scoprire cose nuove di me e capire cose che potrebbero rientrare nelle mie produzioni future. Non mi sono preoccupato più di tanto.

Senti, ma per il prossimo album di inediti mica bisognerà aspettare un altro anno e mezzo?

No, no, l'idea non è quella. Questo è un disco parentesi tra il primo e il secondo di inediti. Sarà diverso, non è che devo far scoprire delle cose, sono brani che conosciamo tutti. Mi piacerebbe portarlo in giro e creare qualcosa di alternativo anche a livello live. Mi piacerebbe portarlo nei teatri, ad esempio.

Il 2014 è stato l'anno di Sanremo e di Fazio. Saranno esperienze che ripeterai?

Sanremo è una cosa a cui stiamo pensando ora, quindi non so dirti nulla. Non per forza chi ha partecipato un anno alle nuove proposte poi partecipa l'anno successivo tra i big. Insomma, non è detto che ci sia questa continuità, quindi non so risponderti. È una cosa a cui pensiamo, ma stiamo cercando di capire alcune cose. Per quanto riguarda "Che tempo che fa" sono felice di aver fatto quel percorso lo scorso anno, ora presenteremo il disco nel programma, però dal momento non ci sono in previsione delle cose assieme. Spero di tornare come ospite a presentare quest'album, anche perché c'è un legame molto stretto.

Dopo l'uscita del tuo vecchio album “E forse sono pazzo”, una delle prime soddisfazioni fu la vittoria del “Deezer band of the year for Medimex”. Quanto è stato importante quel riconoscimento?

È stato molto importante anche perché ha anche aperto una collaborazione con Deezer, mi ha fatto scoprire un mondo che conoscevo poco, poi dopo qualche giorno dalla vittoria mi è arrivata la comunicazione che avrei partecipato al Festival, lo ricordo come un periodo molto intenso e bello. È stato il primo riconoscimento importante ed è chiaro che ti crea un'attenzione diversa da parte degli addetti ai lavori. È un premio molto importante e mi fa piacere che continui la collaborazione con loro e oltretutto ho avuto modo di conoscerli anche personalmente e ci sono dietro delle belle persone, non solo una struttura. E credo sia anche l'anima vincente di Deezer.

Se potessi o avessi potuto scegliere un autore chi avresti scelto?

Domenico Modugno. Ovviamente c'è anche Mina, con cui mi sarebbe piaciuto tantissimo collaborare.

Ti aspetti qualche feedback?

Beh, io ho già avuto il feedback di Mina sul Festival, quando disse che uno dei brani che le era piaciuto di più era "Babilonia" e quella è stata una cosa che mi ha scioccato. Mi piacerebbe tantissimo poter avere un giorno a che fare con lei, che è uno dei miti viventi della musica mondiale. Detto questo Modugno mi ha aiutato a scoprire cose di me. L'ho ascoltato sempre, ma fino a un certo punto, finché negli ultimi anni mi sono più appassionato a certe cose sue anche molto note e con s'è creato un legame anche a livello di umanità che c'è nelle cose che ha fatto. Credo fosse un esempio di quanta felicità e gioia ci si possa mettere in questo lavoro. Poi aveva un incredibile talento nel farlo arrivare alle persone che l'ascoltavano: ascoltarlo era quasi come farsi abbracciare da lui. Senza contare che è stato in grado di sfondare anche il muro della lingua, riuscendo ad arrivare in tutto il mondo.

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