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Diodato: “La pandemia dopo la vittoria a Sanremo? Non rimpiango niente, ho capito cosa è importante”

Diodato ha pubblicato il nuovo album “Così speciale”, in cui il cantautore sperimenta senza perdere la propria identità.
A cura di Francesco Raiola
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Diodato
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Diodato è senza dubbio uno dei talenti più puri della musica italiana contemporanea, in grado, con gavetta e canzoni, di conquistare un importante posto al sole con la vittoria del Festival di Sanremo 2020 grazie a "Fai rumore". Una vittoria senza la coda lunga che meritava a causa del Covid che ha fermato la promozione, dalla partecipazione all'Eurovision (che quell'anno non fu una competizione) ai concerti. Eppure a parlarci riesci a credergli quando si dice non dispiaciuto, soprattutto se contestualizzato al disastro che la pandemia ha comportato. Il suo nome e la sua musica, però, non si sono fermate, e lui stesso ha continuato a sfruttare ogni possibilità di cantare e di scrivere. Il frutto di questa scrittura è "Così speciale", il nuovo album pubblicato sempre da Carosello – e di cui è appena uscito il nuovo singolo "Occhiali da sole" -, un album in cui si trova il Diodato che abbiamo imparato a conoscere negli anni scorsi, ma anche qualche sperimentazione sia vocale che musicale.

Se qualcuno non ti conoscesse, cosa scoprirebbe con quest'album?

Scoprirebbe probabilmente che sono anche uno sperimentatore, perché sperimento un po' e mi metto anche alla prova. Scoprirebbe ancor di più che sono un amante dell'essere umano, sono affascinato dall'essere umano in tutte le sue sfaccettature. Scoprirebbe che sono una specie di esploratore che viaggia interiormente ma anche esternamente, che in qualche modo cerca di fare dei viaggi fuori dallo spazio e dal tempo, un po' come li concepiamo noi nella vita di tutti i giorni.

Hai scelto Così speciale come singolo di lancio perché fa da ponte verso queste nuove sonorità?

Sì, ci tenevo a partire con un brano che avesse un po' questo odore di umanità e che quasi visivamente proiettasse l'ascoltatore all'interno di un caos quotidiano pieno di vita, pieno di tante voci e soprattutto che fosse fortemente espressivo anche dal punto di vista musicale.

Ci tieni a parlare di quanto poco ascoltiamo gli altri…

Sì, tocco anche questo tema che credo sia cruciale oggi nella nostra società. Parliamo tantissimo, ci parliamo addosso tantissimo, ma ci confrontiamo molto raramente. Ascoltiamo molto poco, almeno questa è la sensazione che ho io ed è una cosa che soffro. Ho la sensazione che si tenda sempre a degli estremi e che sia necessario schierarsi sempre a un estremo o all'altro, quando invece sarebbe bello provare a trovare un punto d'incontro.

In Buco nero sperimenti anche vocalmente tra rap e spoken…

Sì, in Buco nero sperimento tanto anche con la voce, nel senso che arrivo praticamente quasi a rappare o comunque c'è una parte un po' più spoken e devo dire che è stata una bella sfida. Poi io sono cresciuto tanto con l'hip hop, il rap, anche se provare a farlo è un'altra cosa, tant'è che credo d'aver fatto un qualcosa che è una sorta di via di mezzo tra proprio il rappare e il provare a raccontare, parlando quasi. È stata una bella sfida, ma è una delle cose di cui alla fine vado fiero perché non ho giocato soltanto parlando, ma anche con tutte quelle voci che si sentono e che in qualche modo cercano di descrivere questo buco nero in cui sono finito, in questo non luogo. Ci sono queste voci che arrivano da una parte all'altra, e sono anche tutte le voci che ho sentito nella mia testa, le diverse personalità che si sovrappongono ed è molto bello poterle rappresentare in maniera espressiva proprio con la voce.

Come nasce un pezzo come “Che casino”?

È uno dei brani in cui ho sperimentato di più o, comunque, in cui mi sono divertito di più anche a provare qualcosa di diverso. Forse per la prima volta, da quando scrivo canzoni, ho deciso di partire da un beat che ho creato ed è stato molto divertente cantarci sopra e farlo in maniera inusuale per me, diversa da come faccio di solito. Da lì arrivo a un ritornello che è in realtà un inciso molto organico, in cui entrano i fiati che quasi rispondono a questa voce ossessiva. È stato davvero divertente, è una cosa che mi piacerebbe provare a rifare in futuro.

Parli molto d'amore, com'è mettersi a nudo e affrontare il giudizio di chiunque?

Quando ti metti a nudo e provi a raccontare qualcosa di molto intimo, come può essere una storia d'amore, è sempre una cosa imbarazzante perché, appunto, sei nudo davanti a un estraneo e pensi anche che magari non tutti possano avere la voglia di avvicinarsi o comprendere quello che stai provando a raccontare. La paura del rifiuto c'è sempre, però negli anni ho imparato che nei momenti più fragili, quelli in cui vai un po' più in profondità, allunghi una mano, crei un ponte che ti avvicina agli altri, è come se il punto di contatto fosse quello che porta in realtà in profondità.

“Il tempo vola e la vita è una sola” questa cosa è ancora teorica o ti ha insegnato qualcosa? Cosa ti ha portato a fare?

Ho assolutamente compreso che la vita è una e il tempo vola, più si cresce e più si ha la sensazione che il tempo ci sfugga dalle mani e questa cosa mi ha portato ancora di più a cercare di vivere con più intensità, con attenzione ai dettagli e alle piccole cose. Non è sempre facile farlo, siamo circondati da milioni di input continui e rimanere connessi con la realtà è complicato. Comprendere questa cosa mi ha portato a ricercare con ancor più voglia una verità, qualcosa di tangibile.

Com’è stato, col senno di poi, metabolizzare quello che (non) è successo nel 2020?

Nel 2020 ho vissuto sulle montagne russe, come tutti: ci sono stati momenti di enorme esposizione, durati per tantissimo tempo, perché è come se tutto si fosse cristallizzato, quindi quel riflettore che avevo puntato addosso rimaneva puntato su di me e su una canzone che continuava a seguire un suo percorso indipendente. Però devo dire che non sono riuscito a sentirmi protagonista di quel momento, era talmente grande, stava succedendo qualcosa di talmente importante e in alcuni casi doloroso per così tanta gente, che non mi è venuto naturale pensare che si stava fermando tutto in un momento in cui avrei dovuto andarmene in giro. Anzi, è come se avessi colto qualcosa di più profondo in ciò che stava succedendo.

Cosa?

L'ho vista come un'occasione per comprendere delle cose o, comunque, per comprendere definitivamente alcune cose e capire veramente quali erano le cose importanti e di cui avevo bisogno. Motivo per cui appena è stato possibile ho voluto vivere a contatto con molte persone, ho quasi vissuto all'interno di una Comune, assieme a tanti amici con cui ho condiviso momenti meravigliosi ma anche noiosi, che però ti lasciavano quel dono che solo la condivisione ti può dare. Questo mi ha portato a voler viaggiare tanto, a incontrare sconosciuti, avevo voglia di qualcosa che non conoscevo, per questo ho voluto anche fare dei tour all'estero ed è stato pazzesco.

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