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D-Ross, dalle produzioni per Fibra e Marra al blues: “Volevo atmosfere rock e psichedeliche”

D-Ross è uno dei nomi più conosciuti e apprezzati della produzione italiana. Da anni il musicista napoletano, in qualità di producer, è al fianco di alcuni degli artisti più in vista del panorama musicale italiano. Nelle scorse settime ha pubblicato il suo secondo album “Origin” in cui torna a suoni blues, rock e psichedelici.
A cura di Vincenzo Nasto
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D-Ross è uno dei nomi più conosciuti e apprezzati della produzione italiana. Da anni il musicista napoletano, in qualità di producer, è al fianco di alcuni degli artisti più in vista del panorama musicale italiano, da Fabri Fibra a Marracash, passando per Francesca Michielin ed Emis Killa, per citarne solo alcuni. Per questo ascoltare "Origin", il suo secondo album potrebbe lasciare qualcuno a bocca aperta, perché come dice il titolo, quest'album è un ritorno alle origini, alle radici, al blues per Rosario Castagnola che prima di ogni cosa è un musicista. Un album composta da 12 tracce strumentali – perché a volte le parole possono distrarre dal messaggio – e una cover cantata: in "Origin", infatti, c'è "Shine on you, Crazy Diamond" dei Pink Floyd, con la voce speciale di Raiz.

Quali sono le differenze in termini di produzione tra “Large” e “Origin”?

Rispetto al primo progetto solista, che risale al 2018, Origin è un album che mi vede più coinvolto nel ruolo di chitarrista-compositore ed ha un’attitudine più rock-blues. La mia volontà stavolta era omaggiare tutti i musicisti che negli anni mi hanno formato – e alludo a Jimi Hendrix, Led Zeppelin, AC/DC, Jeff Beck – mentre Large resta un album da producer, con un approccio più elettronico se vogliamo.

Ti sei affidato a una sola voce nel progetto. Da cosa dipende questa scelta? 

In realtà volevo dare spazio alla chitarra e alle atmosfere un po’ psichedeliche. Credo che la musica strumentale, se approcciata con la dovuta attenzione e partecipazione di chi ascolta, faccia bene alla salute mentale e soprattutto alla riflessione. Un unico brano cantato è presente nell’album ed è interpretato da Raiz, che ho fortemente voluto accanto per questo classico: “Shine on You Crazy Diamond” dei Pink Floyd. Amiamo entrambi questa canzone e abbiamo tirato su una versione nostra.

C’è stato un elemento, un suono, uno strumento che ha ispirato l’intero progetto?

Come dicevo prima, la chitarra primeggia e convive insieme a fuzz, distorsioni e tante pentatoniche. Era il momento opportuno per dare al mio strumento la giusta dimensione. Sono un musicista poiché da ragazzino ho scoperto la chitarra e i chitarristi, anche grazie agli assist ricevuti dal papà di un mio amico alle scuole medie. È da quei giorni che è iniziata la mia ricerca creativa.

La citazione a “Shine on You Crazy Diamond” dei Pink Floyd sembra allontanarsi dal concetto dell’album, anche per la presenza della voce di Raiz. Come può essere letto questo tributo?

Secondo me non cambia l’album più di tanto. Anzi ti fa capire subito dove va a parare il disco fin dalla partenza e soprattutto ti fa comprendere la mia reale provenienza, la mia formazione di musicista.

Come cambia il tuo ruolo da musicista nella produzione di un album non tuo, per esempio quella di Luchè?

Quando lavori con altri artisti tieni conto del punto di vista altrui. Ovviamente ci si confronta su ogni scelta, decisione, intuizione, esitazione, cercando di non snaturare né la sua né la tua componente artistica.

In che termini cambia, invece, l’esperienza in studio con la presenza di Sarah “Startuffo”?

Con Sarah (Startuffo) condividiamo tutto. Il suo punto di vista è fondamentale per me. Ognuno con la propria visione dà il suo contributo ma dopo una lunga esperienza assieme posso dire che ci accomuna un fine: fare ciò che ci piace e ci somiglia maggiormente, a prescindere che il disco o la produzione in corso siano il mio oppure la sua.

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