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Dani Faiv: “In passato ho provocato, ora sono più maturo e lancio un messaggio sociale”

Non un album, ma due per Dani Faiv, che in controtendenza rispetto a un pezzo del mondo musicale, ha deciso per una doppia pubblicazione. Il 29 maggio prossimo uscirà l’album “Scusate se esistiamo”, che però è anticipato da “Scusate”, un album di 7 tracce che convergeranno in quello che uscirà tra qualche settimana.
A cura di Francesco Raiola
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Dani Faiv (foto di Roberto Graziano Moro)
Dani Faiv (foto di Roberto Graziano Moro)

Non un album, ma due per Dani Faiv, che in controtendenza rispetto a un pezzo del mondo musicale, ha deciso per una doppia pubblicazione. Il 29 maggio prossimo uscirà l'album "Scusate se esistiamo", che segue di un anno e mezzo, circa "Fruit Joint + Gusto", che però è anticipato da "Scusate". Non un Ep, ma un album vero e proprio di sette tracce, come ci tiene a sottolineare il rapper (il cui vero nome è Daniele Ceccaroni). Il 2019 è stato l'anno della svolta definitiva per il cantante, che, accantonate le treccine colorate, ha messo la firma indelebile in uno dei successi del 2019, ovvero il Machete Mixtape, di cui "Yoshi" è stato uno dei pezzi più amati. da lì è ripartito un percorso di collaborazioni che alla fine sfocerà in questo nuovo album. Un album maturo, che molla un po' alcune atmosfere più happy dei precedenti, in cui Dani Faiv gioca con flow, scrittura e produzioni.

"Scusate" lo definisci album e non Ep, giusto?

Sì, esatto, anche perché quelle sette tracce si sommeranno a quelle del disco, quindi chi comprerà l'intero album avrà 18 tracce.

Come mai la scelta di uscire addirittura con un album di anteprime, in un momento in cui in tanti hanno preferiscono aspettare?

La scelta di dividere l'album è stata semplice strategia, un hype che abbiamo dovuto ritardare proprio per questa situazione, ma che per quanto mi riguarda, portata troppo in là, musicalmente parlando, sarebbe stato troppo. Non amo far uscire le cose troppo in là rispetto a quando le scrivo, perché è in quel momento che le sento mie, le sento vive insieme a me, quindi se fosse passato un anno avrei rischiato di non sentirle più vicine a me, quelle canzoni.

È passato poco più di un anno e mezzo dall'album precedente, ma sembra una vita, artisticamente parlando, confermi?

Sì, è passato più di un anno e mezzo percepito, è stato l'anno di una grande conferma, che ha avuto la prima svolta con l'uscita e il successo di "Gameboy Color" e la seconda col Machete Mixtape, e grazie a tutto il team e ai fan, che hanno fatto diventare "Yoshi" la canzone più popolare, ho avuto questa benedizione di poter continuare il tour per due anni. È cambiato parecchio, soprattutto a livello di numeri, certificazioni, "Yoshi" è stato un trampolino, subito dopo abbiamo fatto un percorso di featuring che sono andati tutti a certificazione, prima con Vegas Jones abbiamo fatto "Puertosol remix" che ha fatto oro e poi "No14" con tha Supreme e "Charles Manson" con Salmo. I numeri mi interessano fino a un certo punto, certificare con un pezzo che non è soltanto una hit, però, ma una cosa più personale, fa sempre piacere.

Ho l'impressione che Yoshi, a livello di voce e flow, abbia avuto un'importanza tale da dare anche una direzione al tuo modo di rappare successivo.

Se mi parli di flow, a livello di tecnicismo, ti dico che è vero ma a metà nel senso che sono uno che ama talmente tanto il rap che con la "libertà" che può dare la trap di oggi, ovvero di sperimentare tanto, cerco sempre di fare una traccia diversa dall'altra, e rivoluzionare sempre di più il flow. In "Facce finte" ho sperimentato tutto un gioco di flow che si chiama "chop", che andava negli anni 90, ma rimessa nei beat di oggi prende una freschezza incredibile. Ma forse è una sensazione che viene a me quando scrivo e non a chi ascolta.

A livello di produzione c'è meno del sapore happy di qualche anno fa, quello che sperimentavi con tha Supreme, per capirci. Quasi una sorta di maturità sonora, no?

Qua mi trovi d'accordo: ho avuto un percorso provocatorio studiata, premeditato. Ho dimostrato di saper rappare ai fan di Salmo che vengono dal rap più crudo, convincendoli con delle treccine colorate, in un Paese in cui cui c'è il pregiudizio di giudicare un libro dalla copertina: tipo che se a me non piace che hai i capelli di un colore, allora rappi di merda, anche se non ascolto. Io volevo un po' spezzare questa cosa, e infatti il pubblico si è diviso tra chi diceva "Dani spacca anche se ha i capelli così" e chi mi dava del pazzo, dicendo che avevo cambiato il mio modo di rappare, quando magari non si fermano neanche ad ascoltare. Ho voluto dimostrare il contrario di quello che si era detto quest'anno, del chiacchiericcio. C'ho meno voglia di fare quella cosa perché l'ho già fatta, oggi ho voluto sperimentare un suono più maturo con la voglia di riportare anche un messaggio, perché oggi la musica, e soprattutto il rap, è molto omologata e rischia di cadere nel già sentito.

