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Cristiano De André canta “Invisibili” (VIDEO)

Figlio del celebre cantautore Fabrizio De André, Cristiano salirà sul palco del Teatro Ariston di Sanremo per cantare “Invisibili”, un brano che parla delle stragi provocate dall’eroina.
A cura di Fabio Giuffrida
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Cristiano De Andrè, classe 1962, cantautore e polistrumentista italiano, parteciperà al Festival di Sanremo 2014 presentando due brani: "Invisibili" e "Il cielo è vuoto". Figlio del celebre cantautore Fabrizio De André, ha studiato chitarra e violino al Conservatorio di Genova e di recente ha concluso il suo tour "Come in cielo così in guerra" che ha toccato le principali città italiane partendo da Rimini il 23 Marzo 2013. Per De André non è la sua prima volta a Sanremo: il debutto fu nel 1985 con "Bella di me" il cui testo era stato firmato da Roberto Ferri; questo brano, pur essendo molto apprezzato e vincendo il Premio della critica, arrivò quarto nella sezione Giovani. Nel 2003 partecipò ancora una volta al Festival di Sanremo con "Un giorno nuovo" e adesso ci riprova con due brani molto forti: "Invisibili" (il cui testo è stato pubblicato in anteprima da Tv Sorrisi & Canzoni) parla dell'eroina, un "male" che sta distruggendo intere generazioni. A Repubblica.it Cristiano De André ha spiegato che si tratta di "un dialogo immaginario con un amico che non c'è più, divorato dall'eroina a 23 anni, com'è successo a molte persone che conosceva". Lui ha ammesso di essere stato fortunato "perché aveva la musica, una passione travolgente che probabilmente lo ha salvato". Insomma, "aveva un'alternativa che altri non potevano avere". 

Invisibili

Tu abitavi in via dell’amore vicendevole
E io qualche volta passeggiavo da quelle parti lì
Il profumo dell’estate a volte era gradevole
E le tue medagliette al merito sul petto brillavano
Brillavano molto più dei miei lividi
Tu camminavi nell’inquietudine
E la mia incudine era un cognome inesorabile
Un deserto di incomunicabilità
Tu eri laureato in danni irreversibili
[che la droga provoca al cervello
Io un po’ di questo un po’ di quello
In fondo niente di veramente utile
Tu eri bravissimo a specchiarti nelle vetrine
Io altrettanto a svuotare le cantine
Per noi amici, pochi amici, pochissimi amici
Tu eri fortissimo a inventarti la realtà
Io liberissimo di crederla o non crederla
E ho sempre sperato che qualcuno un giorno
Potesse parlare male di noi
Ma eravamo invisibili, talmente invisibili che non ci vedevamo mai
Stu ténpu
Ch’u s’è pigiòu a beléssa e u nòstru cantu
Pe ripurtane inderée sénsa ciü un sensu
Ma òua che se vedemmu
Dumàn tüttu u cangiàa
Tu abitavi in via dell’amore vicendevole
E io avevo preso una stanza in affitto
[da quelle parti lì
Io dimostravo fondamentalmente i miei anni
Tu ormai non sapevi più quali fossero i tuoi
Perché a Genova si moriva a vent’anni
Ma senza diventare mai, mai degli eroi
Coi tuoi separati a colpi di calibro trentotto
E i miei tenuti insieme dalla speranza per l’umanità
Noi sempre oltre ogni limite
Quel limite era una scommessa da non perdere mai
Tu eri bravissimo a ballare sulle rovine
Io altrettanto a rubare comprensione
Di noi amici, pochi amici, pochissimi amici
Tu eri fortissimo a inventarti la verità
Io liberissimo di crederla o non crederla
Io ho sempre sperato che qualcuno un giorno
Potesse accorgersi di noi
Ma eravamo invisibili, che non ci vedevamo mai
Stu ténpu
Ch’u s’è pigiòu a beléssa e u nòstru cantu
Pe ripurtane inderée sénsa ciü un sensu
Ma òua che se vedemmu
Dumàn tüttu u cangiàa
Stu ténpu
Ch’u s’è pigiòu a beléssa e u nòstru cantu
E u l’à ripurtòu inderée sensa ciü un sensu
Ma òua che ghe vedemmu
Dumàn tüttu u cangiàa

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