Daniele Silvestri, tra trap, social, amore e un Ministro in cui “ci si può vedere Salvini”
Con "Argentovivo", canzone presentata a Festival di Sanremo e alcune uscite precedenti, i fan di Daniele Silvestri avevano potuto già farsi un'idea di quello che sarebbe stato questo nuovo "La terra sotto i piedi", nuovo album in cui il cantautore romano si conferma come uno degli artisti più completi e affidabili del panorama. Un album in cui, come spiega lui stesso, il cantante torna con i piedi a terra e guarda da una prospettiva più "da vicino" quello che succede: il racconto della realtà, del suo punto di vista, è quello che lo hanno reso uno degli artisti più importanti di questi anni e questo nuovo album sembra attraversato da alcune costanti, sicuramente c'è il racconto di una differenza generazionale che da un lato – come ha dimostrato portandosi Rancore sul palco dell'Ariston – cerca è di riflessione, ma dall'altra non ha paura della critica anche aspra (come avviene quando parla della trap), c'è poi anche una riflessione sull'identità e le radici, in un racconto lungo, che continua sempre nuovo e anche musicalmente dentro ci si trovano vario Silvestri, a volte più elettronico, altre più cantautorale ma sempre senza perdere la bussola. Insomma, il fan del cantante non rimarrà deluso: con lui oltre alla sua band storica, poi, Silvestri ha chiamato amici come Fabio Rondanini, Niccolò Fabi, Ilaria Graziano e James Senese, tra gli altri, per la produzione affida ancora a Daniele "Il Mafio" Tortora.
Ciao Daniele, come è cambiato il tuo sguardo sulla realtà da Acrobati?
In "Acrobati" avevo voglia di guardare le cose da lontano, dall'alto in particolare, che vuol dire, in realtà, guardare le cose con distacco, da una parte, ma anche con la capacità, la possibilità, l'intenzione di avere uno sguardo ampio che a volte aiuta a capire meglio le cose. Mi è venuta di nuovo voglia di vederla da vicino le cose e poi perché la vita a volte ti acchiappa e ti riporta con i piedi per terra anche quando non vorresti e questo in fondo è servito, c'è anche un mondo intorno che cambia sempre, quindi raccontarlo, cercare di entrarci dentro, di smontare dei meccanismi o portarli alla luce diventa parte integrante di un mestiere che cerca di avere uno sguardo sul mondo, però, appunto, questo sguardo, adesso, avevo bisogno che fosse vicino alle cose, non più lontano. Quindi quella terra sotto i piedi che dà il titolo all'album risponde soprattutto a questa esigenza.
Interessante anche il rapporto coi fan di “Complimenti ignoranti”, un argomento che ultimamente è molto attuale molto sentito dagli artisti, figlia, ovviamente, dello sviluppo tecnologico… Come la si affronta?
Lì ci sono una serie di esempi di come si possa arrivare facilmente verso delle chine come minimo di cattivo gusto, ma molto più spesso di violenza, ignoranza, arroganza senza confini, che producono risultati, per altro, nella società e nei singoli. Poi non c'è un intento di demonizzazione degli strumenti in sé, semmai c'è il prendere atto e dichiararlo ufficialmente che non funziona così, che manca qualcosa, manca appunto un'anima là dentro, ma manca soprattutto un pensiero che metta al centro la dignità, il rispetto, l'onestà.
"E ti consoli pensando che il rischio non c’è e ti diverti insultando chi è meglio di te che se va bene al ministro, figurati a me…" canti in "Tempi modesti", titolo non casuale…
Cito un Ministro, senza dire quale, ci si può vedere facilmente Salvini, poi ognuno ci vede il suo, ma lì, il concetto è: se sono proprio le istituzioni che fanno un uso becero, spesso o volutamente facilone probabilmente questo è ancora più grave, perché io sono cresciuto pensando che le istituzioni dovrebbero dare un buon esempio, so che è un concetto un po' antico, però continuo a pensare che dovrebbe essere così. Poi, però, c'è una canzone che si chiama "La vita splendida del capitano", ma per chiunque sua nato a Roma la parola capitano corrisponde solo a una figura (Totti).
Tra le varie cose, ti diverti anche a parlare della nuova musica e a prenderla un po' in giro.
Nella scena musicale che si è affacciata negli ultimi due tre anni in maniera prepotente ci trovo un sacco di cose che mi piacciono, non è che mi faccia schifo quello che succede, però nella trap in particolare, soprattutto negli epigoni più famosi, c'è un appiattimento nei contenuti, appiattimento verso il basso diciamo, quello sì, mi sento di criticare di suggerire, come faccio nella canzone che si chiama "Blitz gerontoiatrico" in maniera così paterna, paternalistica, suggerire come modificare, come cercare nei concetti espressi, nel contenuto, si potrebbe provare ad alzare il livello piuttosto che, come dico alla fine della canzone, alzare il livello di THC nel sangue.
Per scrivere quest'album hai scelto un posto speciale e ti ci sei trasferito per un po' assieme ai tuoi musicisti, giusto?
A un certo punto io e Daniele Tortora, fonico e produttore, di provare a fare una follia, cioè trasferire tutti i nostri macchinari, i nostri strumenti e le persone che volevo intorno, che sono quattro musicisti con cui ho fatto tutta l'ossatura di questo disco, in un luogo un po' remoto, che per me ha anche un valore affettivo,.Non so se saremmo riusciti a fare quello che abbiamo fatto là, dentro a un altro posto. L'energia di quel posto ci serviva, avevo le persone giuste per farlo, ma anche il posto conta tanto e penso che quella scelta si senta poi nel disco che ha funzionato, spero.
Di Simone Giancristofaro e Francesco Raiola