Senti una sorta di "responsabilità Machete" sulle spalle?

Sì e no, chiaramente sono onorato e porterò sempre la squadra nel mio cuore e nei miei successi, però Machete ti lascia tutta la libertà e lo spazio che vuoi, come tutte le realtà valide di oggi. Il grande tassello superato col rap è stato, nella discografia, il voler cambiare approccio e lasciare più libertà all'artista perché è lui che sa quello che vuole. Poi il fan arriva, è una conseguenza di una cosa fatta bene, col cuore, quindi prima c'era questa cosa del ‘Ti porto sotto di me, quindi devi fare questo o quello', oggi, invece, il rap ha portato più libertà e Machete ne è la prova.

"Cioilflow" è una citazione a MadMan?

Guarda, no, nel senso che non c'è una citazione diretta, MadMan è un amico ma non c'è una cit. anche se mi hanno scritto in tanti per chiedermelo. Il discorso è che oggi è bello, grazie alla trap, poter portare un suono più internazionale e il fatto di pronunciare in un certo modo le parole, cercare una certa sinfonia in alcuni termini, sentire come suonano, cercare il modo più simile a quello che è l'internazionalità – passami il termine – ti dà tante opportunità.

Interessante questa cosa del linguaggio, perché è vero che un lavoro sulla lingua è stato fatto proprio grazie alle varie forme di rap. Qual è il tuo lavoro su questa cosa?

Ti dico che è diviso in due: se voglio un testo che comunichi, come "Polvere e detriti" mi affido al buon vecchio rap anni 90, perché non c'è flow fresco che tenga che permette alla poesia e alla poetica italiana di venir fuori: se devo farti capire una frase e spiegarti una cosa non posso farlo troppo con un gioco di flow, sei limitato da quello che vuoi dire. Se vuoi trasmettere qualcosa è giusto che ti affidi a quello, lo fa Marracash e funziona. Io voglio fare entrambe le cose, sperimentare col flow e prendere meno a cuore il testo o se voglio mettere l'accento sul testo faccio "No14", "Polvere e detriti" o "Super".

"Cercavo una via per suonare, c'era un'energia da sfogare, ma nessuno ti crede, e fa male ma se ci credi tu, se ne pentiranno". La fatica dell'arrivare torna spesso, così come il tuo lavoro da cameriere, che è presente anche qua. Me ne parli?

Io non rinnegherò mai quello che ho fatto e quello che mi ha permesso di arrivare fino a qua. Chi conosce il sacrificio può apprezzarlo e valorizzarlo nella vita. Dare un messaggio oggi aveva senso, i ragazzi credono poco in loro stessi, sono pigri, anche se non voglio generalizzare. Sicuramente, però, c'è meno voglia di fare perché c'è troppo esempio esagerato, finto, anche perché il mondo lo viviamo fin troppo sui social. Ti anticipo che sarà l'argomento più presente sul prossimo disco "Scusate se esistiamo".

Ovvero?

Sarà una critica sociale che non vuole essere rompicoglioni, sai, come se fossi un genitore, perché sono giovane anche io, ma volevo comunicare un messaggio e far aprire un po' più la testa ai ragazzini e magari dirgli che c'è anche una vita fuori: limitate il tempo sui social, perché lì ci sarà sempre chi è più bello, più bravo e più realizzato di noi.

In tanti stanno cercando soluzioni a questo momento di stop, cosa succederà dopo i live?

Non sarà per sempre questa situazione, è inutile negarlo ed è anche inutile cercare piani b per i live. Credo che sia giusto che tutti gli artisti che hanno sempre suonato, chi lavora e sta bene con questo lavoro, debba prendersi il suo tempo, possiamo stare a casa anche due anni per studiare cose nuove, tornare ai live e spaccare. Perché non c'è niente che possa comparare l'emozione di vedere un fan negli occhi e vivere l'emozione di cantare un pezzo assieme.

Il rapporto con gli hater mi pare che tu ormai lo viva in maniera più serena, giusto?

Guarda, chiudo dicendoti che c'è chi mi ha scritto che "Polvere e detriti" è una trappata, quindi che ti devo dire più…

C'è un pregiudizio che devi abbattere o non ti frega più?

Più in chiave generica che nei miei confronti, cioè che so rappare bene senza menarmela me lo dicono gli altri, ho tanti colleghi da cui ho sempre sognato il rispetto che adesso ho, quindi non ho più paranoie di quel tipo lì.

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