Diversamente da quanto accade altrove, in Italia l’estate porta prima il rallentamento e poi il congelamento – il che, considerate le temperature, fa anche sorridere – del mercato discografico: un blocco che, eliminando le novità e ciò che esse comportano in termini di frenesia, consente di tirare i fili di quanto accaduto nei mesi precedenti, abbozzare bilanci, (ri)ascoltare musica che per un motivo o per l’altro si era accantonata se non proprio rimossa. Ecco dunque, per questo primo martedì di agosto, dieci brani – non necessariamente singoli nel senso convenzionale del termine – con i quali potrebbe essere piacevole trascorrere le prossime settimane: “dischi per l’estate”, insomma, stilisticamente diversi fra loro ma accomunati – quale più, quale meno – dall’orecchiabilità, dalla freschezza pop, dai testi in italiano, dalla pubblicazione avvenuta nel 2013 a opera di etichette indipendenti.
10
L’orso: “I nostri decenni”. La canzone forse più vivace del primo album della band milanese scorre accattivante fra umori esoticheggianti e testi che trasudano nostalgie esistenziali. La sublimazione dell’indie-pop “da cameretta”, quello amatissimo dai tanti Peter Pan che aspirano all’eterna (post)adolescenza, garbato e malinconico oltre che cantato con malcelata ma comunque efficace indolenza. (Tratto da “L’orso”, Garrincha)
9
Cosmo: “Il digiuno”. Un convincente punto d’incontro fra evocatività sintetica e coolness: così si potrebbe definire questo pezzo piuttosto ossessivo, ma a suo modo leggiadro, che ben rappresenta il progetto da solista del leader dei Drink To Me di Ivrea. Rispetto alla band-madre l’insieme è più minimale e immediato, grazie anche agli apprezzabili testi in italiano. (Tratto da “Disordine”, 42Records)
8
Ministri: “Comunque”. Fedeli alla (loro) linea figlia degli anni ‘90, i Ministri continuano a fondere rock’n’roll d’assalto e parole altrettanto incisive. Picchiano sugli strumenti come se non ci fosse un domani, i tre milanesi, ma con la massima naturalezza sanno conferire ai loro brani un carisma “da inno” al quale è difficile rimanere indifferenti. (Tratto da “Per un passato migliore”, Godzillamarket)
7
Tommaso Di Giulio: “Per farti un dispetto”. Leggerezza che non significa carenza di spessore, notevole (auto)ironia, un pizzico di teatralità e di eccentricità che non guastano e suscitano simpatia. Esponente fra i più brillanti dell’ultima generazione di “rocker d’autore", il romano Tommaso Di Giulio espone in questo pezzo tutte le sue armi vincenti. (Tratto da “Per fortuna dormo poco”, Leave Music)
6
Paletti: “Senza volersi bene”. Graziosissima filastrocca da due minuti e trentacinque secondi, all’insegna di un pop-rock screziato di elettronica che spinge al movimento e accende il buonumore. Pietro Paletti, bassista dei R’s di Brescia al primo album in proprio, propone la sua ricetta per stare meglio. E raggiunge l’obiettivo, al di là della conclusione un po’ misantropa del testo. (Tratto da “Ergo sum”, Foolica)
5
Valentina Gravili: “Cruda”. Il testo e l’atmosfera non sono esattamente solari, ma la cadenza marziale, i toni aspri ben bilanciati da una bella melodia e una spigolosa chitarra blues sono garanzia di impatto. Al terzo album, il meno pop del lotto, Valentina Gravili da Brindisi si conferma voce di tutto rispetto nell’affollato panorama del nostro rock non solo “al femminile”. (Tratto da “Arriviamo tardi ovunque”, Carbon Cook)
4
Giuradei: “Sta per arrivare il tempo”. Da uno degli album di pop-rock d’autore più stimolanti dell’anno, il quarto per i fratelli Giuradei da Brescia ma il primo non firmato dal solo Ettore, un brano un po’ ipnotico e un po’ onirico giocato su un synth che si insinua ovunque, su parole pungenti, su una melodia che trascina e, assieme, accarezza. (Tratto da “Giuradei”, Picicca Dischi)
3
Perturbazione: “La vita davanti”. Da una dozzina d’anni i Perturbazione di Torino sono specializzati in canzoni che avrebbero tutte le carte in regola per essere enormi successi ma che per ragioni ignote non diventano tali. Ne è ennesimo esempio questo gioiellino in perfetto equilibrio fra esuberanza e malinconia, reso ancor più prezioso da un ritornello a dir poco irresistibile. (Tratto da “Musica X”, Mescal)
2
Calibro 35 + Manuel Agnelli: “Ragazzo di strada”. Il “supergruppo” rock italiano per eccellenza, qui con il frontman degli Afterhours nel ruolo di cantante, alle prese con la cover di uno storico pezzo del 1966 dei Corvi, a sua volta adattamento in italiano di un classico garage-beat degli americani Brogues. Grinta, eleganza, personalità e suggestioni da brividi. (Tratto da “Said – Colonna sonora originale”, RoadHouse)
1
Appino: “Che il lupo cattivo vegli su di te”. In temporanea libera uscita dai suoi Zen Circus, e con un piccolo aiuto dagli amici, Andrea Appino si trasforma in rocker sanguigno, scatenandosi con compattezza e saturazioni ma non soffocando la sua indole di songwriter intenso e comunicativo. Lo prova questa ballata atipica e malsana, quasi un sabba con il retrogusto di un esorcismo. (Tratto da “Il testamento”, La Tempesta)