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Cosmo, il ritorno live e il pianto liberatorio: “Mai stato così sopraffatto dall’emozione”

Cosmo è stato protagonista di un live a Milano in cui è tornato ad abbracciare il pubblico. Un concerto emozionante come ha raccontato a Fanpage.it.
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A cura di Francesco Raiola
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Cosmo all'Alcatraz (ph Francesco Prandoni)
Cosmo all'Alcatraz (ph Francesco Prandoni)

Dopo essere stato costretto a rimandare un mega evento di tre giorni a Bologna a causa delle restrizioni del Covid ("La prima estate dell'amore" sarà recuperato il 15-16 e 18 aprile al Parco Nord), e dopo settimane di confronto sfiancante con le Istituzioni, Cosmo è tornato live con un vero e proprio blitz, un evento all'Alcatraz di Milano, davanti a 3 mila persone che replicherà anche nelle prossime settimane (per adesso il 21 dicembre 2021 a Venaria Reale, al Teatro della Concordia e il 22 dicembre 2021 a Padova, all'Hall). È stato un modo per ritrovare il contatto live col pubblico, ma anche un momento quasi catartico che lo ha portato a un pianto liberatorio alla fine del concerto. Sono anni difficili per chi fa live e soprattutto per chi quei live li vive in maniera carnale come il musicista piemontese che nei mesi scorsi ha pubblicato l'album "La terza estate dell'amore".

“Questo non è un concerto, ma è un blitz” hai detto. Com’è stato il blitz?

È stato fortissimo. Non mi ero mai sentito così sopraffatto dall’emozione durante un mio live. Ogni tanto avevo la sensazione di perdere il controllo della situazione. Un po’ come fosse un esordio. Forse perché in effetti è stato un esordio! Ho dovuto togliermi di dosso un po’ di ruggine, ma lentamente mi sono sentito sempre più a mio agio. Fino a godermela proprio tanto.

È stato un set tiratissimo, com’è stato risentire la risposta del pubblico?

Sì, il set di due ore e mezza non prevedeva pause tra un pezzo e l’altro, come un gigantesco djset. Solo le dinamiche cambiano, le pause insomma erano musicali (momenti molto intimisti che spezzavano il “martello” della cassa). Il pubblico ha reagito bene. Esattamente come me (e come i miei compagni di gruppo) all’inizio era incredulo, disabituato, felice ma stranito da questa situazione “nuova”. Poi, col passare dei minuti e dei brani, ci siamo sciolti insieme. Il delirio che mi auguravo è successo. Un’esplosione di amore, di gioia. Siamo arrivati alla fine diversi, cambiati in qualche modo.

C’è stato qualcosa che è successo e ti ha colpito particolarmente?

Un paio di momenti. Ad un certo punto senza averci nemmeno pensato mi sono trovato a rotolare sulle mani del pubblico e poco dopo a inveire contro i cellulari. C’è stato un boato. Da lì qualcosa in più si è aggiunto. Era come se aspettassero quel gesto e quelle parole senza saperlo. Ho visto il pubblico liberarsi ancora di più. E mi hanno restituito un’energia incredibile.
L’altro momento fuori controllo è stato il pianto che mi sono fatto sui ringraziamenti finali. Un pianto liberatorio. Ho saputo poi che tante persone nel pubblico piangevano. Davvero, è stato un viaggio di purificazione collettiva per molti versi.

Hai annunciato i nuovi Blitz di Torino e Padova, sta diventando un vero e proprio format? Ce ne saranno altri?

Più che un format è l’unico modo di lavorare visti i tempi (a meno che non decidi di spostare tutto a primavera, come hanno fatto tutti). Tempi incerti. Ci saranno altri Blitz, ma li annunciamo poi.

È strano parlare di un concerto come se fosse qualcosa di straordinario (inteso come fuori dall’ordinarietà): hai assistito a concerti nei mesi scorsi? Com’è stato stare dall’altra parte?

Mi è capitato di assistere a concerti da seduto. All’aperto. E mi sembrava una schifezza questo trattamento. Perché poi uscivi di lì e la gente giustamente al bar, per strada, nei negozi e via dicendo si muoveva liberamente. Nutrivo grande rispetto e stima per i musicisti che comunque si esibivano in quelle condizioni, ma pensavo: io non ce la farei.

Come hai metabolizzato tutto quello che è successo nelle scorse settimane riguardo al mega evento di Bologna?

Il confronto con la politica è stato logorante. Alla fine ci hanno portato a spasso e hanno continuato a farlo anche con le riaperture di metà ottobre (decreto scritto ambiguo apposta, in modo che molti hanno rinunciato a suonare in autunno). Dopo una fase di rabbia e depressione si è formata una specie di corazza. Mi sento pronto a tutto, pronto a vedere le cose andarsene a puttane da un momento all’altro. Il concetto di Blitz racchiude anche questo. Chi se ne frega di pianificare al dettaglio, chi se ne frega delle garanzie. Vivere oggi. Sfruttare ogni occasione buona. Fare le cose con poco preavviso. Pronti a saltare in aria se le cose vanno male.

Dal 3 dicembre sei in radio con “Vele al Vento”, secondo estratto da “La terza estate dell’amore”, perché hai scelto proprio questo brano?

Perché è uno dei più belli che abbia fatto e perché dice cose importanti secondo me: quello che siamo oggi lo siamo da pochissimo tempo. Siamo su questo pianeta da centinaia di migliaia di anni e dall’alba dei tempi abbiamo condotto una vita completamente diversa. Quello che siamo non è la verità assoluta. Di fronte a noi ci sono miliardi di possibilità. Questa società, questo tipo di vita sono solo un momento della nostra storia.

L’ultima novità viene da un feat, quello di Eurocasbah di Bawrut, tu stai pensando anche oltre “La terza estate dell’amore”?

Ogni volta che faccio uscire un disco mi accorgo subito che la mia testa è già oltre. È la mia croce.

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